«Corri, Bella, devi correre!», sussurrò, spaventatissimo.
«Da questa parte, Bella!», riconobbi la voce di Mike che mi chiamava dal cuore cupo della vegetazione, ma non riuscivo a vederlo.
«Perché?», chiesi, cercando di divincolarmi dalla presa di Jacob, smaniosa di trovare il sole.
Ma Jacob mi lasciò andare, improvvisamente iniziò a tremare e strillare, e infine si accasciò sul terreno scuro della foresta. Lo guardavo terrorizzata, era in preda agli spasimi.
«Jacob!», urlai. Ma non c’era più. Al suo posto era comparso un grosso lupo rossiccio con gli occhi neri. Il lupo si voltò verso la spiaggia, con il pelo ritto sulla schiena, e un ringhio cupo risuonava tra le sue fauci.
«Bella, corri!», gridò Mike alle mie spalle. Ma decisi di non correre. Osservavo una luce che dalla spiaggia veniva verso di me.
E poi, dalla vegetazione apparve Edward. La sua pelle irradiava una luce fioca, i suoi occhi erano neri e minacciosi. Con la mano sospesa mi invitava ad avvicinarmi. Il lupo ai miei piedi ringhiò.
Feci un passo avanti, verso Edward. Mi sorrise, i canini erano lunghi e affilati.
«Fidati di me», disse, con voce vellutata.
Feci un altro passo.
Il lupo si lanciò nello spazio tra me e il vampiro, puntando le fauci verso la giugulare di Edward.
«No!», urlai, alzandomi di scatto sul letto.
Avevo ancora le cuffie in testa e con uno strattone avevo scaraventato il lettore CD dal comodino sul pavimento.
La luce era ancora accesa, e io ero seduta sul letto, vestita, con tanto di scarpe ai piedi. Diedi un’occhiata disorientata all’orologio sulla cassettiera. Erano le cinque e mezzo del mattino.
Sbadigliai, mi stesi a pancia in giù e calciai via gli stivali. Ma stavo troppo scomoda per tentare di dormire. Rotolai a pancia in su e mi sbottonai i jeans, tentando goffamente di toglierli restando sdraiata. La treccia in cui avevo raccolto i capelli mi infastidiva, la sentivo premere come uno spuntone sulla nuca. Mi voltai su un fianco e strappai via l’elastico, districando i capelli ciocca per ciocca con le dita. Mi ricacciai il cuscino sulla faccia.
Ovviamente, non servì a nulla. Il mio subconscio riportava a galla le immagini che avevo disperatamente cercato di scacciare. Mi sarebbe toccato affrontarle di petto, ora.
Mi sedetti, e per un minuto, mentre il sangue rifluiva, mi girò la testa. Una cosa alla volta, pensai tra me e me, decisa a rimandare il più possibile. Afferrai il beauty case.
Purtroppo la doccia non durò quanto avevo sperato. Mi presi anche del tempo per asciugare bene i capelli, ma esaurii in un baleno le cose da fare in bagno. Avvolta nell’asciugamano, tornai in camera. Non capivo se Charlie fosse ancora addormentato o se fosse già uscito. Guardai fuori dalla finestra, e l’auto della polizia non c’era. Era di nuovo andato a pesca.
Mi vestii lentamente, indossai i miei pantaloni della tuta preferiti e rifeci il letto, abitudine che non avevo mai avuto. Non avevo altra maniera di ritardare. Mi accomodai alla scrivania e accesi il mio vecchio computer.
Odiavo usare Internet lì. Il modem era tristemente sorpassato, il mio abbonamento gratuito scadente: solo per connettermi mi ci volle così tanto che feci in tempo a scendere in cucina e prepararmi una tazza di cereali.
Mangiai piano, masticando con cura ogni boccone. Finito lo spuntino, lavai la tazza e il cucchiaio, li asciugai e li riposi al loro posto. Salii le scale con passo pesante. Prima di tutto sistemai il lettore CD, lo sollevai da terra e lo piazzai esattamente al centro del tavolo. Staccai le cuffie, che tornarono nel cassetto della scrivania. Poi feci partire il solito disco, abbassando il volume finché non diventò un semplice rumore di fondo.
Un altro sospiro, e tornai al computer. Ovviamente, lo schermo era pieno di pop up pubblicitari. Seduta sulla poltroncina rigida, chiusi tutte le finestre. Alla fine riuscii a raggiungere il mio motore di ricerca preferito. Chiusi un altro paio di pop up e digitai una sola parola.
