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L’astronave. L’astronave. Krug finalmente comprese dov’era: a Denver, nel principale centro nordamericano per la produzione di veicoli speciali delle Imprese Krug. In quell’enorme sotterraneo venivano fabbricati i mezzi di trasporto da impiegare in tutti quei casi in cui il trasmat si mostrava insufficiente: trattori oceanici, trasporti terrestri, alianti stratosferici, rimorchiatori pesanti, moduli batisferici per mondi ad alta pressione, propulsori ionici per viaggi interplanetari, sonde interstellari, celle gravitazionali, razzi atmosferici, minirotaie, trivelle stellari. Qui, inoltre, una squadra scelta progettava da sette anni la prima nave interstellare con equipaggio umano. Negli ultimi tempi, con la costruzione della torre, il progetto dell’astronave era stato un po’ trascurato, ricordò Krug.

— L’astronave — disse. — Sì, proprio quella. Vediamola.

Un sentiero si aprì tra i beta per lasciarlo passare, e Romolo Fusione lo accompagnò a una piccola vettura a bolla. L’alfa si mise ai comandi; scivolarono senza rumore sul pavimento dell’impianto, superando file di veicoli semilavorati di tutti i tipi. Giunsero a una rampa che portava al piano inferiore di quella fabbrica sotterranea. Scesero. La vettura si fermò. Uscirono.

— Eccola — disse Romolo Fusione.

Krug vide uno strano veicolo di un centinaio di metri di lunghezza, con larghi governali che correvano dalla prua, sottile come un ago, fino alla poppa larga e aggressiva. La carena rossa sembrava fatta di calcestruzzo: aveva una consistenza scabra e ossuta. Non si vedeva nessuno strumento ottico. Gli eiettori di massa avevano la solita forma: finestrelle rettangolari spalancate sul fondo.

Romolo Fusione disse: — Sarà pronta per i voli di prova entro tre mesi. Abbiamo previsto una capacità di accelerazione continua di 2,4 g, che, ovviamente, porterà in breve tempo la nave a raggiungere una velocità prossima a quella della luce. Volete visitare l’interno?

Krug fece cenno di sì. All’interno, la nave sembrava comoda e non molto diversa dalle solite navi: scorse il centro comandi, il quadrato, la sala macchine, tutte le solite cose che si potevano vedere su qualsiasi astronave per viaggi entro il sistema solare. — Può accogliere un equipaggio di otto persone — gli disse l’alfa. — In volo, un campo di deflessione automatico circonda la nave per allontanare tutte le particelle libere nello spazio, che, naturalmente, a tali velocità avrebbero un effetto fortemente distruttivo. L’astronave è capace di autoprogrammarsi in modo completo; non occorre controllo. Ecco, questi sono i contenitori per l’equipaggio. — Romolo Fusione indicò quattro doppie file di unità d’ibernazione, scure e coperte da un coperchio di vetro, fissate alla parete. Ogni unità era lunga due metri e mezzo e larga uno. — Impiegano la solita tecnologia per la sospensione delle funzioni vitali — disse. — Il sistema di controllo dell’astronave, a un segnale dell’equipaggio o di una stazione a terra inizia automaticamente a pompare nel contenitore il liquido viscoso che serve da refrigerante, così abbassando fino al grado desiderato la temperatura corporea dei membri dell’equipaggio. Essi quindi compiono il viaggio immersi nel fluido refrigerante, e così si ottiene il duplice scopo di rallentare i processi vitali e di proteggere l’equipaggio dai pericolosi effetti dell’accelerazione. E la fase inversa del processo è altrettanto semplice, al risveglio. Abbiamo previsto quarant’anni come periodo massimo d’ibernazione: nel caso di viaggi più lunghi, l’equipaggio sarà destato a intervalli di quarant’anni, eseguirà un programma d’esercizi muscolari simile a quello normalmente usato per l’addestramento dei nuovi androidi, e dopo un breve intervallo di veglia ritornerà nei contenitori. In questo modo, uno stesso equipaggio può compiere un volo di qualsiasi durata.

— Quanto ci vuole — chiese Krug — perché questa nave raggiunga una stella a 300 anni luce di distanza?

— Tenendo presente il tempo necessario per raggiungere la velocità massima, e quello per la decelerazione — rispose Romolo Fusione — direi 620 anni. Se tuttavia consideriamo gli effetti relativistici di dilatazione del tempo, la durata soggettiva del viaggio non dovrebbe superare 20, massimo 25 anni; vale a dire che il viaggio potrebbe essere compiuto in un singolo turno d’ibernazione per l’equipaggio.

