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Ringraziai di nuovo, un po’ più spontanea di prima: «Ero a corto di idee per cucinare il pesce, e probabilmente stasera ne porterà a casa altro».

«Va ancora a pesca?», chiese Billy, e il suo sguardo si accese appena. «Giù al solito posto? Magari faccio un salto a trovarlo».

«No. Ha detto che avrebbe provato un posto nuovo... ma non ho idea di dove sia andato», mentii subito per tagliare corto. Si accorse del mio cambiamento di espressione e restò perplesso.

«Jake», disse al figlio, senza smettere di osservarmi, «perché non vai a prendere quella foto nuova di Rebecca, in macchina? Voglio lasciarla a Charlie».

«Dov’è?», chiese Jacob, senza troppo entusiasmo. Gli lanciai un’occhiata, ma lui, accigliato, fissava il pavimento.

«Mi sembra di averla vista sul cruscotto», disse Billy. «Comunque se cerchi bene la trovi».

Con passo pigro Jacob si diresse di nuovo sotto la pioggia.

Billy e io restammo uno di fronte all’altra, in silenzio. I secondi scorrevano e quel silenzio cominciava a mettermi a disagio, perciò schizzai in cucina. E lui mi seguì, cigolando con le ruote umide sul linoleum.

Infilai il sacchetto nell’affollato scomparto superiore del frigo e mi voltai ad affrontare Billy. Il suo volto rugoso era indecifrabile.

«Charlie tornerà molto tardi». Il mio tono di voce sfiorava la maleducazione.

Lui annuì senza aggiungere nulla.

«Grazie ancora per la frittura».

Continuava ad annuire. Feci un sospiro e incrociai le braccia.

Probabilmente capì che avevo desistito dall’idea di buttarla in chiacchiere.

«Bella», mi chiamò, e tacque.

Restai in attesa.

«Bella», riprese, «Charlie è uno dei miei migliori amici».

«Sì».

Pronunciava con cura ogni singola parola, nella sua voce tonante. «Vedo che passi parecchio tempo in compagnia di uno dei Cullen».

«Si».

Socchiuse gli occhi. «Forse non sono affari miei, ma non penso sia una buona idea».

«Sì, hai ragione. Non sono affari tuoi».

Aggrottò le sopracciglia grigie, meravigliato. «Probabilmente non lo sai, ma la famiglia Cullen gode di cattiva reputazione nella riserva».

«A dire la verità, lo so eccome». La durezza della mia voce lo sorprese. «Ma non se la sono affatto meritata, no? Dal momento che, a quanto mi risulta, i Cullen non mettono mai piede nella riserva, o sbaglio?». Il mio accenno poco velato al patto che impegnava e proteggeva la sua tribù lo zittì all’istante.

«È vero», ammise guardingo. «Sembri... ben informata, a proposito dei Cullen. Più di quanto mi aspettassi».

Lo fissai, sprezzante: «Forse anche meglio informata di te».

Ci pensò sopra, serio e perplesso. «Può darsi». Mi lanciò un’occhiata pungente. «Anche Charlie ne è informato?».

Ecco, aveva scoperto il mio punto debole.

«A Charlie i Cullen piacciono molto». Capì subito che cercavo di restare sul vago. Non ne sembrò contento, ma neppure sorpreso.

«Non sono affari miei», disse. «Ma forse di Charlie sì».

«E penso che sia affar mio, decidere se sono suoi, o sbaglio?».

Abbozzai quella risposta confusa sforzandomi di non dire niente di compromettente. Probabilmente aveva capito ciò che intendevo. Ci pensò su mentre la pioggia iniziava a picchiettare contro il tetto, unico suono a riempire il silenzio.

Alla fine si arrese. «Sì. Immagino che anche questo sia affar tuo».

Sospirai di sollievo. «Grazie, Billy».

«Però stai attenta a quello che fai, Bella».

«Certo».

Mi fissò torvo: «Quel che voglio dirti è: non fare ciò che stai facendo».

Lo guardai negli occhi: erano pieni di preoccupazione per me, e restai senza parole.

In quel momento qualcuno bussò forte alla porta, facendomi sobbalzare.

«Non c’è nessuna foto in macchina». Era la voce arrabbiata di Jacob, che lo precedeva; qualche istante dopo, comparve con le spalle zuppe di pioggia e i capelli fradici.

Billy bofonchiò qualcosa, fece girare la sedia a rotelle su se stessa e con voce più serena e distaccata si diresse incontro al figlio. «Magari l’ho lasciata a casa».