Vampiro.
Al solito, l’attesa fu snervante. La lista di risultati, quando apparve, era ricchissima - dai film agli spettacoli televisivi, fino ai giochi di ruolo, gruppi metal sconosciuti e cosmetici per un trucco dark.
Trovai però un sito promettente: Vampiri A-Z. Aspettai con impazienza che le pagine si caricassero, chiudendo alla svelta tutte le finestre di pubblicità che apparivano. Infine, ecco la schermata completa: un semplice sfondo bianco con caratteri neri, molto accademico. Ad accogliermi sulla home page c’erano due citazioni:
In tutto il vasto e nebuloso mondo dei fantasmi e dei demoni non esiste figura più terribile, più temuta, detestata e allo stesso tempo piena di terrificante fascino del vampiro, che non è né fantasma né demone, ma partecipa dell’oscura natura e possiede le misteriose e terribili qualità di entrambi.
Se mai è esistita al mondo una storia sicura e provata, è quella dei vampiri. Non manca nulla: rapporti ufficiali, testimonianze di persone di rango, medici, sacerdoti, giudici; insomma, esistono prove inconfutabili di tutti i generi. Ma detto questo, chi crede davvero nei vampiri?
Il resto del sito era un elenco, in ordine alfabetico, di notizie sui vampiri ricavate dalle tradizioni di tutto il mondo. Il primo link che cliccai parlava del Danag, un vampiro filippino, indicato come il responsabile dell’introduzione del taro sulle isole. Secondo il mito, il Danag lavorò per molti anni a fianco dell’uomo, ma la collaborazione cessò quando un giorno una donna si tagliò un dito e il Danag, succhiandoglielo, gradì il sapore del sangue talmente tanto da prosciugarla.
Studiai con cura ogni descrizione, in cerca di elementi familiari, per non dire plausibili. Sembrava che la maggior parte delle storie di vampiri riguardassero bellissime donne nella parte di demoni e bambini nei panni delle vittime: a pensarci bene, sembravano proprio teorie costruite ad arte per spiegare l’alta mortalità infantile e trovare una scusa all’infedeltà dei mariti. Molti racconti parlavano di spiriti incorporei e raccomandazioni contro le sepolture improprie. Avevano poco a che fare con i film che conoscevo, e solo pochissimi vampiri, come l’Estrie ebreo o l’Upier polacco, erano assetati di sangue umano.
Soltanto tre voci catturarono la mia attenzione: i Varacolaci rumeni, potenti esseri non-morti che potevano prendere le sembianze di esseri umani bellissimi dalla pelle diafana; i Nelapsi slovacchi, creature tanto forti e veloci da riuscire a massacrare un intero villaggio nella prima ora dopo mezzanotte; e gli Stregoni benefici.
La definizione relativa a questi ultimi era molto breve.
Stregoni benefici: vampiri italiani, che secondo la tradizione stanno dalla parte del bene e sono nemici mortali dei vampiri malvagi.
Fu un sollievo scoprire che una breve voce dell’elenco, unica tra centinaia, accennasse all’esistenza di vampiri buoni.
Nel complesso, però, c’erano poche coincidenze con i racconti di Jacob o con le mie osservazioni. Avevo confrontato scrupolosamente con ogni mito un piccolo catalogo di elementi salienti. Velocità, forza, bellezza, colorito pallido, occhi cangianti, e poi le caratteristiche elencate da Jacob: bevitori di sangue, nemici dei licantropi, freddi e immortali. C’erano poche descrizioni che coincidessero con più di una sola caratteristica.
E c’era un altro problema, una costante dei pochi film dell’orrore che avevo visto, confermata da quelle letture: i vampiri non potevano esporsi alla luce del giorno, il sole li avrebbe inceneriti. Dormivano nelle loro bare e uscivano soltanto di notte.
Esasperata, spensi il computer direttamente dall’interruttore, senza aspettare di chiudere correttamente la sessione. Oltre che irritata, mi sentivo imbarazzata per me stessa. Che cosa stupida. Ero seduta in camera mia a fare una ricerca sui vampiri. Cosa c’era che non andava in me? Decisi che il problema stava soprattutto nella cittadina di Forks, nell’intera maledetta Penisola Olimpica, a ben vedere.