Dal mare soffiava un vento robusto, fresco e salmastro. I pellicani galleggiavano sulla cresta delle onde, sopra di loro planavano qualche gabbiano e un’aquila solitaria. L’orizzonte era ancora circondato di nubi che minacciavano di invadere il cielo, ma per il momento il sole aveva ancora il coraggio di brillare in mezzo alla sua aureola blu.
Imboccammo il sentiero per la spiaggia, con Mike che ci guidava verso un gruppo di tronchi disposti in cerchio che ovviamente erano già stati usati per un’altra scampagnata come la nostra. C’era anche la postazione per il fuoco, traccia carbonizzata di un falò recente. Eric e il ragazzo che mi pareva si chiamasse Ben raccolsero un po’ di rami prendendoli dai tronchi più lontani dalla spiaggia e quindi più asciutti, e in poco tempo assemblarono sulle vecchie ceneri una costruzione a forma di tepee.
«Hai mai visto un falò fatto con questa legna?», chiese Mike. Ero seduta su un tronco color osso che faceva da panchina improvvisata; le altre ragazze, appollaiate di fianco a me, non smettevano di spettegolare. Mike s’inginocchiò accanto alla legna e diede fuoco a un ramo più piccolo con un accendino.
«No», risposi, mentre lui posizionava con cura il rametto al centro del tepee.
«Allora ti piacerà... guarda che colori». Incendiò un altro rametto e lo mise accanto al primo. Le fiamme attecchirono in fretta sulla legna secca.
«È blu», dissi, sorpresa.
«È il sale che dà quel colore. Bello, vero?». Accese un altro ramo, lo avvicinò a una parte non ancora in fiamme e venne a sedersi accanto a me. Per fortuna vicino a lui c’era Jess, che reclamò subito la sua attenzione. Io fissavo le strane fiamme verdi e blu che scoppiettavano verso il cielo.
Dopo mezz’ora di chiacchiere, alcuni proposero di avventurarci fino alle pozze. Che dilemma. Da una parte, le pozze formate dalle maree mi piacevano. Mi avevano sempre affascinata, fin da bambina: erano una delle poche cose che non vedevo l’ora di ritrovare, quando venivo a Forks. Dall’altra, ci ero caduta un sacco di volte. Il che non è un problema, se hai sette anni e lì accanto c’è tuo padre. Ripensai a Edward: gli avevo promesso di non cadere nell’oceano.
Fu Lauren a decidere per me. Non aveva voglia di camminare in mezzo ai sassi, non aveva le scarpe adatte. Tranne Angela e Jessica, quasi tutte le ragazze decisero di restare alla spiaggia. Aspettai a decidere finché Tyler ed Eric dichiararono di voler restare con loro, allora mi alzai e mi unii al gruppo che voleva fare la passeggiata. Mike salutò la decisione con un grande sorriso.
Il percorso non era molto lungo, l’unica cosa fastidiosa era che il bosco nascondeva l’azzurro del cielo. La luce verde della foresta strideva stranamente con le risate dei ragazzi, troppo cupa e minacciosa per armonizzarsi con il chiacchiericcio leggero. Dovevo stare molto attenta a ogni passo, evitando le radici in basso e i rami in alto, e in poco tempo persi terreno. Alla fine oltrepassai il limite verde smeraldo della foresta e trovai di nuovo la costa rocciosa. La marea era bassa, attraversammo un canale che sboccava nel mare. Lungo le rive di ciottoli, le pozze poco profonde che non si prosciugavano mai pullulavano di vita.
Mi sforzavo di non sporgermi troppo sulle piccole pozze oceaniche. Gli altri erano più temerari, saltavano sulle rocce, si mantenevano in equilibrio precario sulle sponde. Trovai una pietra dall’aria molto solida ai margini di una delle pozze più grandi e mi ci sedetti con cautela, rapita da quell’acquario naturale. I cespugli di anemoni brillanti dondolavano senza sosta, mossi da una corrente invisibile, e sulle sponde strisciavano le forme più strane di conchiglie trascinate da molluschi invisibili. Le stelle marine se ne stavano immobili, abbarbicate alla pietra, una addosso all’altra, mentre una piccola anguilla nera a righe bianche ondeggiava tra le alghe verdi, in attesa della prossima marea. Ero completamente assorta, se non per una piccola parte della mia mente che si chiedeva cosa stesse facendo Edward in quel momento e immaginava cosa ci saremmo detti se lui fosse stato lì con me.
