– Aspettate qualcuno?
– Alloggio qui – risposi. – Ci sono rimasto tutta la notte.
Lei mi guardo fisso per un momento.
– Siete stato qui anche ieri pomeriggio. Me ne ricordo.
Torno a voltarsi verso la macchina, e le sue dita cominciarono a volare.
Dalla finestra aperta veniva il ringhio sommesso delle macchine che andavano ad affollare il parcheggio. Nel cielo c'era un riverbero bianco, e quasi niente foschia. Prometteva di essere una giornata afosa.
Il telefono trillo sulla scrivania della dama arancione. Lei parlo sommessamente nel microfono e riappese. Poi torno a guardarmi.
– Il signor Endicott e in ufficio – annunzio. – Sapete la strada?
– Una volta lavoravo la. Non per lui, pero. Mi hanno licenziato.
Mi guardo con la faccia da Palazzo di Giustizia che hanno tutti quelli come lei. Una voce che pareva venire da qualsiasi altra parte, fuor che dalla sua bocca, disse:
– Dategli un pugno sul naso, da parte mia.
Le andai vicino e guardai giu, verso i capelli arancione. C'era molto grigio alle radici.
– Chi e stato?
– Il muro – rispose lei. – Parla. Sono le voci dei morti, passati di qui, mentre andavano al diavolo.
Uscii dalla stanza in punta di piedi e chiusi la porta accompagnando la molla, perche non facesse rumore.
CAPITOLO XXXI
Si passa per due porte a chiusura automatica. Oltre la porta c'e una combinazione di centralino e ufficio informazioni, dove siede una donna senza eta, come se ne vedono nei municipi di tutto il mondo. Non sono mai state giovani, e non saranno mai vecchie. Non hanno ne bellezza, ne fascino, ne stile. Non devono piacere a nessuno. Sono al sicuro. Sono civili senza essere mai veramente cortesi, intelligenti e informate senza nutrire mai un autentico interesse per nulla. Sono quel che diventa un essere umano quando baratta la vita per l'esistenza e l'ambizione per la sicurezza.
Oltre il centralino c'e una serie di cubicoli a vetri, allineati lungo una parete dell'ampio locale. Dall'altro lato c'e la sala d'aspetto: una fila di sedie di legno che guardano tutte dalla stessa parte: verso i cubicoli.
Circa la meta delle sedie era occupata da persone in attesa, tutte con l'espressione di chi ha aspettato molto e sa che dovra aspettare ancora piu.
Per la maggior parte erano male in arnese. Uno era in divisa da carcerato, con una guardia al fianco. Un ragazzo lungo e sparuto dal viso bianco, e dagli occhi vuoti, malati.
In fondo, oltre i cubicoli c'era una porta con la scritta: "SEWELL ENDICOTT. PROCURATORE DISTRETTUALE". Bussai ed entrai in una stanza d'angolo, vasta e ariosa. Un locale abbastanza simpatico, all'antica, con le poltrone imbottite, di cuoio nero, e i ritratti dei procuratori distrettuali e dei governatori passati, alle pareti. Un vento leggero faceva ondeggiare le tende di rete, alle quattro finestre. Un ventilatore, su un alto scaffale, faceva le fusa e girava lentamente disegnando un languido arco.
Sewell Endicott, seduto dietro una scrivania scura, mi guardo entrare.
Mi indico una poltrona di fronte a lui ed io mi sedetti. Era alto, asciutto e bruno, coi capelli neri, soffici, e le dita lunghe e delicate.
– Siete Marlowe? – mi domando con una voce che conservava un'ombra della cantilena del Sud.
Non mi parve il caso di rispondere. Mi limitai ad aspettare.
– Siete in un brutto guaio, Marlowe. Vi sara molto difficile cavarvela.
Siete stato scoperto a sopprimere delle prove indispensabili per la soluzione di un delitto. Questo si chiama far ostruzione alla giustizia. Potreste venir processato, per una cosa simile.
– Che prove avrei soppresso? – domandai.
Endicott prese un'istantanea dal piano della scrivania e la studio, accigliato. Io guardai le altre due persone che erano nella stanza. Erano sedute su due poltrone, fianco a fianco. Una era Mavis Weld. Portava gli occhiali scuri dall'ampia montatura bianca. Non potevo vederle gli occhi ma mi parve che mi osservasse. Non sorrise. Era quasi immobile.
