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— Perché non sali un momento da me? — chiese Lilith.

— Grazie.

Entrarono insieme nella fiamma verde.

L’appartamento di Lilith era più piccolo del suo; solo una camera da letto, una stanza che era insieme soggiorno e cucinino, e una specie di entrata con un vano per il bagno. Si vedeva chiaramente che in origine erano stanze molto più grandi, suddivise per formarne altre, più piccole, adatte agli androidi. Il palazzo era come quello in cui abitava lui: vecchie residenze diciannovesimo secolo, usatissime e, in un certo senso, accoglienti. Tuttavia l’arredamento, scelto da Lilith in ottimo accordo con la sua personalità, era chiaramente contemporaneo ed era costituito principalmente da mobili che si allargavano su esili basi e da oggetti d’arte sottili, delicati che galleggiavano liberamente nell’aria. Thor non le aveva mai fatto visita in precedenza, anche se, qui a Stoccolma, abitavano a poca distanza. La vita di società degli androidi, alfa compresi, si svolgeva pochissimo nelle rispettive abitazioni: nella maggior parte dei casi, come luogo d’incontro, usavano le cappelle. Coloro che non appartenevano alla comunione s’incontravano negli uffici del PEA, oppure se ne stavano da soli e basta.

Si accomodò su una poltrona a molle, comoda e leggera. — Vuoi qualche corrosivo della mente? — chiese Lilith. — Ho in casa tutto un assortimento di sostanze da compagnia. Un’erba? Un sollevato? Uno stimolatore? Ho anche roba alcolica: liquori, brandy, whisky.

— Hai una buona scorta di inquinanti.

— Manuel mi viene a trovare spesso: tengo una specie di bar per lui. Cosa preferisci?

— Niente, grazie — rispose. — La corrosione mi attira poco…

Lei rise e si avviò al doppler. Un rapido suono le sciolse il vestito. Sotto, indossava solo uno spray termico verde chiaro, che si accostava bene con la sua pelle rossa; la copriva dal petto a mezza coscia, proteggendola dal vento del dicembre di Stoccolma. Una piccola regolazione del doppler e anche quello si sciolse. Tenne i sandali.

Scivolò delicatamente a terra e sedette a gambe incrociate davanti a Thor, gingillandosi con le manopole dei proiettori da parete; disegni si gonfiarono e svanirono mentre le muoveva a caso. Ci fu un istante di silenzio, stranamente teso; Thor si sentiva fuori posto: conosceva Lilith da cinque anni (vale a dire quasi tutta la sua vita), ed erano intimi amici come di solito potevano esserlo due androidi. Eppure non erano mai rimasti soli insieme come ora. Non che la sua nudità lo mettesse a disagio; per lui la nudità non significava nulla. Si trattava semplicemente, si disse, dell’intimità della cosa. Come se fossimo amanti. Come se ci fosse qualcosa di… di sessuale… tra noi. Sorrise, e decise di parlarle di quei sentimenti fuori posto. Ma, prima che potesse farlo, fu lei che parlò.

— Mi è venuta in mente una cosa. A proposito di Krug e della sua impazienza di finire la torre. Thor: se stesse per morire?

— Morire? — Sbalordimento; concetto mai prima formulato.

— Sì, qualche malattia terribile, qualcosa che non possono riparare morfogeneticamente. Non so immaginare cosa. Un nuovo tipo di cancro, forse. Comunque, supponi che abbia saputo di avere solo un anno o due di vita, capisci, e che tema di non poter fare in tempo a inviare i segnali spaziali.

— Mi sembra in ottima salute — disse Thor.

— Magari è marcio dentro. I primi sintomi potrebbero essere il suo comportamento anormale: saltare in modo ossessionante da un luogo all’altro, avvicinare le scadenze, incitare la gente a fare in fretta…

— Krug ci protegga, no!

— Protegga Krug.

— No, non posso crederci, Lilith. Dove sei andata a pescare quest’idea? È stato Manuel a dirti qualcosa?

— No, solo una specie d’intuito. Cerco di aiutarti a trovare una spiegazione dello strano contegno di Krug, nient’altro. Se è vero che sta per morire, allora tutto diverrebbe chiaro.

— Krug non può morire.

— Non può morire?

