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Fece una pausa.

«D’altro canto, se fossi rimasto impassibile ti avrebbe uccisa seduta stante», disse. Era abbattuto, disperato.

«Pensavo... che sugli altri il mio profumo non avesse lo stesso... effetto che ha su di te», balbettai.

«Infatti non ce l’ha. Ma ciò non significa che tu non sia comunque una tentazione. Se il segugio - o uno degli altri due - si fosse sentito attratto da te come lo sono io, sarebbe stato inevitabile battersi immediatamente».

Fui scossa da un tremito.

«A questo punto credo di non avere altra scelta. Sarò costretto a ucciderlo», mormorò, «e a Carlisle non piacerà».

Sentivo il rumore delle ruote che percorrevano il ponte, benché il fiume al buio fosse invisibile. Stavamo per arrivare a destinazione. Dovevo chiederglielo adesso.

«Come si uccide un vampiro?».

Mi lanciò un’occhiata indecifrabile e la sua voce si fece subito nervosa. «L’unica maniera possibile è farlo a pezzi e bruciarne i resti».

«Gli altri due combatteranno con lui?».

«La donna sì. Non sono sicuro di Laurent. Il loro legame non è così forte... si è unito a loro soltanto per convenienza. L’atteggiamento di James, nel prato, lo metteva in imbarazzo».

«Ma James e la donna... cercheranno di ucciderti?», chiesi, rauca.

«Bella, non osare perdere tempo a preoccuparti per me. Ora devi soltanto badare a proteggerti e - per favore, per favore - tenta di non essere troppo temeraria».

«Ci segue ancora?».

«Sì. Però non attaccherà in casa. Non stanotte».

Svoltò nel sentiero invisibile, seguito a ruota da Alice.

Giungemmo a casa dei Cullen. Le luci erano tutte accese, ma non riuscivano a contrastare l’oscurità della foresta che circondava l’edificio. Emmett aprì la mia portiera prima ancora che il pick-up si arrestasse; mi estrasse dal sedile, mi strinse al petto come una palla da football e mi portò dentro di corsa.

Facemmo irruzione nel grande salone bianco, affiancati da Edward e Alice. Erano tutti lì, e sentendoci arrivare, si erano alzati. In mezzo a loro c’era anche Laurent. Emmett mi depose accanto a Edward, con un ringhio cupo.

«È sulle nostre tracce», annunciò Edward e inchiodò Laurent con uno sguardo.

Laurent non se ne mostrò affatto felice: «Era ciò che temevo».

Alice danzò fino a raggiungere Jasper e gli disse qualcosa all’orecchio; le sue labbra vibravano veloci e silenziose. Salirono spediti le scale, assieme. Rosalie li guardò e si portò svelta a fianco di Emmett. I suoi occhi bellissimi lanciarono uno sguardo intenso e poi - quando sfiorarono casualmente il mio viso - furioso.

«Cosa farà?», chiese Carlisle a Laurent, con una voce da mettere i brividi.

«Mi dispiace», rispose. «Temevo proprio che tuo figlio, difendendo la ragazza, l’avrebbe scatenato».

«Lo puoi fermare?».

Laurent scosse il capo. «Quando James si mette all’opera, niente può fermarlo».

«Lo fermeremo noi», promise Emmett. Le sue intenzioni erano inequivocabili.

«Non ci riuscirete. In trecento anni non ho mai visto nessuno come lui. È assolutamente letale. Per questo mi sono unito alla sua cricca».

La sua. Certo. Quella a cui avevamo assistito nel prato era stata soltanto una sceneggiata.

Laurent scuoteva il capo. Mi guardò perplesso e si rivolse di nuovo a Carlisle: «Sei sicuro che ne valga la pena?».

Il ruggito infuriato di Edward riempì la stanza. Laurent fece un passo indietro.

Carlisle guardò Laurent, severo. «Temo che sia il momento di fare una scelta».

Laurent capì. Rimase per qualche istante a pensare. Scrutò i nostri volti e poi il salone luminoso.

«Sono affascinato dallo stile di vita che conducete qui. Ma non mi ci voglio immischiare. Non vi sono ostile, ma non voglio mettermi contro James. Penso che mi dirigerò a nord, verso il clan di Denali». S’interruppe qualche istante, poi riprese a parlare: «Non sottovalutate James. È dotato di un cervello brillante e sensi impareggiabili. Sa muoversi bene quanto voi nel mondo degli umani, e non vi attaccherà mai a testa bassa... Mi dispiace per ciò che abbiamo scatenato. Mi dispiace davvero». Chinò il capo, ma mi accorsi di un’altra occhiata di sconcerto verso di me.

