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— Ah! Allora noi avremmo un "Nulla Non Distorto", eh? Hai scoperto come si fa a non distorcere un nulla?

— Non ancora — ammise Francis.

— Attieniti a questo, fratello! Quanto devono essere stati abili gli antichi… sapevano in che modo non distorcere il nulla. Attieniti a questo e potrai imparare come si fa. E allora avremo l'elettrone in mezzo a noi, no? E che cosa ce ne faremo? Lo metteremo sull'altare?

— Bene allora — sospirò Francis. — Non so. Ma sono sicuro che l'elettrone esistesse un tempo, anche se non so come fosse costruito o per cosa potesse venire usato.

— Commovente! — ridacchiò l'iconoclasta, e ritornò al suo lavoro.

Le sporadiche punzecchiature di frate Jeris rattristarono Francis, ma non diminuirono la sua devozione al progetto.

L'esatta duplicazione di ogni segno, macchia o chiazza si rivelò impossibile, ma l'accuratezza del facsimile si rivelò sufficiente per ingannare l'occhio a due passi di distanza, e di conseguenza adeguato perché la copia potesse venir messa in mostra, e l'originale sigillato e riposto. Dopo aver completato il facsimile, frate Francis scoprì di sentirsi deluso, il disegno era troppo spoglio. Non c'era nulla, in esso, che suggerisse a prima vista che si trattava di una sacra reliquia. Lo stile era nitido e privo di pretese… e questo si addiceva, forse, al Beato, eppure…

Una copia di quella reliquia non era sufficiente. I santi erano persone umili che glorificavano non se stessi ma Dio, e toccava agli altri ritrarre la gloria interiore della santità per mezzo di segni esteriori e visibili. Quella copia così nuda non era abbastanza: era fredda e priva di immaginazione, e non commemorava le qualità sante del Beato in alcun modo visibile.

Glorificemus, pensò Francis, mentre lavorava sui perenni. Stava copiando alcune pagine dei Salmi, in quel momento, per rilegarle più tardi. Si interruppe per ritrovare il segno nel testo, e per notare il significato delle parole… perché, dopo ore di copiatura, aveva smesso di leggere, e si limitava a permettere alla sua mano di ritracciare le lettere che i suoi occhi incontravano. Notò che stava copiando la preghiera di David per invocare perdono, il quarto salmo penitenziale. "Miserere mei, Deus… perché io conosco la mia iniquità, e il mio peccato è sempre dinanzi a me". Era una preghiera umile, ma la pagina davanti ai suoi occhi non era scritta in modo altrettanto umile. La M di Miserere era impressa in foglia d'oro. Un fiorente arabesco di filamenti dorati e purpurei intrecciati insieme riempiva i margini e formavano nidi che attorniavano le splendide maiuscole, all'inizio di ogni versetto. Per quanto la preghiera in se stessa fosse umile, la pagina era magnifica. Frate Francis stava copiando soltanto il corpo del testo, lasciando spazi liberi per le splendide maiuscole e margini larghi quanto le linee del testo. Altri amanuensi avrebbero riempito con orge di colori la sua copia scritta in semplice inchiostro e avrebbero costruito le maiuscole pittoriche. Francis stava imparando ad alluminare, ma non era ancora abbastanza abile da poter miniare i perenni.

Glorificemus. Stava pensando di nuovo alla blueprint.

