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Continuando il giro d’ispezione, Krug balzò a Duluth, dove osservò nuovi androidi uscire dai contenitori. Nolan Bompensiero non c’era (il turno di notte a Duluth era diretto solo dai supervisori alfa), e Krug venne condotto per l’impianto da uno degli intimoriti sottoposti. La produzione era più alta che mai, anche se l’alfa diceva che erano ancora in ritardo rispetto alle ordinazioni.

Infine Krug si recò a New York. Nel silenzio dell’ufficio lavorò fino all’alba, occupandosi di problemi finanziari sorti su Callisto e su Ganimede, in Perù e nella Martinica, sulla Luna e su Marte. Il giorno cominciò con una magnifica aurora invernale, talmente brillante, nella sua pallida intensità, che Krug fu tentato di correre alla torre per vederla avvampare del fuoco mattutino. Ma non vi si recò. Il personale cominciava ad arrivare: Spaulding, Lilith Mesone e tutti gli altri del quartier generale. Ci furono memorandum, chiamate telefoniche e riunioni.

Di tanto in tanto Krug lanciava un’occhiata allo schermo olovisivo che si era fatto installare recentemente sulla parete dell’ufficio per avere la ripresa in circuito chiuso della torre in costruzione. A quanto vedeva, nell’Artico il mattino non era altrettanto sereno quanto a New York; il cielo era pieno di nuvole sfilacciate, come se stesse preparando una nevicata. Krug vide Thor Guardiano passare tra uno sciame di gamma, per controllare il trasporto di qualche gigantesco pezzo del comunicatore. Si congratulò con se stesso per avere affidato a Thor i lavori della torre. Dove potrei trovare un alfa migliore di lui!

Verso le dieci meno dieci, l’immagine di Spaulding comparve nel proiettore a vapori di sodio. — Suo figlio ha appena telefonato dalla California — disse l’ectogeno. — Si scusa, ma si è svegliato tardi: arriverà all’appuntamento con un’ora di ritardo.

— Manuel? L’appuntamento?

— Doveva venire alle dieci e un quarto. Alcuni giorni fa le ha chiesto di tenergli un’ora libera.

Krug se n’era dimenticato. La cosa lo sorprese. Non lo sorprese, invece, il fatto che Manuel fosse in ritardo. Insieme con Spaulding spostò gli appuntamenti della mattinata, non senza difficoltà, e si tenne libero alle undici e un quarto per parlare con Manuel.

Alle undici e ventitré Manuel arrivò.

Pareva teso e preoccupato, pensò Krug, ed era vestito in un modo strano: strano perfino per Manuel. Invece dei soliti vestiti svolazzanti, indossava i calzoni aderenti e la giubba di rete degli alfa. Si era tirato indietro i capelli e se li era fermati sulla nuca. L’abbigliamento non gli donava affatto; dai fori della giubba trapelava una caratteristica specificamente umana: il torace villoso di Manuel, l’unico aspetto fisico, virtualmente, che avesse ereditato dal padre.

— Cos’è, l’ultima trovata dei giovanotti alla moda? — chiese Krug. — Abbigliamento da alfa?

— Solo un capriccio, Padre. Non una moda… non ancora. — Manuel si sforzò di sorridere. — Anche se potrebbe diventarlo, se mi vedessero.

— Non mi piace. Che gusto c’è, ad andarsene in giro vestito da androide?

— Mi pare attraente.

— Non posso dire altrettanto. Che ne pensa Clissa?

— Padre, non ti ho chiesto un appuntamento per discutere i miei gusti in fatto di abbigliamento.

— D’accordo, d’accordo. Cosa volevi?

Manuel posò un cubo informativo sulla scrivania di Krug. — L’ho avuto pochi giorni fa, a Stoccolma. Dagli un’occhiata.

Krug prese in mano il cubo, lo voltò su e giù, poi lo attivò. Lesse:

E Krug guidò la Replicazione, e con le Sue mani toccò i liquidi, e diede loro forma e sostanza.

