Oltre a morire in battaglia, c'erano ben poche cose che poteva pensare di fare della sua vita — ben poche cose che sembrassero degne di essere fatte — se non poteva dedicarla all'Ordine.
La certezza nella sua vocazione non era stata spezzata, ma solo lievemente piegata, dalla bruciante lezione impartitagli dall'abate, e dal pensiero del gatto diventato ornitologo quando la Natura l'aveva chiamato soltanto ad essere un ornitofago. Quel pensiero lo rese abbastanza infelice da permettergli di lasciarsi sopraffare dalla tentazione, così che, la Domenica delle Palme, il Priore Cheroki udì da Francis (o dal suo residuo disseccato e bruciato dal sole, in cui l'anima di Francis era rimasta in qualche modo incapsulata) pochi brevi gracidii che costituivano ciò che era probabilmente la confessione più succinta che Francis avesse mai fatto o che Cheroki avesse mai udito:
— Beneditemi, Padre, ho mangiato una lucertola.
Il Priore Cheroki, che era stato per molti anni il confessore di penitenti che praticavano il digiuno, scoprì che l'ambiente gli aveva dato, come al becchino delle favole, una particolare e tranquilla disinvoltura, così che rispose con perfetta equanimità, senza batter ciglio: — Era giorno di astinenza, ed è stata artificialmente preparata?
La Settimana Santa sarebbe stata meno solitaria delle precedenti settimane di Quaresima, se gli eremiti non fossero stati ormai ridotti in tali condizioni da non provarne più alcun interesse; perché in parte la liturgia della Passione veniva portata fuori dalle mura dell'abbazia per toccare i penitenti nei loro eremitaggi: due volte fu portata l'Eucarestia, e il Giovedì Santo fu l'abate a fare personalmente il giro, accompagnato da Cheroki e da tredici monaci, per compiere il Mandato ad ogni eremitaggio. Le vesti dell'Abate Arkos erano nascoste sotto una tonaca da frate, e il leone riuscì quasi a sembrare un umile gattino mentre si inginocchiava e lavava e baciava i piedi dei sui sudditi digiunanti con la massima economia di movimenti e con la minima retorica, mentre gli altri cantavano le antifone.
— Mandatum novum do vobis: ut diligatis invicem.…
Il Venerdì Santo la Processione della Croce portò un crocifisso velato, fermandosi a ogni eremitaggio per svelarlo gradualmente davanti al penitente, sollevando il drappo un centimetro dopo l'altro per l'Adorazione, mentre i monaci cantavano i Rimproveri:
— O mio popolo, che ti ho fatto? O in quale tempo ti ho afflitto? Rispondi… Io ti ho esaltato con il potere della virtù; e tu mi hai appeso al patibolo della croce…
E poi, il Sabato Santo.
I monaci riportarono i novizi all'abbazia uno alla volta… affamati e deliranti. Francis era di 15 chili più leggero e immensamente più debole di quanto lo fosse stato il Mercoledì delle Ceneri. Quando lo misero in piedi nella sua cella, barcollò, e prima di raggiungere la branda, cadde. I fratelli ve lo deposero, lo lavarono, lo rasarono, e unsero la sua pelle screpolata, mentre Francis balbettava in delirio, parlando di qualcosa avvolta in un telo di sacco e alla quale si indirizzava talvolta come a un angelo e talvolta come a un santo, invocando spesso il nome di Leibowitz e cercando di scusarsi.
I suoi confratelli, cui l'abate aveva proibito di parlare di quell'argomento, si limitarono a scambiarsi occhiate significative e cenni misteriosi.
Qualche rapporto filtrò fino all'abate.
— Conducetelo qui — brontolò a un archivista, non appena seppe che Francis era in grado di camminare. Il suo tono mise le ali ai piedi all'archivista.
— Neghi di aver detto queste cose? — grugnì Arkos.
— Non ricordo di averle dette, Monsignor Abate — disse il novizio, sogguardando il righello dell'abate. — Può darsi che delirassi…
— Assumendo che tu delirassi… le ripeteresti, adesso?
— Dovrei dire che il pellegrino era il Beato? Oh, no, Magister meus!
— E allora afferma il contrario.
