– Grazie per avermi fatto memoria. Ricordate il numero di Dolores?
– Perche proprio Dolores?
Quando vide che non le rispondevo fini col dirmelo. Andai in fondo alla stanza, nell'angolo del bar, e chiamai. Fu la stessa trafila dell'altra volta.
Buona sera, parla il Chateau Bercy. Chi desidera la signorina Gonzales, prego? Un momento per cortesia, buzz, buzz, buzz, e poi una voce imbronciata che diceva.
– Pronto?
– Qui parla Marlowe. Avevate davvero intenzione di farmi ammazzare?
Arrivai quasi a sentire che le si mozzava il fiato. Non proprio. Non si puo sentire una cosa simile, al telefono. Ma a volte si crede di potere.
– Oh, sono contenta di sentire la vostra voce, amigo! Sono molto, molto contenta.
– Allora, avevate intenzione di farmi ammazzare o no?
– Io… non lo so. Mi rattrista molto il pensiero che avrei potuto nuocervi. Mi piacete… tanto.
– Sono un po' nei guai, qui.
– Lui e… – Una lunga pausa. Telefono di casa albergo. Prudenza. – Lui e li?
– Be', in un certo senso. C'e e non c'e.
La sentii davvero respirare, questa volta. Un'aspirazione prolungata.
Quasi un sibilo.
– Chi altri c'e li, con voi?
– Nessuno. Solo io e il mio lavoro a maglia. Voglio farvi una domanda.
E d'importanza vitale. Ditemi la verita. Dove avete preso la cosa che mi avete consegnata questa sera?
– Ma… da lui. Me l'ha data.
– Quando?
– Questa sera, sul presto. Perche?
– Quanto presto?
– Verso le sei, mi pare.
– Perche ve l'ha data?
– Mi ha chiesto di conservarla, per lui. Ne porta sempre una in tasca.
– E perche vi ha chiesto di conservargliela?
– Non me l'ha detto, amigo. Era fatto cosi. Ben di rado dava spiegazioni.
– Avete notato qualcosa d'insolito nella cosa che vi ha consegnata?
– Ma… no. Non ho notato niente.
– Invece si. Avete notato che aveva sparato da poco e che puzzava di polvere bruciata.
– Ma io non…
– Si. L'avete notato. Il fatto vi ha lasciata perplessa. Non vi garbava l'idea di tenervi quell'oggetto. Cosi non lo avete tenuto. Lo avete restituito a lui. Non vi piace avere arnesi di quel genere per casa, comunque.
Vi fu un lungo silenzio. Alla fine lei disse:
– Ma certo. Ma perche lui voleva che io lo tenessi? Voglio dire, se e successo cosi?
– Non vi ha detto il perche. Ha semplicemente tentato di liberarsi d'una pistola appioppandola a voi e voi non avete voluto saperne. Ricordate?
– E una cosa che dovro dire a qualcuno?
– Si.
– Non avro guai se lo diro?
– Quando mai avete cercato di evitare i guai?
Diede una risatina sommessa.
– Amigo, come mi conoscete bene!
– Buona notte – mormorai.
– Un momento, non mi avete detto che cosa e successo!
– Non vi ho nemmeno telefonato.
Deposi il ricevitore e mi voltai.
Mavis Weld era in piedi, in mezzo alla sala e mi osservava.
– Avete qui la vostra macchina? – le domandai.
– Si.
– Filate.
– E poi?
– Niente. Andate a casa.
– Non potete cavarvela, in questa situazione – mormoro.
– Siete la mia cliente.
– Non posso permettervelo. L'ho ucciso io. Perche dovrei trascinarvi in questo pasticcio?
– Non tergiversate. E quando ve ne andate prendete la strada posteriore.
Non quella che mi ha fatto fare Dolores.
Lei mi guardo dritto negli occhi e ripete, con voce vibrante:
– Ma io l'ho ucciso.
– Non riesco a sentire una sola parola di quel che dite.
Poso i denti sul labbro inferiore e ve li affondo, crudelmente. Se ne stava rigida, in piedi, e pareva quasi che non respirasse. Le andai vicino e le toccai la guancia con la punta d'un dito. Premetti forte. Poi guardai la macchia bianca diventare lentamente rossa.
– Se ci tenete a saperlo, le mie ragioni non hanno nulla a che vedere con voi – le dissi. – Sono in debito coi questurini. Non ho fatto un gioco pulito, questa volta. Loro lo sanno. Io lo so. Sto semplicemente cercando di offrir loro l'occasione di darsi un po' di arie.
