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E comunque, se Spaulding fosse entrato nella cappella, gli effetti sarebbero stati disastrosi. Cercando di guadagnare tempo, Thor disse: — Possiamo chiarire subito le cose. Aspettatemi: vado dentro e controllo cosa fanno.

— Ti accompagno — disse Spaulding.

— I due beta hanno detto che è pericoloso.

— Più pericoloso per me che per te? Entreremo insieme, Thor Guardiano.

L’androide si aggrottò. Per quanto riguardava la loro posizione in seno all’organizzazione di Krug, lui e Spaulding erano allo stesso livello; nessuno dei due poteva dare ordini all’altro, nessuno dei due poteva accusare l’altro di insubordinazione. Ma restava il fatto che lui era un androide e Spaulding un essere umano: in qualsiasi conflitto di potere tra un androide e un umano, a parità delle altre circostanze, ci si aspettava che fosse l’androide a cedere. Spaulding si stava già avviando verso l’ingresso della cupola.

Thor si affrettò a dire: — Per favore, no. Se è pericoloso, lasciate che il rischio lo corra io. Controllerò cosa c’è nella costruzione e mi assicurerò che sia tutto sicuro per voi. Non entrate prima del mio avviso.

— Insisto…

— Che cosa direbbe Krug, se sapesse che siamo entrati tutt’e due in un edificio dopo un avvertimento di pericolo? Per riguardo verso di lui, dobbiamo stare attenti alla nostra vita. Aspettate. Solo un momento.

— D’accordo — disse Spaulding, contrariato.

I due beta si scostarono per lasciar passare Thor. L’alfa entrò di corsa nella cappella. All’interno, trovò tre gamma all’altare nella posizione degli Arresi; un beta era sopra di loro, in piedi, in posizione di Proiettore, e un secondo beta, raggomitolato vicino alla parete, sfiorava con le dita l’ologramma di Krug e sussurrava le parole del rito della Trascendenza. Tutt’e cinque si misero sull’attenti all’arrivo di Thor.

L’alfa doveva trovare in fretta una tattica diversiva.

Con un segno a uno dei gamma, gli disse: — C’è un nemico all’ingresso. Con il vostro aiuto lo confonderemo. — Thor diede al gamma istruzioni dettagliate, ordinandogli poi di ripeterle. Quindi indicò la seconda porta della cappella, dietro l’altare, e il gamma uscì. Dopo un istante di raccoglimento, Thor ritornò da Leon Spaulding.

— Vi hanno detto la verità — riferì l’alfa. — Questa è proprio una cupola della refrigerazione. All’interno c’è un gruppo di tecnici, occupati in un complesso lavoro di calibrazione. Entrando li disturberete, e dovrete fare molta attenzione a non cadere nelle botole lasciate aperte; inoltre dovrete sopportare una temperatura di meno…

— Sì, sì, ma voglio entrare lo stesso — disse Spaulding. — Lasciatemi passare.

Thor scorse il gamma, senza fiato, avvicinarsi da est. Senza fretta, l’alfa si scostò come per lasciar entrare Spaulding nella cappella. In quell’istante il gamma arrivò, urlando: — Aiuto! Salvate Krug! Krug è in pericolo! Salvate Krug!

— Dove? — esclamò Thor.

— Al centro di controllo! Assassinio! Assassinio!

Thor non lasciò tempo a Spaulding di accorgersi dell’implausibilità della situazione. — Corriamo — disse, prendendo l’ectogeno per il braccio. — Dobbiamo fare in fretta!

Spaulding era bianco per la sorpresa. Come Thor aveva previsto, il preteso pericolo gli aveva fatto perdere ogni interesse al misterioso edificio.

Corsero insieme verso il centro di controllo. Dopo venti falcate, Thor si diede un’occhiata alle spalle e vide decine di androidi che si precipitavano verso la cappella per obbedire ai suoi ordini. In pochi minuti l’avrebbero smontata. Quando Spaulding sarebbe ritornato in quel settore, la cupola avrebbe ospitato solo apparecchi di raffreddamento.

12

— Basta — disse Krug. — Fa freddo. Scendiamo.