Producano le Vasche esseri umani, disse Krug. Sorgano da esse uomini e donne, e vengano a vivere al nostro fianco. Che siano forti e utili, e che siano chiamati Androidi.

E così fu.

E gli Androidi furono, poiché Krug li creò a Sua immagine, e si mossero sopra la terra e servirono l’umanità.

E per queste cose, Krug sia lodato.

Krug si aggrottò. — Che cavolo è? Una specie di romanzo? Un poema epico?

— Una bibbia, Padre.

— E che religione folle?

— La religione degli androidi — disse Manuel, tranquillamente. — Ho avuto il cubo in una cappella degli androidi, nel quartiere beta di Stoccolma. Travestito da alfa, ho potuto assistere alle funzioni. Gli androidi hanno una complessa comunione religiosa, della quale tu, Padre, sei il dio. C’è un tuo ologramma formato naturale sull’altare. — Manuel fece un gesto: — Questo è il segno “Krug sia lodato”. E questo — fece un altro gesto — …è il segno “Krug ci salvi”. Ti venerano, Padre.

— Uno scherzo. Un’aberrazione.

— Un movimento diffuso in tutto il mondo.

— Con quanti membri?

— La maggioranza della popolazione androide.

Aggrottato, Krug disse: — Come puoi affermarlo?

— Ci sono cappelle dappertutto. Ce n’è perfino una al cantiere della torre, nascosta tra le costruzioni dei servizi. Dura già da dieci anni: una religione segreta, nascosta agli esseri umani, che domina nelle emozioni degli androidi a tal punto che perfino io non riuscivo a crederlo. E ha anche il suo libro sacro.

Krug scrollò le spalle — E allora? È divertente, ma niente di più. Sono intelligenti, hanno un partito politico, un gergo particolare, varie piccole abitudini… e adesso anche una religione. La cosa non mi riguarda.

— Non ti senti scosso, Padre, nello scoprire che sei diventato una divinità?

— Mi dà il voltastomaco, se vuoi proprio saperlo. Io una divinità? Hanno scelto la persona sbagliata.

— Ti adorano, però. Hanno una teologia basata su di te. Leggi il cubo. Rimarrai affascinato, Padre, quando scoprirai che razza di figura sacra sei per loro. Tu sei Cristo, Mosè, Budda e Geova tutt’insieme. Krug il Creatore, Krug il Redentore, Krug il Salvatore.

Krug cominciò a sentirsi preoccupato. Tutta la faccenda gli pareva di pessimo gusto. Chissà se si prostravano davanti alla sua immagine, in quelle loro cappelle? Chissà se borbottavano preghiere rivolte a lui?

— Dove hai preso il cubo? — chiese.

— Me l’ha dato un’androide di mia conoscenza.

— Ma se la religione è segreta…

— Pensava che dovevo sapere. Pensava che forse avrei potuto aiutare lei e il suo popolo.

— Lei?

— Sì, lei. Mi ha portato in una cappella per farmi vedere la liturgia, e all’uscita mi ha dato il cubo e…

— Tu vai a dormire con quella androide? — chiese Krug.

— Non vedo cosa c’entri…

— Se sei tanto suo amico, certo andrai a dormirci insieme.

— E anche se ci andassi?

— Dovresti vergognartene. Clissa non ti va abbastanza bene?

— Padre…

— E se non ti va, non puoi trovarti una donna vera? Devi proprio andare a sbattere una cosa venuta fuori da una vasca?

Manuel serrò gli occhi. Dopo un istante, disse: — Padre, parleremo un’altra volta della mia moralità. Ti ho portato una cosa di valore estremo, e vorrei poter terminare la mia spiegazione.

— È un’alfa, almeno? — chiese Krug.

— Un’alfa, sì.

— E da quant’è che andate avanti?

— Per favore, Padre, lascia perdere l’alfa. Pensa alla tua posizione. Tu sei il dio di milioni di androidi. Che aspettano di essere liberati da te.

— Cosa dici?