Senza rivelare a nessuno la sua idea, frate Francis cominciò a fare ì suoi piani. Trovò la più bella cartapecora disponibile e dedicò per parecchie settimane tutto il tempo libero a curarla e a stenderla e a pareggiarla a colpi di pietra fino a ottenere una superficie perfetta, che alla fine decolorò fino a una bianchezza nivea; poi la ripose con molta cura. Poi, per mesi interi, dedicò ogni minuto del suo tempo libero a consultare i Memorabilia, cercando ancora qualche indicazione sul significato del disegno di Leibowitz. Non trovò nulla che somigliasse alle linee ramificate del disegno, né altre cose che l'aiutassero a interpretarne il significato, ma dopo molto tempo si imbatté in un frammento di un libro che conteneva una pagina, parzialmente distrutta, che si riferiva proprio alla preparazione delle blueprint. Sembrava un brano di una enciclopedia. Il riferimento era breve e parte del brano mancava, ma dopo averlo letto parecchie volte, cominciò a sospettare che lui stesso, e molti altri copisti che l'avevano preceduto, avessero sprecato tempo e inchiostro. L'effetto bianco-su-nero non pareva essere stata una caratteristica particolarmente desiderabile, ma risultante dalle peculiarità di un certo processo di riproduzione a buon mercato. Il disegno originale dal quale era stata tratta una blueprint era nero su bianco. Francis dovette resistere all'impulso improvviso di battere la testa sul pavimento. Tutto quell'inchiostro e quella fatica per copiare una riproduzione incidentale! Ecco, forse non era necessario dirlo a frate Horner. Sarebbe stata opera di carità non parlargliene, poiché frate Horner era malato di cuore.

La consapevolezza che lo schema dei colori di una blueprint era una caratteristica incidentale di quegli antichi disegni aggiunse nuovo impulso al suo piano. Una copia glorificata del disegno di Leibowitz poteva essere realizzata senza incorporarvi la caratteristica accidentale. Invertendo lo schema del colore, nessuno avrebbe riconosciuto il disegno a prima vista. Certe altre caratteristiche potevano essere ovviamente modificate. Non osò cambiare nulla di ciò che non comprendeva, ma senza dubbio le tavole delle parti e le informazioni in stampatello potevano essere sparse simmetricamente tutto attorno al diagramma su rotoli e scudi. Poiché il significato del diagramma in sé era oscuro, non osò alterarne minimamente la forma o la disposizione; ma poiché la disposizione dei colori non era importante, poteva farne una cosa bellissima. Pensò a inserti d'oro per alcuni segni, ma altri sgorbi incomprensibili erano troppo complicati per la lavorazione in oro, e una chiarezza d'oro a forme di cicca sarebbe stata una ostentazione. I punti dovevano essere neri, ma questo significava che le linee dovevano essere più nere ancora, per fare spiccare i punti. Mentre il disegno asimmetrico doveva rimanere com'era, non riusciva a capire perché il suo significato dovesse risultarne alterato se l'avesse usato come sostegno per una vite rampicante, i cui rami (che avrebbero attentamente evitato i punti) potevano essere disegnati in modo da dare un'impressione di simmetria o a rendere naturale l'asimmetria. Quando frate Horner illuminava una M maiuscola, trasformandola in una meravigliosa giungla di foglie, bacche, rami e forse addirittura in un serpente, purnondimeno rimaneva leggibile come una M. Frate Francis non vedeva una ragione per supporre che lo stesso non potesse applicarsi al diagramma.

La forma generale, soprattutto, con un bordo a svolazzi, poteva diventare quella di uno scudo, invece di rimanere lo spoglio rettangolo che nell'originale racchiudeva il disegno. Fece dozzine di schizzi preliminari. In cima alla pergamena vi sarebbe stata una immagine della Trinità, e in fondo… le armi dell'Ordine Albertiano con l'immagine del Beato.

Ma non c'era alcuna effige fedele del Beato, per quanto ne sapeva Francis. V'erano parecchie immagini di fantasia, ma nessuna risaliva all'epoca della Semplificazione. Non v'era ancora neppure una rappresentazione convenzionale, sebbene la tradizione affermasse che Leibowitz era stato alto e un po' curvo. Ma forse, quando il rifugio fosse stato riaperto…

Il lavoro preliminare di frate Francis fu interrotto un pomeriggio dalla improvvisa certezza che la presenza che incombeva dietro di lui e che gettava un'ombra sul suo tavolo da copista era quella di… quella di… "No! Ti prego! Beate Leibowitz, audi me! Misericordia, o Signore! Fai che sia chiunque ma non…".

— Bene, cosa abbiamo qui? — rombò l'abate, guardando i disegni.

— Un disegno, Monsignor Abate.

— Me ne sono accorto. Ma che cos'è?

— La blueprint di Leibowitz.