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E una settimana termina così in fretta!

Povero Manuel, dicono, non sapevo che fosse così dura per lui. Con tutti i soldi che ha, si sente colpevole perché non ha ancora trovato l’indirizzo giusto per la propria vita. Trova una causa da difendere, Manuel. Trova una causa. Una causa. Sì, sto cercando di farlo. Sto cercandola.

Potrebbero essere gli androidi, mi dicono.

Già, ma mio padre cosa ne penserebbe? E se non fosse d’accordo?

Fregatene. Fai come ti pare giusto. Clissa è favorevole all’eguaglianza degli androidi. Se tuo padre esplode, manda Clissa a calmarlo. E poi, perché dovrebbe esplodere? Si è fatto il grano con gli androidi: può permettersi benissimo di lasciarli votare. Scommetto che voteranno per lui. Non ti sei mai accorto che tutti gli androidi sono innamorati di tuo padre? Certo: a volte ho l’impressione che sia come una religione, per loro. La religione di Krug. Be’, è abbastanza giusto adorare il proprio creatore. Non ridere. Ma mi fa ridere, mi pare una follia: gli androidi che si prosternano davanti a mio padre, davanti agli idoli di mio padre…

Stai divagando, Manuel. Se sei preoccupato perché non fai nulla d’importante, allora diventa un crociato. Eguaglianza di diritti per gli androidi. Viva gli androidi. E, allora, viva gli androidi! No, parlo sul serio. Già, scusa.

Sentiamo il suono del gong: la settimana è finita.

Usciamo dalla rete. Ritorniamo nella nostra testa. Mi hanno detto che questa parte viene eseguita con moltissima attenzione: riportare ciascuno nella propria testa.

Per quanto posso dire, mi chiamo Manuel Krug.

Ci fanno accomodare. C’è una stanza di riadattamento dall’altra parte dell’impianto. Rimaniamo seduti tre, quattro ore, riabituandoci a essere di nuovo degli individui. Ci guardiamo l’un l’altro in modo strano. Per la maggior parte del tempo evitiamo di guardarci. Qualcuno si è fatto troppe risate con la mia bocca.

Nella camera di riadattamento ci sono di nuovo quei giocattoli: i cubi smussati. Il mio invia una serie di messaggi:

A KARACHI SONO LE NOVE DEL MATTINO

È LA PRIMA VOLTA CHE INCONTRI TE STESSO?

PROBABILMENTE TUO PADRE ASPETTA TUE NOTIZIE.

SOLO LE RISPOSTE VERE SONO FALSE

LA RICHIESTA DI DANNI È STATA COMPOSTA PER VIA PRIVATA

UNA VOLTA ERAVAMO MOLTO PIÙ SAGGI

Quel giocattolo mi infastidisce e mi spaventa. Lo metto via. Sono quasi certo di non essere né Cadge Foster né Lloyd Tennyson, ma mi preoccupa un po’ la faccenda del rospo. Appena esco di qui vado da Lilith. O forse farei meglio a parlare subito con Clissa. Mio padre dev’essere alla torre. Chissà come se la passa, quella grande erezione? Tra un po’ gli arriveranno messaggi dalle stelle e ce li leggerà nelle serate invernali.

— Signori, speriamo di rivedervi presto tra noi — ci dice sorridendo l’alfa.

Usciamo. Io sono loro. Loro sono me. Noi siamo noi.

Ci diamo solennemente la mano. Ci dirigiamo al trasmat. Trionfo della virtù e del dovere, vado da Clissa.

18

Gli avvocati s’incontrarono tre volte nella settimana successiva alla distruzione di Alfa Cassandra Nucleo. Il primo incontro ebbe luogo negli uffici delle Imprese Krug: il secondo alla direzione generale della Trasmat Labrador; il terzo nella sala di riunioni del grattacielo Chase-Krug, a Fairbanks. I legali della Trasmat Labrador avevano suggerito che Krug, semplicemente, fornisse una nuova alfa, e che pagasse il costo del suo addestramento; Lou Fearon, in rappresentanza di Krug, fece osservare che ciò avrebbe esposto il suo cliente a spese non determinabili in partenza. La Trasmat Labrador riconobbe la fondatezza dell’osservazione: si raggiunse un compromesso per cui le Imprese Krug trasferivano alla Trasmat Labrador la proprietà di una femmina alfa di Duluth, non addestrata, e accettavano di contribuire ai costi del suo addestramento fino a un massimo di 10.000 dollari fissionabili. La durata complessiva dei tre incontri fu di due ore e ventun minuti. Fu stilato un contratto e si evitò un procedimento civile. Leon Spaulding siglò il contratto per Krug, che si era recato sulla Luna per inaugurare un settore gravitazionale per emiplegici al Centro Medico Krug nel Mare di Mosca.

