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— Thor — mormorò Lilith — puoi staccarti un momento?

Anche lei si era innestata. — Come? Come? — chiese Thor.

— Esci. Disinnestati.

Interruppe il contatto con riluttanza.

— Cosa succede? — chiese, e scosse via dalla mente le immagini di distruzione che si erano impadronite di lui.

Lilith indicò l’esterno. — Fastidi. È arrivato Classificatore. Credo stia arringando gli operai. Cosa devo fare?

Thor diede un’occhiata e vide il leader del PEA, fermo accanto alle cabine trasmat, circondato da un capannello di beta. Classificatore gesticolava, indicava la torre, urlava. Ora si stava avviando al centro di controllo.

— Me ne occupo io — disse Thor.

Uscì. Classificatore lo raggiunse a metà strada dalle cabine. L’alfa sembrava agitatissimo. Disse subito: — Cosa succede alla torre, Alfa Guardiano?

— Nulla che ti riguardi.

— La torre è affidata alla Tutela delle Proprietà di Buenos Aires — dichiarò Classificatore. — I nostri sensori hanno riferito che l’oscillazione dell’edificio ha superato i limiti di sicurezza. La mia ditta mi ha mandato a svolgere indagini.

— Avete dei sensori molto precisi — disse Thor. — La torre sta cedendo. C’è stato un guasto nel sistema di refrigerazione. La tundra si sgela; prevediamo che tra poco la torre cadrà.

— E cos’hai fatto per rimediare alla situazione?

— Non hai capito — disse Thor. — I nastri refrigeranti sono stati disinseriti per ordine mio.

— Abbatti anche la torre?

— Abbatto anche la torre.

Stupefatto, Classificatore esclamò: — Ma che razza di follia scatenate oggi sul mondo?

— La benedizione di Krug è stata tolta. Le sue creature hanno proclamato l’indipendenza.

— Con un’orgia di distruzione?

— Con un programma di rifiuto della schiavitù, sì — disse Thor.

Classificatore scosse il capo. — Non è questo il modo. Non è questo il modo! Siete tutti impazziti? La ragione è morta, tra voi? Stavamo quasi per ottenere il consenso degli umani. E adesso, senza preavviso, voi sfasciate tutto, create uno stato di guerra perpetua tra androidi e umani…

— Una guerra che noi vinceremo — disse Thor. — Li superiamo di numero. Siamo più forti, uomo contro uomo. Abbiamo il controllo delle armi e degli strumenti di comunicazione e trasporto.

— Ma che ragione può esserci, per fare questo?

— Non abbiamo scelta, Alfa Classificatore. Avevamo riposto ogni fede in Krug, e Krug ha tradito le nostre speranze. Ora restituiamo il colpo. Colpiamo coloro che ci hanno deriso. Coloro che ci hanno usato. Colui che ci ha fabbricato. E lo colpiamo dove è più vulnerabile, abbattendo la torre.

Classificatore alzò lo sguardo oltre Thor, verso la torre. Anche Thor si voltò. Ora la deviazione dalla verticale era percettibile a occhio nudo.

Con la gola secca, Classificatore disse: — È ancora possibile rimettere in funzione i nastri refrigeranti, no? Non vuoi proprio sentire ragione? Non c’era necessità della vostra rivolta. Potevamo trovare dei termini d’intesa. Thor, Thor, come può essere così fanatico un uomo della tua intelligenza? Distruggeresti il mondo perché il tuo dio ti ha abbandonato?

— Ora preferirei che tu mi lasciassi — disse Thor.

— No. La sorveglianza della torre è mio dovere. C’è un contratto.

Classificatore si voltò verso gli androidi raccolti intorno a lui. — Amici! — esclamò. — Alfa Guardiano è impazzito! Vuole distruggere la torre! Prendetelo e arrestatelo; intanto io entrerò nel centro di controllo e rimetterò in funzione il sistema refrigerante. Fermatelo, o la torre cadrà!

Nessuno degli androidi si mosse.

Thor disse: — Amici, portatelo via.

Gli androidi si strinsero intorno al leader del PEA. — No! — gridò Classificatore. — Ascoltatemi! È una pazzia! Un’irrazionalità! È una…

Dal gruppo venne solo più un rumore soffocato. Thor sorrise e si avviò al centro di controllo. — Cosa gli faranno? — chiese Lilith.

