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– Il cliente del numero trentadue. Ricordate? Be', non risponde.

– Che cosa dovrei fare? Mettermi a piangere?

– Ho bussato varie volte – spiegai. – Nessuna risposta. Ho pensato che stesse facendo il bagno o qualcosa di simile, per quanto non si sentisse niente, e sono andato a fare un giretto. Poi sono tornato e ho riprovato. Di nuovo nessuna risposta.

Flack consulto un orologio a cipolla che aveva tratto dal panciotto. – Termino alle sette – brontolo. – Gesu, ancora un'ora, e passa… Ragazzi, che fame!

– E naturale – osservai. – Lavorando come lavorate… Dovete mantenervi in forze. Sono riuscito ad attirare la vostra attenzione sulla camera trentadue?

– Avete detto che il cliente non c'era – replico Flack, irritato. – E con questo? Non c'era.

– Non ho detto che non c'era – rettificai. – Ho detto che non rispondeva alla porta.

Flack si chino in avanti. Con estrema lentezza si tolse di bocca gli avanzi del sigaro e li depose nel portacenere di vetro.

– Continuate. Cercate di interessarmi – disse con aria cauta.

– Forse vi puo far piacere venir di sopra a dare un'occhiata – dissi. – Forse e un pezzo che non vedete un lavoro di scalpello di prim'ordine.

Flack poso le mani sui braccioli della sedia, e strinse forte il legno.

– Ouu! – disse dolorosamente – ouuu!

Si tiro in piedi e aperse il cassetto della scrivania. Ne trasse un grosso revolver nero, aperse il cilindro, controllo i proiettili, sbircio nell'interno della canna, richiuse il cilindro di scatto. Si sbottono il panciotto e infilo la rivoltella ben fonda dentro la cintura dei calzoni. In caso di emergenza probabilmente sarebbe riuscito a tirarla fuori in poco meno di sessanta secondi. Si pianto il cappello in testa, con fermezza, e mi indico la porta col pollice.

Salimmo al terzo piano in silenzio. Percorremmo il corridoio. Nulla era cambiato. Nessun suono era aumentato o diminuito di volume. Flack si affretto verso il numero trentadue e busso, per forza dell'abitudine. Poi tento la maniglia. Dopo di che si volto a guardarmi, con la bocca contratta.

– M'avete detto che la porta non era chiusa a chiave – si lagno.

– Non ho detto precisamente questo. Pero non era chiusa a chiave.

– E ora lo e – annunzio Flack tirando fuori una chiave appesa a una lunga catena. La fece girare nella serratura e guardo, su e giu, lungo il corridoio. Giro la maniglia lentamente, senza rumore, e aperse la porta, di qualche centimetro. Rimase in ascolto. Dall'interno non venne alcun suono. Flack fece un passo indietro e sfilo il revolver nero dalla cintura. Trasse la chiave dalla serratura, e spalanco il battente con una pedata alzando la canna dell'arma lentamente, con la cupa decisione di uno sbirro da operetta.

– Andiamo – ordino, lasciando cadere le parole da un angolo della bocca.

Da sopra la sua spalla constatai che il dottor Hambleton non si era mosso d'un millimetro; il manico dello scalpello, pero, non era visibile dall'ingresso. Flack si curvo in avanti ed avanzo cautamente. Arrivo alla porta del bagno, accosto un occhio allo spiraglio, poi spinse il battente cosi forte che lo fece rimbalzare contro la vasca. Entro nello stanzino, ne usci, e passo decisamente in camera da letto: un uomo cauto, energico che non correva rischi inutili.

Poso la mano sulla maniglia dell'armadio a muro, mise in posizione la pistola e spalanco il battente di violenza. Niente sospetti, nell'armadio a muro.

– Guardate sotto al letto – consigliai.

Flack si chino rapidamente e guardo sotto al letto.

– Guardate sotto al tappeto – soggiunsi.

– Mi prendete per il naso? – domando con aria cattiva.

– Mi piace il vostro modo di lavorare, ecco tutto.

Lui si chino sul morto e studio lo scalpello da ghiaccio.

– Qualcuno ha chiuso a chiave quella porta – osservo in tono sprezzante. – A meno che voi mentiate, dicendo che era aperta.

Non feci commenti.

– Be', immagino che bisognera chiamare la polizia – concluse Flack lentamente. – Questo altarino non lo si puo proprio coprire.

– Non e colpa vostra – lo consolai. – Succede nei migliori alberghi.