Al suo fianco sedeva un uomo con un divino completo di panno grigio perla e un garofano all'occhiello, che aveva le dimensioni di una dalia.
Stava fumando una sigaretta monogrammata e lasciava cadere la cenere sul pavimento, ignorando il portacenere a piedestallo, al suo fianco. Lo riconobbi dalle foto che avevo visto sui giornali. Era Lee Farrell, uno dei piu abili avvocati del paese, specializzato nel risolvere le grane piu spaventevoli. Aveva i capelli bianchi, ma gli occhi giovani e vivaci. Era abbronzato, come se vivesse molto all'aria aperta. Dava l'impressione che bisognasse pagare mille dollari solo per stringergli la mano.
Endicott si appoggio all'indietro e tamburello sul bracciolo della poltrona con le lunghe dita. Poi si rivolse a Mavis Weld, con cortese deferenza.
– E fino a che punto conoscevate Steelgrave, signorina Weld?
– Intimamente. Aveva un grande fascino, a suo modo. Non riesco ancora a credere… – S'interruppe, e si strinse nelle spalle.
– E siete disposta a salire sul banco dei testimoni e a deporre sotto giuramento specificando, dove e quando e stata presa questa fotografia? – Volto l'istantanea e gliela mostro.
Farrel chiese con aria indifferente:
– Un istante, prego. E questa la prova che Marlowe avrebbe soppressa?
– Le domande le faccio io – ribatte il procuratore in tono asciutto.
Farrel sorrise.
– Be', nel caso che la risposta fosse affermativa, questa foto non e la prova di niente.
Endicott domando a bassa voce:
– Volete rispondere alla mia domanda, signorina Weld? La ragazza parlo tranquillamente, con disinvoltura:
– No, signor Endicott. Non posso giurare dove e quando e stata presa questa foto. L'hanno fatta a mia insaputa.
– Basta che la guardiate – insinuo il Procuratore Distrettuale.
– E tutto quel che ne so e quel che apprendo guardandola – replico la ragazza.
Sorrisi. Farrell mi guardo, con una scintilla di malizia negli occhi. Endicott sorprese il mio sorriso.
– C'e qualcosa che vi diverte? – mi chiese come se volesse mordermi.
– Sono stato in piedi tutta notte. La faccia non mi obbedisce piu.
Il Procuratore mi lancio un'occhiata severa e torno a rivolgersi a Mavis Weld.
– Non vorreste essere piu esplicita, signorina Weld?
– Io vengo fotografata continuamente, signor Endicott. Nei posti piu diversi, con le persone piu disparate. Io ho pranzato e cenato nel ristorante di Alle Danze con il signor Steelgrave e con numerosi altri uomini. Non so che cosa desiderate farmi dire.
Farrell intervenne dolcemente.
– Se ho ben capito voi vorreste che la signorina Weld prestasse testimonianza per conto della Procura Distrettuale, allo scopo di far accettare questa foto come prova. In che genere di azione legale?
– Questo e affar mio – dichiaro Endicott, laconico. – Qualcuno ha ucciso Steelgrave a revolverate, questa notte. Potrebbe esser stata una donna. Potrebbe esser stata anche la signorina Weld. Mi duole dire una cosa simile, ma pare che la situazione sia questa.
Mavis Weld si guardo le mani. Torceva un guanto bianco tra le dita.
– Ebbene – disse Farrell – immaginiamo un'azione legale in cui questa foto faccia parte delle prove della Procura Distrettuale, sempre che riusciate a farla accettare… Ma non ci riuscirete. La signorina Weld non ha modo di farla accettare, per voi. Della foto la signorina sa solo quello che vede. Quello che tutti possono vedere. Voi dovreste farla accettare per mezzo di un teste che possa giurare come, quando e dove e stata presa. Altrimenti io mi opporrei… posto che sostenessi la parte avversa. Potrei persino presentare dei tecnici per provare che si tratta d'un fotomontaggio.
– Non stento a crederlo – dichiaro Endicott seccamente.
– L'unica persona che risponda a questi requisiti e l'uomo che ha scattato la fotografia – continuo Farrell, senza fretta e senza calore. – E a quanto ho saputo e morto. Sospetto anzi che sia stato ucciso per questo.