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– Che cosa ve lo fa dire?

– Il buon senso… e la vasta e ricca esperienza, che ho acquistato standomene qui, a far compagnia alla gente.

– Credo che il vostro lavoro vi piaccia veramente – osservai.

– E un lavoro notturno. Mi lascia tempo di giorno per esercitarmi col piano. Sono dodici anni che lo faccio, ormai. Ho visto un mucchio di tipi curiosi andare e venire.

Scoperse un altro asso, appena in tempo. Eravamo quasi bloccati.

– Ottenete molte confessioni?

– Io non ricevo le confessioni – obietto. – Solo favorisco un determinato stato d'animo.

– Perche mi scoprite il vostro gioco?

Si appoggio allo schienale della sedia e batte leggermente il bordo del tavolo col bordo d'una carta. E di nuovo sorrise.

– Non scopro nessun gioco. Ci siamo gia fatti un'idea, su di voi, molto tempo fa.

– E allora perche mi trattengono?

A questo non volle rispondere. Diede un'occhiata all'orologio a muro.

– Credo che potremo farci mandar su qualcosa da mangiare, ora.

Si alzo e ando alla porta. Aperse per meta il battente e parlo sottovoce con qualcuno di fuori. Poi torno, si mise a sedere e guardo come stavamo a carte.

– Inutile – osservo. – Ne alziamo altre tre e poi siamo bloccati. Ci state a cominciare una partita nuova?

– Ci sarei stato anche a non cominciare del tutto. Io non gioco a carte.

Sono per gli scacchi.

Lui mi lancio una rapida occhiata, dal sotto in su.

– Perche non l'avete detto? Anch'io avrei preferito giocare a scacchi.

– Per me, preferirei a tutto una tazza di caffe, nero e amaro come il peccato.

– Arrivera da un momento all'altro. Ma non vi posso promettere il caffe al quale siete abituato.

– Oh, ma io mangio dove mi capita… Be', se non ho sparato io, al nostro uomo, chi gli ha sparato?

– Dev'essere appunto questo che li irrita un po'.

– Dovrebbero esser contenti che e andato al creatore.

– Probabilmente lo sono – affermo il mio compagno. – Ma non apprezzano il modo con cui ce l'han mandato.

– Personalmente mi e parso un lavoretto pulito. Meglio di cosi…

Lui mi guardo, dal sotto in su, in silenzio. Aveva in mano le carte, in un mazzo solo. Le pareggio ben bene, se le fece scorrere fra le dita, a faccia in su e le divise nei due mazzi originari. Sembrava che le carte fluissero dalle sue mani in un rivolo, velocissimo, quasi indistinto.

– Se foste cosi rapido con una pistola… – cominciai.

Il flusso di carte si interruppe. Senza ch'io notassi alcun gesto, una rivoltella prese il suo posto. L'omino la teneva agilmente con disinvoltura nella mano destra, puntandola verso un angolo lontano della stanza. Poi l'arma spari e le carte ripresero a correre.

– Siete sprecato qui – affermai. – Dovreste essere nella citta bisca, a Las Vegas.

Lui prese un solo mazzo di carte, lo mischio un istante, lo taglio e mi servi una scala reale di picche.

– Sono piu al sicuro con uno Steinway – rispose.

La porta si aperse ed entro un agente in uniforme con un vassoio.

Mangiammo guazzetto di carne affumicata e bevemmo caffe, bollente ma leggero. Ormai era giorno pieno.

Alle otto e un quarto arrivo Christy French e mi si pianto vicino, col cappello quasi sulla nuca e due pennellate nere sotto gli occhi.

Lo guardai, poi guardai l'omino al di la della tavola. Ma l'omino non c'era piu. Nemmeno le carte c'erano piu. Non c'era piu nulla, se non una sedia, accostata ordinatamente al tavolo e i piatti in cui avevamo mangiato, ammonticchiati sul vassoio. Per un istante provai una sensazione fredda d'irrealta.

Poi Christy French giro attorno al tavolo, tiro indietro la sedia con violenza, si sedette e appoggio il mento su una mano. Tolse il cappello e si passo le dita fra i capelli. Poi mi fisso, con gli occhi duri, imbronciati. Ero tornato nel regno della polizia.

CAPITOLO XXX

– Il Procuratore Distrettuale vuol vedervi alle nove – annunzio French. – E dopo, immagino, potrete andarvene a casa. Sempre che il Procuratore non vi incrimini legalmente di qualcosa. Mi spiace che abbiate dovuto passare la notte su una sedia.

– Niente di male. Avevo bisogno d'un po' di ginnastica.