Le benne discesero. Sulla torre cominciavano a scendere i primi fiocchi di neve; il campo repulsore sulla cima li defletteva, rinviandoli a terra su un’ampia parabola. Era impossibile organizzare un vero e proprio controllo atmosferico, perché la tundra doveva rimanere gelata. Per fortuna, pensò Krug, gli androidi lavorano anche con la neve.

— Ce ne andiamo, Padre — disse Manuel. — Abbiamo prenotato una settimana d’egoscambio al salone di trasferimento di New Orleans.

Krug s’aggrottò. — La finissi, tu, con quel gioco del cavolo!

— Perché, Padre? Che male c’è? Fare scambio d’identità con gli amici più sinceri, passare una settimana nell’anima di un altro? È innocuo. È una liberazione. È miracoloso. Dovresti provare anche tu!

Krug sbuffò.

— No, dico sul serio — continuò Manuel. — Ti toglierebbe un po’ da te stesso. La tua concentrazione morbosa sui problemi dell’alta finanza; il fascino intenso, bruciante, della comunicazione interstellare, la spaventosa tensione sulla tua rete nervosa, data dalla…

— Vai, vai — disse Krug. — Andate pure. Fate una bella frittata di menti. Io ho da fare.

— Perché, Padre? Non ti piacerebbe fare scambio di mente?

— È molto piacevole — disse Nick Ssu-ma. Tra gli amici del figlio, era quello che riusciva più simpatico a Krug. Un grazioso giovanotto cinese, con il sorriso chiaro e i capelli biondi tagliati a spazzola. — Dà una prospettiva nuova, splendida, su tutti i rapporti umani.

— Lei dovrebbe provare, anche solo una volta — consigliò Jed Guilbert. Le garantisco che poi non riuscirà più a…

— Piuttosto mi getterei nel mare di Giove — disse Krug. — Andate, andate, divertitevi. Scambiate la mente di chi vi pare, ma lasciate stare la mia.

— A un’altra settimana, Pa’.

Manuel e amici si avviarono di corsa al trasmat. Krug picchiò i pugni tra loro e guardò i ragazzi che si allontanavano. Provava un tremito che era forse d’invidia. Lui non aveva mai avuto il tempo di dedicarsi a quel tipo di divertimenti. Aveva sempre avuto del lavoro da fare, degli affari da concludere, qualche importante batteria di test di laboratorio da seguire, un incontro con le banche, una crisi della borsa di Marte. Mentre gli altri andavano allegramente a infilarsi nelle reti neurali statiche e si scambiavano la personalità per una settimana intera, lui si era costruito un impero finanziario; ormai era troppo tardi per dedicarsi ai piaceri mondani. E allora? disse a se stesso, orgogliosamente. E allora? Sì, sono un uomo del diciannovesimo secolo in mezzo a uomini del ventitreesimo. E continuerò a fare a meno dei saloni di trasferimento. E poi, chi potrei lasciar entrare nella mia mente? Con che amico potrei scambiare personalità? Comprese che non ce n’era nessuno. Manuel, forse. Forse potrebbe essere utile fare uno scambio con Manuel. Forse potremmo riuscire a capirci meglio. Rinunciare a certi punti estremi e trovare un accordo sui punti medi. Il suo modo di vivere non è totalmente da condannare. E il mio non è totalmente giusto. Vedere le cose ciascuno con gli occhi dell’altro, chissà? Ma subito Krug si ritrasse da quell’idea. Lo scambio di personalità tra padre e figlio gli sembrava quasi incestuoso. C’erano delle cose di Manuel che non voleva sapere. C’erano delle cose sue che non voleva far sapere a Manuel. Lo scambio di personalità, almeno per ora, era impossibile. Ma chissà Thor Guardiano, come partner d’egoscambio? L’alfa godeva di un’invidiabile salute mentale, era competente, fidato; sotto molti aspetti, Krug si sentiva più vicino a lui che a qualsiasi altra persona vivente; non ricordava di avere mai nascosto alcun segreto a Thor; se gli fosse venuto il desiderio di provare l’esperienza dello scambio mentale, forse gli sarebbe stato utile farlo con…