Infine, ai ragazzi venne fame, e io mi alzai per seguirli, rigida come un pezzo di legno. Cercai di stargli più alle costole durante il tragitto nel bosco, perciò, ovviamente, caddi un paio di volte. Mi sbucciai leggermente il palmo delle mani e macchiai i jeans di verde sulle ginocchia, ma sarebbe potuta andare peggio.
Tornati a First Beach, la comitiva che avevamo lasciato alla spiaggia si era moltiplicata. Più ci avvicinavamo, più riuscivamo a distinguere i capelli lisci, neri e dritti e la carnagione bronzea dei nuovi arrivati: erano ragazzi della riserva venuti a fare amicizia. Il cibo iniziava a circolare e tutti si affrettavano a prendere la loro porzione. Eric ci presentava mano a mano che entravamo all’interno del cerchio di tronchi. Io e Angela arrivammo per ultime, e non appena Eric annunciò i nostri nomi mi accorsi dell’occhiata interessata di un ragazzo più giovane, che stava seduto sulle pietre accanto al fuoco. Mi accomodai accanto ad Angela, e Mike ci offrì qualche panino e una vasta gamma di bibite tra cui scegliere. Un altro ragazzo, che sembrava il più anziano dei visitatori, ci snocciolava i nomi dei suoi sette compagni. Memorizzai soltanto che anche una delle altre ragazze si chiamava Jessica e il nome del ragazzo che si era accorto di me, Jacob.
Stare accanto ad Angela era rilassante: era una persona tranquilla, e parlare con lei non significava obbligatoriamente perdersi in chiacchiere inutili. Mentre mangiavamo mi lasciò pensare ai fatti miei, senza disturbarmi. Al centro dei miei pensieri c’era il modo scombinato con cui a Forks percepivo il tempo, spesso una serie di immagini in corsa tra cui alcune emergevano più chiare di altre. Ma c’erano anche momenti di cui ogni secondo era importantissimo, marchiato nella mia memoria. Sapevo esattamente da cosa dipendeva la differenza, e ciò mi disturbava.
Durante il pranzo le nuvole iniziarono a stringere il loro cerchio scivolando nel cielo, di tanto in tanto nascondevano il sole sfiorandolo svelte e gettavano lunghe ombre che spiccavano sulla spiaggia e rendevano scure le onde. Dopo lo spuntino, i ragazzi iniziarono a passeggiare a gruppi di due o tre. Alcuni si avvicinarono alla battigia, saltando sulle pietre di quella superficie sconnessa. Altri organizzarono un’altra spedizione verso le pozze. Mike - assieme a Jessica, che era la sua ombra - si diresse verso l’unico negozio del villaggio. Alcuni ragazzi del posto lo seguirono; altri si unirono alla passeggiata più lunga. Dopo che il gruppo si fu disperso, mi ritrovai sul tronco sola con Lauren e Tyler, alle prese con il lettore CD che qualcuno aveva pensato di portare, e a tre ragazzi della riserva, tra cui quello di nome Jacob e il più grande, che aveva fatto da portavoce.
Angela si unì alla spedizione che andava verso le pozze, e pochi minuti dopo Jacob si fece avanti e si sedette di fianco a me. Dimostrava quattordici anni, forse quindici, e aveva i capelli lunghi, neri e lucidi, stretti con un elastico alla base della nuca. La sua pelle era bellissima, vellutata e color ruggine, gli occhi scuri, incastonati sopra gli zigomi sporgenti. Solo il mento ancora un po’ rotondo gli dava un’aria infantile. Nel complesso, aveva un viso molto bello. Malgrado ciò, l’opinione positiva che mi aveva suggerito a prima vista svanì non appena aprì bocca.