— Non penso che il pellegrino fosse il Beato.
— Perché non dici chiaro: non lo era?
— Ecco, non avendo mai visto personalmente il Beato Leibowitz, io non vorrei…
— Basta! — ordinò l'abate. — È troppo! Non voglio più vederti o sentirti per molto, molto tempo! Fuori! Un'altra cosa… non aspettarti di professare i voti con gli altri, quest'anno. Non ne avrai il permesso.
Per Francis fu come se un tronco l'avesse colpito allo stomaco.
6
Il pellegrino rimase un argomento di conversazione proibito, nell'abbazia, ma rispetto alle reliquie e al rifugio la proibizione fu, per necessità, gradualmente allentata… tranne che per il loro scopritore, il quale aveva tuttora l'ordine di non discuterne, e preferibilmente di pensarvi il meno possibile. Eppure, non poteva evitarsi di udire qualche voce, ogni tanto, e sapeva che in uno dei laboratori dell'abbazia i monaci erano al lavoro sui documenti, non soltanto sui suoi ma anche su altri che erano stati scoperti nell'antica scrivania, prima che l'abate ordinasse di richiudere il rifugio.
Richiuderlo! Quella notizia sconvolse frate Francis. Il rifugio era stato appena toccato. A parte la sua avventura, non vi erano stati tentativi di addentrarsi ulteriormente nei segreti del rifugio, ad eccezione dell'apertura della scrivania che lui aveva tentato di aprire, senza successo, prima di notare la cassetta. Richiuderlo! Senza tentare di scoprire ciò che poteva esservi oltre la porta interna contrassegnata dalla scritta PORTELLO DUE, senza aver investigato l'"Ambiente Sigillato". Senza neppure rimuovere le pietre o le ossa. Richiuderlo! L'investigazione era stata interrotta bruscamente, senza un motivo.
Poi cominciò a spargersi la voce.
«Emily aveva un dente d'oro, Emily aveva un dente d'oro, Emily aveva un dente d'oro.»
Era verissimo, in realtà. Era una di quelle sciocchezze storiche che in qualche modo riescono a sopravvivere a fatti importanti che qualcuno avrebbe dovuto prendersi il disturbo di ricordare, ma che non venivano documentate, fino a che qualche storico di un monastero era costretto a scrivere: "Né i contenuti dei Memorabilia né alcuna fonte archeologica finora scoperta ci hanno rivelato il nome del dominatore che occupava il Palazzo Bianco durante la seconda metà degli anni Sessanta, benché frate Barcus abbia sostenuto, senza alcune prove a sostegno, che il suo nome era…".
Eppure, era chiaramente documentato nei Memorabilia che Emily aveva avuto un dente d'oro.
Non era sorprendente che il Signor Abate avesse ordinato di sigillare la cripta. Ricordando come aveva sollevato l'antico teschio e come l'aveva voltato verso la parete, frate Francis cominciò improvvisamente a temere l'ira celeste. Emily Leibowitz era scomparsa dalla faccia della Terra all'inizio del Diluvio di Fiamma, e soltanto dopo molti anni il suo vedovo aveva ammesso che era morta.
Si diceva che Iddio, per mettere alla prova l'umanità gonfia di orgoglio come ai tempi di Noé, aveva ordinato agli uomini saggi di quell'epoca, fra i quali era il Beato Leibowitz, di inventare grandi macchine belliche, quali non erano mai state viste sulla Terra, armi tanto potenti che avrebbero potuto contenere lo stesso fuoco dell'Inferno, e che Dio aveva permesso a quei maghi di porre le armi nelle mani dei prìncipi e di dire a ogni principe: «Soltanto perché i nemici sono in possesso di una simile arma, noi abbiamo costruito questa per te, affinché essi sappiano che tu pure la possiedi, ed abbiano in tal modo timore di colpire. Fai in modo, o mio Signore, di temerli quanto essi ora ti temono, perché nessuno possa scatenare questo flagello che noi abbiamo forgiato.»
Ma i prìncipi, negligendo le parole dei loro saggi, avevano pensato: "Se io colpisco abbastanza in fretta, e in segreto, distruggerò gli altri nel sonno, e non rimarrà nessuno per combattere. La Terra sarà mia."