— Sì, hai capito cosa intendo dire. Non deve. È ancora giovane. Ha cent’anni di vita davanti a sé, forse più. E ha ancora molte cose da fare, in quei cent’anni.

— Fare per noi, intendi dire.

— Naturalmente — disse Thor.

— Quella torre lo consuma, però. Lo brucia. Thor, pensa per un attimo se dovesse davvero morire. Senza avere detto le parole… senza avere parlato a nostro favore.

— Avremmo sprecato un mucchio d’energia in preghiere, in tal caso. E il PEA ci riderebbe dietro.

— Non dovremmo fare qualcosa?

Si portò le mani alle tempie, premendo leggermente i pollici contro le palpebre. — Non possiamo basare i nostri progetti su una fantasia, Lilith. A quanto ne sappiamo, Krug non sta affatto morendo, e tutto fa pensare che non morirà ancora per molto tempo.

— E se non fosse vero?

— Dove vuoi arrivare?

Lei disse: — Potremmo cominciare a fare la nostra mossa.

— Come?

— Sì, quello che abbiamo detto quando mi hai spinto tra le lenzuola di Manuel. Servirci di Manuel per ottenere l’adesione di Krug alla causa.

— Era solo un’idea passeggera — disse Thor. — Non credo che sia filosoficamente corretto cercare di manipolare Krug in quel modo. Per essere sinceri nella nostra fede, dobbiamo aspettare la Sua grazia e la Sua clemenza, senza intrigare per…

— Piantala, Thor. Io vado in cappella, tu vai in cappella, tutti andiamo in cappella, ma, oltre a ciò, viviamo anche nel mondo della realtà, e nel mondo della realtà occorre tener conto dei fattori reali. Fattori come la possibilità di una morte prematura di Krug.

— Be’. — Rabbrividì per la tensione. Lilith aveva parlato pragmaticamente; gli era sembrata quasi un organizzatore del PEA. Eppure vedeva la logica di quelle parole. Tutta la fede era legata alla speranza che si manifestasse un miracolo; ma… e se poi il miracolo non ci fosse stato? Se c’era la possibilità di dare una piccola spinta al miracolo, perché non approfittarne? Eppure… eppure…

Lei disse: — Manuel è al punto giusto. È pronto a sostenere apertamente la nostra causa. Sai com’è influenzabile: potrei fare di lui un crociato in due o tre settimane. Per prima cosa lo porterei a Gamma Town.

— Travestito, spero.

— Certo. Potremmo passarci una notte. Gli farò strofinare la faccia dentro. E poi… ricordi, Thor, si parlava di portarlo a vedere una cappella.

— Sì, sì. — Thor tremava.

— Appunto, lo porterei. Gli spiegherei tutta la comunione. E alla fine passerei alla cosa più importante, chiedendogli di andare da suo padre a parlargli di noi. E lui ci andrebbe subito, Thor, ci andrebbe subito! E Krug lo ascolterebbe. Krug cederebbe e pronuncerebbe le parole. Per fare un favore a Manuel.

Thor si alzò. Prese a passeggiare per la stanza. — Mi sembra un po’ blasfemo, ti confesso. Noi dovremmo attendere che la grazia di Krug discenda su di noi, al tempo stabilito da Krug. Servirci di Manuel in questo modo, per cercare di influenzare, di forzare la volontà di Krug…

— E se Krug morisse? — chiese Lilith. — E se gli rimanessero solo pochi mesi? E se venisse il tempo in cui non ci sarà più Krug?

Le parole di Lilith rimbalzavano dalle pareti, schiacciandolo.

in cui non ci sarà più Krug

in cui non ci sarà più Krug

in cui non ci sarà più Krug

in cui non ci sarà più Krug

— Occorre distinguere — disse, con un tremito — tra l’uomo Krug, per cui noi lavoriamo, e l’eterna presenza di Krug il Creatore e Krug il Liberatore, il quale…

— Un’altra volta, Thor. Per ora dimmi solo cosa devo fare. Portare Manuel a Gamma Town?

— Sì, sì. Ma fai un passo alla volta. Non rivelargli le cose troppo in fretta. Consultati con me se hai dei dubbi. E… sei sicura di poter esercitare quel controllo su Manuel?