– Gia, ritorniamo all'ordinaria amministrazione – osservo il tenente, fissando con aria tetra i piatti sul vassoio.

– Preso Lagardie? – domandai.

– No. Pero e proprio un medico. – Mi guardo dritto negli occhi. – Esercitava a Cleveland.

– Mi secca infinitamente essere cosi esatto – dichiarai.

– Che cosa intendete?

– Il giovane Quest voleva ricattare Steelgrave. Cosi, per puro caso si imbatte nell'unico uomo di tutta Bay City che puo provare l'identita di Steelgrave. Tutta questa storia e troppo conseguente.

– Non avete dimenticato nulla?

– Sono abbastanza stanco da dimenticare il mio nome. Che cosa ho dimenticato?

– Anch'io sono stanco morto – dichiaro French e prosegui. – Qualcuno deve aver detto a Quest chi era Steelgrave. Quando l'istantanea e stata presa non avevano ancora fatto la pelle a Moe Stein. Cosi che senso aveva la foto se nessuno sapeva chi era Steelgrave?

– La signorina Weld lo sapeva, immagino – obiettai. – E Quest era suo fratello.

– Quel che dite non ha molto senso, brav'uomo. – French mi rivolse un sorriso stanco. – Vi pare plausibile che la ragazza abbia aiutato il fratello a ricattare il suo amico… nonche lei, in persona?

– Ci rinuncio. Forse la foto e stata un caso, un colpo di fortuna. L'altra sorella… la mia ex cliente… m'ha detto che il ragazzo si divertiva a fotografare la gente di sorpresa. Il piu di sorpresa possibile. Se fosse vissuto a sufficienza avreste dovuto metterlo al fresco per tentato ricatto.

– Per omicidio – corresse French, con aria indifferente.

– Eh?

– Maglashan l'aveva trovato, lo scalpello da ghiaccio. Solo che a voi non aveva voluto dirlo.

– Dovrebbero esserci delle prove piu sostanziali.

– Ce ne sono. Ma non vale la pena di scomodarsi. Clausen e "Fila-Via"

Marston erano entrambi pregiudicati. Il ragazzo e morto. Veniva da una famiglia rispettabile. Ma gli mancava qualche rotella e si era messo con della gente losca. Inutile infangare una famiglia solo per provare che la polizia e capace di risolvere un "caso".

– Siete generoso. E Steelgrave?

– Di quello non mi occupo piu. – French fece l'atto di alzarsi. – Quando qualcuno fa fuori un gangster, quanto credete che durino le indagini?

– Finche i giornali ne pubblicano i resoconti in prima pagina – risposi.

– Ma qui c'e di mezzo una questione d'identita.

– No.

Feci tanto d'occhi.

– Semplicemente no. Ne siamo sicuri. – French era in piedi, ora. Si passo le dita tra i capelli, per ravviarli, sistemo la cravatta e si calco il cappello in testa. Poi soggiunse sottovoce, a mezza bocca: – Resti tra noi…

Ne siamo stati sempre sicuri. Solo non avevamo uno straccio di prova.

– Grazie. Non lo diro a nessuno. E che ne e delle pistole?

Il tenente si fermo e fisso il piano del tavolo. Poi alzo gli occhi, piuttosto adagio, e incontro i miei.

– Appartenevano entrambe a Steelgrave. E per completar l'opera, Steelgrave aveva tanto di porto d'armi. Rilasciato dallo sceriffo di un'altra contea. Non mi chiedete il perche. Una delle due… – Fece una pausa e contemplo il muro, al di sopra della mia testa… – una delle due ha ucciso Quest. E la stessa arma ha ucciso Stein…

– Quale?

Abbozzo un sorrisetto:

– Sarebbe un bel disastro se l'esperto di balistica le avesse confuse e non avessimo piu modo di saperlo…

Aspetto che io dicessi qualcosa, ma io non avevo niente da dire. Allora fece un gesto vago con la mano.

– Be', arrivederci. Non per un fatto personale, sapete, ma spero che il Procuratore distrettuale vi levi la pelle… E poi versi sale sulle piaghe.

Si volto e usci.

Avrei potuto fare altrettanto, invece rimasi seduto, a fissare il muro, al di la del tavolo, come se avessi dimenticato come si faceva ad alzarsi. Dopo un po' la porta si aperse ed entro la dama arancione. Tiro giu la saracinesca della sua scrivania; levo il cappellino dalla sua chioma impossibile e appese la giacca a un gancio nudo, nel muro nudo. Aperse la finestra al suo fianco, tolse la custodia alla macchina da scrivere e inseri un foglio nel carrello. Poi si volto a guardarmi.