– Come se non se ne procurassero abbastanza da soli – osservo Mavis, poi si volto di scatto e si allontano. La fissai, mentre si dirigeva verso l'arco, aspettando che si guardasse indietro. Se ne ando senza voltarsi. Dopo molto tempo udii un ronzio. Poi una specie di tonfo… la porta del garage che si alzava. Un'automobile si avvio, a grande distanza. Poi rallento, vi fu una pausa di silenzio… poi di nuovo il ronzio.
Il ronzio cesso, poi il rombo del motore si perse in lontananza. Non udivo piu nulla, ora. Il silenzio della casa mi avvolgeva, come la cappa di pelo intorno alle spalle di Mavis Weld.
Riportai la bottiglia e il bicchiere al bar e scavalcai il banco. Sciacquai il bicchiere nel minuscolo acquaio e riposi la bottiglia sullo scaffale. Questa volta trovai la serratura e spalancai lo sportello, dal lato opposto del telefono.
Tornai da Steelgrave. Trassi di tasca l'automatica che mi aveva dato Dolores, la ripulii col fazzoletto. Chiusi la piccola mano inerte del morto intorno al calcio, la tenni cosi per un istante, poi la lasciai andare. La rivoltella cadde al suolo con un tonfo. La posizione aveva un'aria naturale. Delle impronte digitali non mi preoccupavo. Certo lui aveva imparato da un pezzo a non lasciarne su nessun tipo di pistola.
Mi rimanevano ancora tre rivoltelle. Tirai fuori quella che Steelgrave teneva nella fondina a tracolla, la portai al bar e la deposi su un ripiano, sotto il banco, avvolta in un asciugamano. La mia Luger non la toccai. Rimaneva l'altra automatica dall'impugnatura bianca. Cercai di stabilire a quale distanza da lui era stato sparato. Non a bruciapelo; ma probabilmente molto da vicino. Mi piazzai a circa un metro dal morto e sparai due colpi al di sopra della sua spalla. I proiettili andarono ad annidarsi tranquillamente nel muro. Voltai la poltrona, in modo che guardasse la stanza. Poi deposi la minuscola automatica sul telo che copriva uno dei tavoli da roulette.
Tornai da Steelgrave. Tastai il muscolo grande al lato del collo, quello che di solito si irrigidisce per primo. Non riuscii a capire se aveva cominciato a indurirsi o no. Pero la pelle era piu fredda.
Non avevo tempo da perdere.
Andai al telefono e feci il numero della Centrale di Polizia di Los Angeles. Chiesi al centralinista di passarmi Christy French. Una voce della squadra omicidi venne in linea e mi annunzio che il tenente era andato a casa, e amen. Affermai che si trattava di una chiamata personale, che French aspettava. Mi diedero il suo numero privato, con riluttanza, non perche fosse proibito, ma perche i poliziotti odiano dover dare qualcosa a qualcuno in qualsiasi momento.
Chiamai di nuovo: venne una donna all'apparecchio e strillo: Christy.
Poi venne lui, tranquillo e riposato.
– Qui parla Marlowe. Che cosa stavate facendo?
– Leggevo i giornaletti al mio bambino. Dovrebbe essere a letto. Che novita ci sono?
– Vi ricordate ieri, al Van Nuys, quando avete detto che chi avesse fornito una prova contro "Frigna" Moyer si sarebbe fatto un amico?
– Gia.
– Mi occorre un amico.
Il tenente non mi parve molto interessato.
– Che cosa sapete sul suo conto?
– Suppongo che sia la stessa persona. Steelgrave.
– Troppe ipotesi, figlio. L'abbiamo messo al fresco perche supponevamo la stessa cosa. Ma e andata buca.
– Avevate avuto un'informazione segreta. Ve l'aveva fatta arrivare lui.
In modo che la sera del lacrimato trapasso di Stein voi sapeste dove si trovava.
– State inventandovi tutto… o avete prove? – French mi pareva un po' meno placido.
– Se un tale esce di prigione con un lasciapassare del medico del carcere, potete provarlo?
Vi fu una pausa di silenzio. Udii la voce del ragazzino che si lamentava e una voce di donna che parlava al bambino.
– E successo – rispose il tenente, a fatica. – Non saprei. E una faccenda piuttosto complicata. Naturalmente lo manderebbero con una scorta.
E riuscito a corrompere la guardia?
– Io penso di si.