Jacob alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Fantastico».

«Be’, Bella, dillo a Charlie», prima di aggiungere qualcosa, Billy fece una pausa. «Che siamo passati».

«Certo», mormorai.

Jacob rimase sorpreso: «Ce ne andiamo già?».

«Charlie arriva tardi», spiegò Billy, spingendosi verso il figlio.

Jacob sembrava deluso. «Be’, allora alla prossima, Bella».

«Certo».

«Mi raccomando», disse Billy. Non risposi.

Jacob aiutò suo padre a uscire di casa. Accennai un saluto, lanciai un’occhiata fulminea al pick-up, vuoto, e mi chiusi la porta alle spalle prima ancora che fossero partiti.

Per qualche istante restai in corridoio, in attesa del rumore dell’auto che faceva retromarcia e si allontanava. Immobile, cercai di placare l’irritazione e l’ansia. Quando la tensione diminuì, salii in camera a cambiarmi.

Avevo bisogno di indumenti più pratici, perciò provai un paio di top; mi chiedevo che genere di serata mi aspettasse. Più mi concentravo sul futuro, più la visita appena ricevuta diventava insignificante. Lontana dall’influenza che sapevano esercitare Jasper ed Edward, però, il terrore a cui fino a poco prima ero sfuggita iniziava a tentarmi. Rinunciai subito a scegliere i vestiti: optai per una vecchia camicia di flanella e un paio di jeans, sicura che tanto non sarei riuscita nemmeno a togliere l’impermeabile.

Il telefono squillò, mi precipitai al piano di sotto per rispondere. C’era una sola voce che desideravo sentire, chiunque altro sarebbe stato una delusione. Ma sapevo che se lui avesse desiderato parlare con me si sarebbe semplicemente materializzato nella stanza.

«Pronto?», risposi, senza fiato.

«Bella? Sono io». Jessica.

«Oh, ciao Jess». All’istante cercai di tornare con i piedi per terra. Sembravano passati mesi dall’ultima volta che ci eravamo parlate, anziché qualche giorno. «Com’è andato il ballo?».

«Divertentissimo!», esclamò Jessica, entusiasta. Senza fare troppi complimenti, si lanciò in un resoconto della serata precedente minuto per minuto. Io risposi con tutti gli “mmm” e gli “aah” del caso, ma dovevo sforzarmi per mantenere la concentrazione. Jessica, Mike, il ballo, la scuola: in quel momento tutto mi sembrava assurdamente irrilevante. Non staccavo gli occhi dalla finestra, cercando di misurare a che altezza fosse il sole, dietro le nuvole dense.

«Hai sentito, Bella?», chiese Jess.

«Scusa, no».

«Ho detto che Mike mi ha baciata! Ci credi?».

«È splendido, Jess!».

«E tu, cos’hai fatto, ieri?», ribatté lei, irritata dalla mia scarsa attenzione. O forse delusa, perché non le avevo chiesto altri dettagli.

«Niente di particolare. Ho fatto un giro fuori per godermi un po’ di sole».

Il rombo dell’auto di Charlie risuonò nel garage.

«Edward Cullen non si è più fatto vivo?».

Sentii sbattere la porta d’ingresso e l’armeggiare chiassoso di mio padre che sistemava l’attrezzatura da pesca.

Non trovavo una risposta per Jessica, perché nemmeno io sapevo più cosa fosse la mia storia.

«Ehilà, piccola!», esclamò Charlie entrando in cucina. Lo salutai con la mano.

Lo sentì anche Jess: «Ah, c’è tuo padre. Nessun problema, ne parliamo domani. Ci vediamo in classe».

«A domani, Jess». Riappesi.

«Ehilà, papà». Si stava sciacquando le mani nel lavandino. «Dov’è il pesce?».

«L’ho messo nel freezer».

«Vado a prenderne un po’ prima che congeli: oggi pomeriggio Billy è passato a portare della frittura e delizie varie preparate da Harry Clearwater». Mi sforzai di sembrare entusiasta.

«Davvero?». Lo sguardo di Charlie si accese. «È la mia preferita».

Mentre pulivo e friggevo il pesce, lui riordinava la cucina. Più tardi, eccoci seduti a tavola a mangiare in silenzio. Charlie si godeva la cena. Io ero alla disperata ricerca di una scusa per affrontare l’argomento e portare a termine la missione.