«Vai in pace», fu la risposta formale di Carlisle.

Laurent si guardò un’ultima volta attorno e raggiunse svelto la porta.

Il silenzio durò meno di un secondo.

«Quanto è vicino?». Carlisle guardava Edward.

Esme era già all’opera: con la mano sfiorò i tasti di un pannello segreto sul muro, e con uno stridio un’enorme paratia d’acciaio iniziò a sigillare la vetrata sul retro della casa. Restai a bocca aperta.

«Circa cinque chilometri al di là del fiume. Ci sta girando attorno per incontrare la femmina».

«Qual è il piano?».

«Noi lo porteremo fuori strada, Jasper e Alice accompagneranno Bella a sud».

«E poi?».

La voce di Edward era quella di un assassino: «Non appena Bella sarà al sicuro, gli daremo la caccia».

«Immagino che non ci sia altra scelta», rispose Carlisle, cupo.

Edward si rivolse a Rosalie.

«Portala di sopra e scambiatevi i vestiti», le disse in tono perentorio. Lei lo fissò irritata e incredula.

«Perché dovrei?», sibilò. «Cos’è lei per me? Nient’altro che una minaccia... un pericolo a cui tu hai deciso di esporre tutti noi».

Il suo tono avvelenato mi fece trasalire.

«Rose...», mormorò Emmett, posandole la mano su una spalla. Lei se la scrollò via.

Io non staccavo gli occhi da Edward, conoscevo il suo temperamento ed ero preoccupata di come avrebbe reagito.

Mi sorprese. Distolse lo sguardo come se Rosalie non avesse nemmeno aperto bocca, come se non esistesse.

«Esme?», chiese senza scomporsi.

«Certo», rispose lei in un sussurro.

In un batter d’occhio Esme fu al mio fianco, mi prese con facilità tra le braccia e mi portò su per le scale prima ancora che potessi sorprendermi.

«Cosa facciamo?», chiesi, senza fiato, appena mi ebbe deposta davanti a una stanza buia che dava sul corridoio del secondo piano.

«Cerchiamo di confondere l’odore. Non durerà tanto, ma potrebbe esserci d’aiuto per farti scappare». Sentivo i suoi vestiti cadere a terra.

«Non credo che mi andranno bene...», esitai, ma all’istante le sue mani mi sfilarono la camicia. Mi liberai da sola, in fretta, dei jeans. Mi diede qualcosa che somigliava a una camicetta. Con qualche difficoltà, riuscii a infilare le braccia nei buchi giusti. Poi mi passò un paio di pantaloni sportivi. Li indossai, ma erano troppo lunghi, i piedi non uscivano. Riuscii a mantenere l’equilibrio solo dopo avere arrotolato più volte gli orli. Lei, nel frattempo, era già dentro i miei abiti. Mi riportò alle scale, dove ci aspettava Alice che stringeva una borsa di pelle. Le due donne mi presero per i gomiti e mi trascinarono di corsa giù per la scalinata.

Al piano di sotto i preparativi erano a buon punto. Edward ed Emmett erano pronti a partire. Emmett portava in spalla uno zaino dall’aria pesante. Carlisle stava porgendo un piccolo oggetto a Esme. Si voltò e ne passò uno identico ad Alice: era un microscopico telefono cellulare argentato.

«Esme e Rosalie prenderanno il tuo pick-up, Bella», disse rivolto a me. Annuii, scrutando Rosalie con la coda dell’occhio. Fissava Carlisle, risentita.

«Alice, Jasper: prendete la Mercedes. A sud i finestrini scuri vi saranno necessari».

Anche loro annuirono.

«Noi prendiamo la jeep».

Fu una sorpresa scoprire che Carlisle avrebbe seguito Edward. Mi accorsi all’istante, con un brivido di paura, che la loro era la squadra dei cacciatori.

«Alice», domandò Carlisle, «abboccheranno?».

Tutti si voltarono verso la ragazza, che chiuse gli occhi e restò immobile, pietrificata.

Infine li riaprì. «Il segugio pedinerà voi tre. La donna seguirà il pick-up. A quel punto noi dovremmo avere via libera». Sembrava convinta.