— Non ne ho idea. Lo uccideranno, forse. In momenti come questi, la voce della ragione viene sempre soffocata — rispose Thor. Osservò la torre. Cominciava chiaramente a pendere verso est. Nubi di vapore si alzavano sulla tundra. Riusciva a scorgere le bolle di fango dove i nastri pompavano calore nel terreno. Un banco di nebbia si stava formando a poca distanza dal suolo, al livello a cui il gelo dell’Artico si scontrava con il calore che saliva. Thor sentiva il terreno percosso da rumori di tuono, strani risucchi di fango che si libera dal fango. Quanto sarà già grande, la deviazione dalla verticale? si chiese. Due gradi? Tre? Quanto dovrà inclinarsi perché il centro di gravità esca dal basamento e tutta la costruzione si strappi dal suolo?

— Guarda — bisbigliò improvvisamente Lilith.

Un’altra figura usciva incespicando dal trasmat; Manuel Krug. Era vestito da alfa (vestiti miei, comprese Thor), ma era stracciato e sporco di sangue; attraverso gli strappi si potevano scorgere graffi profondi. Manuel non pareva accorgersi del freddo. Corse verso di loro con una luce folle, angosciata negli occhi.

— Lilith? Thor? Oh, grazie a Dio! Ho cercato dappertutto un volto amico. Il mondo è diventato matto?

— Dovreste indossare abiti più pesanti, a questa latitudine — disse Thor, tranquillamente.

— Che importa? Sentite, dov’è mio padre? I nostri androidi si sono ribellati. Clissa è morta. L’hanno violentata, l’hanno fatta a pezzi. Io sono riuscito a scappare per un pelo. E dappertutto… Thor, cosa succede? Cosa succede?

— Non avrebbero dovuto far del male a vostra moglie — disse Thor. — Vi faccio le mie scuse. Non era necessario.

— Era loro amica — disse Manuel. — Dava segretamente del denaro al PEA, lo sapevi? E… e… Dio mio, perdo la testa. Mi pare che la torre non sia più dritta. — Sbatté le palpebre e si schiacciò le dita sugli occhi. — Eppure continua a sembrarmi inclinata. Si è spostata fin lì? E come può essere? No. No. Sono pazzo. Dio, aiutami. Almeno ci sei tu. Lilith? Lilith? — Si mosse per abbracciarla. Tremava convulsamente. — Fa così freddo, Lilith. Per favore, stringimi. Portami via. Noi due soli. Ti amo, Lilith. Ti amo, ti amo, ti amo. Mi resti solo tu…

Fece per abbracciarla.

Lei evitò l’abbraccio. Le braccia di Manuel si chiusero sull’aria. Lilith si allontanò da lui e si gettò contro Thor, abbracciandolo. Thor la strinse a sua volta: sorrise trionfalmente. Passò le mani sul suo corpo sottile, le fermò sulla carne soda della schiena. Le sue labbra cercarono quelle della donna. Tuffò la lingua nella sua bocca tiepida.

— Lilith! — urlò Manuel.

Thor provò uno schiacciante fremito di sensualità. Il suo corpo era in fiamme; ogni terminazione nervosa pulsava: ora sentiva pienamente destata la sua virilità. Lilith era come argento vivo tra le sue braccia. Il suo petto, il suo ventre, le sue cosce ardevano contro di lui. Si accorse solo vagamente dell’esclamazione angosciata di Manuel.

— La torre! — gridava Manuel. — La torre!

Thor si staccò da Lilith. Si voltò verso la torre, teso e in attesa. Dalla terra venne un terribile rumore di macina. Un risucchio di fango gorgogliante. La tundra s’increspò e ribollì. Uno schianto come quello di un albero abbattuto. La torre s’inclinò. La torre s’inclinò. La torre s’inclinò. I riflettori gettarono uno splendente rivolo di luce lungo la parete esterna. All’interno, gli apparecchi di comunicazione, chiaramente visibili, parevano semi nel baccello. La torre s’inclinò. Dalla parete ovest del basamento grandi lastre di terreno gelato furono scagliate in aria e giunsero quasi a sfiorare l’ingresso del centro di controllo. Crepitarono forti schiocchi, come di corde di violino spezzate. La torre s’inclinò. Si udì uno sdruscio, uno strofinio: quante tonnellate di cristallo rotavano sulle fondamenta? Quali grandi legami cedevano in seno alla terra? Gli androidi, fermi a gruppetti all’esterno della zona pericolosa, continuavano disperatamente a farsi il segno di “Krug ci salvi”, il mormorio delle loro preghiere superava i sovrannaturali rumori del profondo. Manuel singhiozzava. Lilith ansava e gemeva come Thor l’aveva udita solo due volte, quando si dibatteva nelle scosse finali dell’orgasmo. Thor era sereno. La torre s’inclinò.