19

17 novembre 2218

Un’esile spolverata di neve portata dal vento copre l’area che circonda la torre di Krug; al di là della zona di costruzione la neve si ammucchia alta, dura come acciaio. Un vento secco sferza la torre, che ha raggiunto i 500 metri con un notevole anticipo sul programma iniziale e che ha acquistato uno sconvolgente splendore cristallino.

La base ottagonale sfuma impercettibilmente nelle quattro pareti del tronco. La torre è circonfusa di un’aureola di luce: il bagliore solare rimbalza sui fianchi, cade sui campi nevosi che circondano la torre, balza di nuovo in alto per baciare le sue pareti traslucide, si riflette ancora una volta a terra. È il regno dell’albedine: tutto è barbaglio.

I primi due terzi della struttura esistente sono già divisi in piani orizzontali; mentre gli androidi che costruiscono le pareti esterne continuano ad accumulare i blocchi sempre più in alto, le squadre che provvedono alle lavorazioni interne li seguono a poca distanza.

È già iniziata l’installazione del comunicatore a fascio tachionico. Cinque gigantesche barre di brillante rame rosso, spesse sessanta centimetri e lunghe centinaia di metri, formeranno la quintupla colonna dorsale innalzata entro pozzi verticali che giungono quasi fino a metà altezza; le sezioni inferiori di queste grandi barre collettrici vengono montate proprio ora. L’alloggiamento di ogni singola barra è una camicia circolare di isolante trasparente, del diametro di un metro. Gli operai infilano in queste camicie le barre di rame lunghe quaranta metri, poi ne fondono abilmente le estremità con brevi sprazzi accecanti di energia scaturiti dall’occhio del saldatore laser. In altri punti della costruzione, centinaia di tecnici elettronici controllano il cablaggio dei conduttori nelle luccicanti pareti della torre, e squadre di meccanici installano condotte, guide d’onda, convertitori di frequenza, flussometri, strumentazione ottica, selettori di focalizzazione, lamine ad attivazione neutronica, assorbitori Mòssbauer, analizzatori d’impulso a canali variabili, amplificatori nucleari, trasformatori, criostati, trasmettitori di potenza, amperometri, prismi, cristalli piezoelettrici, gruppi sensori, sistemi di smagnetizzazione, collimatori, cellule a risonanza magnetica, amplificatori per termo-coppie, acceleratori a riflessione, serbatoi protonici e un’infinità di altri strumenti: tutto è accompagnato dalla sua scheda di lavorazione, predisposta dal computer insieme con il piano di destinazione e con il diagramma di flusso. Non è semplice inviare messaggi alle stelle con un fascio tachionico…

La torre ha già raggiunto uno splendore ineguagliabile: sottile e forte, affonda spettacolarmente nel cielo. I visitatori si addentrano nella tundra per molti chilometri allo scopo di vederla meglio, perché a breve distanza non dà l’impressione giusta. Krug tuttavia ama ricordare agli ospiti che quanto essi vedono è solo la terza parte di tutta la struttura: la più bassa. Per farsi un’idea di come sarà una volta ultimata, egli dice, occorre immaginare una seconda torre, alta come questa, rizzata sulla sua sommità, e poi ancora una terza torre al di sopra del tutto. La mente si ribella all’idea. Non riesce a immaginarla. Invece si affaccia il ritratto di un ago di ghiaccio sottile sempre più sottile, incredibile, spaventosamente fragile: quel sottile ago di ghiaccio è sospeso nel cielo e tenta di affondare nella terra le sue radici, e, non riuscendovi, cade, cade, cade, cade per un’intera giornata come Lucifero e s’infrange, destando un debole tintinnio nella gelida aria.