Krug rimuginò quelle cifre. Per l’equipaggio andava bene, ma la nave, se lui l’avesse mandata a NGC 7293 la prossima primavera, non sarebbe ritornata sulla Terra prima del trentacinquesimo secolo. Non avrebbe potuto salutarla al rientro. Ma non c’erano alternative.

— Per febbraio volerà? — chiese.

— Sì.

— Bene. Comincia a scegliere un equipaggio: due alfa, due beta, quattro gamma. Partiranno per un sistema da me scelto, all’inizio del prossimo anno.

— Come voi ordinate, signore.

Lasciarono la nave e, passando, Krug carezzò la carena granulosa. L’infatuazione per la torre del comunicatore tachionico l’aveva un po’ distratto dal progetto della nave, e ora si accorgeva che era stato un errore: gli androidi avevano fatto un lavoro magnifico. Ora, comprese, la corsa alle stelle poteva svolgersi su un doppio fronte. La torre, una volta terminata, avrebbe tentato di entrare in comunicazione — in tempo reale! — con le intelligenze che, a dar retta a Vargas, vivevano su NGC 7293; intanto la nave, con equipaggio androide, avrebbe iniziato il lungo viaggio verso la nebulosa planetaria. E cosa mettere nell’astronave? Be’, per prima cosa l’intera registrazione delle conquiste dell’uomo. Sì: cubi a profusione, biblioteche intere; tutto il repertorio delle musiche d’ogni paese, sistemi d’informazione ad alta ridondanza. Forse era meglio scegliere come equipaggio quattro alfa e quattro beta: tutti esperti di problemi di comunicazione. E l’equipaggio, mentre dormiva, avrebbe ricevuto dalla Terra un’infinità di messaggi tramite fascio tachionico, con tutte le informazioni scaturite dai contatti con gli uomini delle stelle; forse, quando l’astronave avrebbe raggiunto la sua destinazione verso il 2850 o giù di lì, sarebbe già stato disponibile per l’equipaggio un completo vocabolario della lingua parlata dalla razza che andava a visitare. Magari un’enciclopedia, il frutto di seicento anni di comunicazione tachionica tra terrestri e abitanti di NGC 7293!

Krug batté affabilmente una mano sulla spalla di Romolo Fusione. — Ottimo lavoro. Ti farò sapere. Dov’è il trasmat?

— Da questa parte, signore.

Bit. Bit. Bit.

Krug ritornò al cantiere della torre.

Thor Guardiano non era più inserito nel computer del centro di controllo. Krug lo trovò nell’interno della torre, al quarto piano, intento a controllare l’installazione di una fila di apparecchi che sembravano sfere di burro infilate su un filo di vetro, come tante perline.

— Cosa sono? — chiese Krug.

Thor parve sorpreso di veder comparire, così all’improvviso, il proprio padrone. — Interruttori — rispose, riprendendosi subito. — Nel caso di un flusso positronico eccessivo…

— Già, già. Sai dove sono stato, Thor? A Denver. Sì, a Denver. Ho visto l’astronave. Non me ne ricordavo più, ma l’hanno quasi messa a punto. E subito la inseriremo nella sequenza del nostro progetto.

— Signore?

— La costruzione è affidata ad Alfa Romolo Fusione. Sceglierà un equipaggio, quattro alfa, quattro beta. Partiranno la prossima primavera, in ibernazione. Subito dopo aver trasmesso il nostro primo segnale alla NGC 7293. Mettiti in contatto con lui, concordate insieme le scadenze. Ah, un’altra cosa. Anche se siamo in anticipo sul programma, il lavoro non procede ancora in fretta come vorrei. — Boom. Boom. La nebulosa planetaria NGC 7293 fiammeggiava e sfrigolava nella mente di Krug. Al calore della sua pelle, il sudore evaporava con la stessa rapidità con cui lo emettevano i pori. Mi sto eccitando troppo, si disse. — Questa sera, alla fine del tuo turno, inoltra una richiesta di nuove assunzioni, Thor. Aumenta la manodopera del 50 per cento. Falla avere a Spaulding. E se hai bisogno di nuovi alfa non farti scrupoli. Chiedi. Assumi. Spendi. Tutto quello che vuoi. — Boom. - Voglio che tutto il piano di costruzione sia anticipato. Anticipare di tre mesi la data di scadenza. Chiaro?