CAPITOLO X

Il dottorino dai capelli rossi compilo il certificato di morte e aggancio la stilografica al taschino del camice bianco. Poi chiuse il blocchetto dei moduli ridacchiando.

– Midollo spinale lacerato immediatamente sotto all'occipite, – dichiaro, con aria distratta. – Un punto molto vulnerabile. Per chi lo sa trovare, beninteso. E io son certo che voi lo trovereste.

Il tenente Christy French, della squadra omicidi mugolo:

– Credete che sia la prima volta che vedo qualcosa del genere?

– No, forse no – concesse il dottorino. Diede un'ultima, rapida occhiata al cadavere giro sui tacchi e lascio la stanza. – Faro venire il magistrato – disse senza voltarsi.

La porta si chiuse alle sue spalle.

– Per i medici, un morto ha l'importanza che ha per me un piatto di cavoli riscaldati – commento Christy French in tono acido, rivolto all'uscio chiuso. Il suo socio, un altro tenente che si chiamava Fred Beifus, se ne stava con un ginocchio al suolo, vicino alla scatola del telefono. L'aveva spruzzata di polvere per le impronte digitali, aveva soffiato via la polvere di troppo e ora stava osservando una macchia con una piccola lente di ingrandimento. Scosse il capo, poi sfilo qualcosa dalla molla di chiusura.

– Guanti di cotone grigio, da becchino – annunzio in tono disgustato.

Quattro centesimi al paio, all'ingrosso. Figurarsi che belle impronte han lasciato. Hanno cercato qualcosa nella scatola del telefono, eh?

– Evidentemente qualcosa che poteva starci dentro – rispose French.

– Non mi aspettavo impronte. Questi lavoretti di scalpello son roba da specialisti. Chiameremo i tecnici, tra un po'. La nostra e appena un'occhiatina d'insieme.

Il tenente stava vuotando le tasche del morto e ne deponeva il contenuto sul letto, accanto al cadavere cereo e tranquillo. Flack era seduto su una poltrona, accanto alla finestra, e guardava fuori con aria tetra. Il vicedirettore dell'albergo era venuto su, non aveva detto niente, con aria preoccupatissima, e se ne era andato per i fatti suoi. Io me ne stavo appoggiato al muro del bagno, a contarmi le dita.

A un tratto Flack sbotto.

– Per me, in un delitto come questo c'e sotto una donna. Se ne trovano dappertutto, di scalpelli da ghiaccio. A dieci cents. Volendo averne uno sottomano, sempre pronto, basta infilarselo in una giarrettiera e lasciarlo la…

Christy French gli lancio un breve sguardo, vagamente meravigliato.

Beifus domando:

– Ma che genere di ragazze frequenti, tesoro? Col prezzo che hanno oggi le calze, una donna preferirebbe nascondersi un'ascia nella scollatura.

– Non ci avevo pensato – brontolo Flack.

– Lascia pensare noi, amore – l'invito Beifus. – Ci vuole un certo equipaggiamento, sai.

– Non e necessario che mi maltrattiate – protesto Flack.

Beifus si scappello, inchinandosi.

– Non dovete negarci i nostri piccoli piaceri, signor Flack.

– Inoltre – intervenne Christy French – una donna avrebbe continuato a colpire. Non avrebbe capito quando bastava. Una quantita di mezze cartucce non lo capiscono. L'individuo che ha fatto questo lavoro era un asso. Ha beccato il midollo spinale al primo colpo. E un'altra cosa… Bisogna che il soggetto sia tranquillo, per farcela. Questo significa che c'e voluto piu d'una persona, a meno che la vittima non fosse narcotizzata, o l'assassino non fosse amico suo.

– Non vedo come avrebbe potuto essere narcotizzato, se e stato lui a parlarmi al telefono – osservai.

French e Beifus mi guardarono, tutt'e due con la stessa espressione annoiata e paziente.

– Se… – disse French. – E dal momento che, a sentir voi, non lo conoscevate, c'e pur sempre la vaga possibilita che non conosceste la sua voce. O il mio ragionamento e troppo sottile?

– Non saprei – risposi. – Non ho letto le lettere dei vostri ammiratori.

French sorrise.

– Non sprecare la bella notizia con lui – consiglio Beifus. – Risparmiatela per la tua conferenza al Circolo del Venerdi. Molte vecchie signore della Lega dei Nasi Lustri vanno pazze per gli aspetti piu raffinati del delitto.