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La fiamma del trasmat non aveva la giusta tonalità di verde. Lilith la guardò dubbiosa. — Conviene andare? — chiese.

— Dobbiamo — disse Thor Guardiano.

— E se morissimo?

— Non saremmo gli unici a morire oggi. — Regolò i controlli. La tonalità del campo ondeggiò su tutti i colori dello spettro, fino a divenire quasi azzurra; poi scivolò all’altro estremo, mutandosi in un alone rosso cupreo.

Lilith prese Thor per il gomito. — Moriremo — sussurrò. — Probabilmente il trasmat è guasto.

— Dobbiamo andare alla torre — disse Thor, e finì di regolare i comandi. D’improvviso, la fiamma ritornò del giusto colore verde. — Seguimi — disse, ed entrò. Non ebbe neppure il tempo di valutare le probabilità di distruzione, perché si trovò immediatamente al cantiere della torre. Lilith uscì dal trasmat e si fermò accanto a lui.

Un vento crudele spazzava tutta l’area. Il lavoro era fermo. Alcune benne erano immobili al livello più alto della torre; gli operai a bordo erano isolati lassù, come naufraghi. Altri androidi s’aggiravano senza meta per tutto il cantiere, e trascinavano i piedi sulla crosta gelata della tundra, e si chiedevano l’un l’altro le ultime notizie.

Thor vide che centinaia di operai affollavano la zona delle cupole di servizio: tutta gente che non aveva trovato posto nella cappella, senza dubbio. Alzò lo sguardo sulla torre. Com’è bella, pensò. Mancano poche settimane alla fine dei lavori. Un sottile ago di cristallo che sale, sale, sale sempre più su, fino all’inverosimile.

Gli androidi lo videro. Corsero a lui, gridarono il suo nome, gli si affollarono intorno.

— E vero? — chiedevano. — Krug? Krug? Krug ci disprezza? Ci chiama cose? È vero che non siamo niente per lui? Che rifiuta le nostre preghiere?

— È vero — disse Thor. — È tutto vero, ogni parola che avete sentito. Rifiuto totale. Siamo stati traditi. Siamo stati degli sciocchi. Spostatevi, per favore. Lasciatemi passare!

I beta e gamma indietreggiarono. Anche in quel giorno, le distanze sociali serbavano tutta la loro forza nel regolare i rapporti tra androidi. Con Lilith che lo seguiva da vicino, Thor si avviò verso il centro di controllo.

Vi trovò Euclide Pianificatore. L’assistente, curvo sulla scrivania, appariva visibilmente provato. Thor lo scosse, e Pianificatore alzò lentamente la testa.

— Ho fermato tutto — mormorò. — Appena l’ho saputo dalla cappella. Ho detto: Fermate tutto. Alt. E tutti si sono fermati. Come possiamo costruirgli una torre se lui…

— Hai fatto bene — disse Thor, gentilmente. — Non c’era altro da farsi. Ora alzati. Puoi andare. Qui il lavoro è finito.

Con un cenno d’assenso, Euclide Pianificatore si alzò e lasciò il centro di controllo.

Thor prese il suo posto alla poltroncina d’innesto. Si inserì nel computer. I dati continuavano ad affluire, anche se fiaccamente. Assunto il comando, Thor rimise in azione le benne ferme in cima alla torre, le riportò a terra e liberò gli operai imprigionati. Poi chiese al computer la simulazione di un guasto parziale nel sistema di refrigerazione. Sullo schermo si disegnò la situazione richiesta.

Considerò le caratteristiche geografiche dell’area intorno al cantiere e scelse la direzione meno pericolosa per la caduta della torre. Era meglio che cadesse a est, per non distruggere il centro di controllo o le cabine trasmat. Bene. Thor programmò il calcolatore, e in pochi istanti gli fu comunicata l’estensione dell’area potenzialmente pericolosa. Un secondo schermo gli mostrò che l’area conteneva attualmente un migliaio di androidi.

Si servì del computer per trasferire le lastre luminose che rischiaravano la zona. Le portò a librarsi su una striscia di terreno lunga 1400 metri e larga 500, sul quadrante est della zona di costruzione. La striscia era illuminata a giorno; tutto il resto rimaneva buio. Poi la voce di Thor rimbombò da centinaia di altoparlanti, ordinando l’immediata evacuazione del settore indicato. Obbedienti, gli androidi si spostarono dalla luce all’oscurità. Ottimo, pensò Thor.

Lilith gli era dietro. Le sue mani gli tenevano delicatamente le spalle, accarezzandogli i fasci di muscoli che si ancoravano al collo. Thor sentiva il contatto del seno sulla nuca. Sorrise.

— Procedere con l’azione antirefrigerante — ordinò al computer.

Ora la macchina eseguiva il piano studiato in simulazione. Invertì il flusso di tre lunghe stisce argentee incassate nella tundra; invece di assorbire il calore della torre, ora le celle a diffusione d’elio-II cominciarono a radiare il calore assorbito e immagazzinato in precedenza. Contemporaneamente, il computer disattivò cinque altre strisce, regolandole in modo che non assorbissero né liberassero energia; sette altre strisce furono programmate per la riflessione di tutta l’energia incidente, ma sempre conservando quella già immagazzinata. Come risultato complessivo di queste modificazioni, la tundra al di sotto della torre si sarebbe sgelata in modo disuguale: quando i cassoni di fondamento avrebbero perso la presa, la torre sarebbe caduta senza danni nella zona evacuata. Il processo avrebbe richiesto qualche tempo.

Thor controllò le variazioni ambientali e vide con piacere che la temperatura del terreno si avvicinava regolarmente al punto di disgelo. La torre era ancora salda sulle fondamenta, ma il terreno cominciava a cedere. Molecola per molecola, il ghiaccio si trasformava in acqua, le zolle dure come acciaio si mutavano in fango. Ogni nuovo dato che denunciava un aumento d’instabilità produceva in Thor un brivido estatico. La torre oscillava già? Sì.

Leggermente, stava già superando i livelli consentiti alle deviazioni prodotte dal vento. Ruotava sulla base; traboccava un millimetro qui, un millimetro là. Quanto pesa, quella struttura di massicci blocchi di cristallo, alta 1200 e passa metri? Che rumore farà nella caduta? In quanti pezzi si romperà? Cosa dirà Krug? Cosa dirà Krug? Cosa dirà Krug?

Sì, ormai si leggeva chiaramente un cedimento.

Thor credeva già di poter riconoscere una leggera variazione di colore sulla superficie della tundra. Sorrise. Il battito del suo polso accelerò, il sangue gli affluì alle guance e al ventre. Si scoprì in uno stato di eccitamento sessuale. Quando avrò finito, si ripromise, mi unirò a Lilith in cima al punto più alto delle macerie… Ecco. Un primo cedimento. Ruota! Pende! Cosa succederà, laggiù, nelle radici della torre? I cassoni staranno lottando per rimanere sposati alla terra che più non desidera stringerli? Quant’è la viscosità del fango sotto la superficie? Gorgoglia e ribolle? Quanto manca alla caduta della torre? Cosa dirà Krug? Cosa dirà Krug?