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Un capitano delle guardie stava ispezionando maestosamente i suoi uomini. Per la prima volta, la statua si mosse. Alsò la visiera in atto di saluto. Il capitano si fermò, pensieroso, poi si servì del fazzoletto per togliere la mosca dalla fronte di quel viso inespressivo chiuso nell'elmo, prima di passare oltre. La statua riabbassò la visiera e ritornò immobile.

Il maestoso scenario della basilica fu brevemente guastato dall'ingresso delle folle di pellegrini. Quei gruppi erano bene organizzati e guidati con efficienza, ma era chiaro che non conoscevano la basilica. Quasi tutti parevano dirigersi in punta di piedi verso i rispettivi posti, badando a non fare rumore e a muoversi il meno possibile, a differenza dei sampetrii e del clero di Nuova Roma che rendevano eloquente ogni suono e ogni gesto. Qua e là, tra i pellegrini, qualcuno tossiva o incespicava.

Improvvisamente la basilica assunse un aspetto guerresco, quando la guardia venne rafforzata. Un nuovo drappello di guardie in giachi di maglia entrò nel santuario; gli uomini posarono al suolo un ginocchio, inclinarono le alabarde, salutando l'altare prima di prendere posto. Due di essi si misero a fianco del trono papale. Un terzo cadde in ginocchio alla destra del trono; e rimase lì, sorreggendo la Spada di Pietro sulle palme levate. Il quadro ritornò immobile, ad eccezione di qualche guizzo delle fiamme delle candele accese sull'altare. Sul silenzio profondo esplose improvvisamente uno squillo di trombe.

L'intensità del suono crebbe fino a che il pulsante Ta-ra Ta-ra Ta-ra batté sul volto dei presenti e diventò doloroso alle orecchie. La voce delle trombe non era musicale, ma annunciatoria. Le prime note cominciarono a metà della scala, poi salirono lentamente di intensità, di tono e di imperiosità, fino a che il monaco si sentì accapponare la pelle del cranio, fino a che sembrò che non vi fosse altro, nella basilica, a eccezione dell'esplosione delle trombe.

Poi, un silenzio mortale… seguito dal grido di un tenore.

PRIMO CANTORE:

Appropinquat agnis pastor et ovibus pascendis.

SECONDO CANTORE:

Genua nunc flectantur omnia.

PRIMO CANTORE:

Jussit olirti Jesus Petrum

pascere gregem Domini.

SECONDO CANTORE:

Ecce Petrus Pontifex Maximus.

PRIMO CANTORE:

Gaudeat igitur populus Christi,

et gratias agat Domino.

SECONDO CANTORE:

Nam docebimur a Spiritu Sancto.

CORO:

Alleluia, alleluia…

La folla si levò e poi si inginocchiò, in una lenta ondata che seguiva il movimento della sedia gestatoria su cui sedeva un fragile vecchio vestito di bianco, che impartiva le sue benedizioni alla folla mentre la processione dorata, nera, purpurea e rossa lo portava lentamente verso il trono. Il respiro continuava a mozzarsi nella gola del piccolo monaco venuto da una lontana abbazia nel deserto lontano. Era impossibile vedere tutto ciò che avveniva, tanto era soverchiante l'ondata della musica e del movimento, che annegava i sensi e sospingeva la mente verso ciò che stava accadendo.

La cerimonia fu breve. La sua intensità sarebbe diventata insopportabile, se fosse durata più a lungo. Un monsignore — Manfredo Aguerra, l'avvocato del Santo, notò frate Francis — si avvicinò al trono e si inginocchiò. Dopo un breve silenzio, levò la sua supplica in una calma cantilena. — Sancte Pater, a Sapientia summa petimus ut ille Beatus Leibowìtz, cuius miraculis, mirati sunt multi…

L'invocazione chiedeva a Leone di illuminare il popolo dei fedeli con una definizione solenne, relativa alla pia credenza che il Beato Leibowitz fosse in verità un santo, degno della dulia della Chiesa come della venerazione dei fedeli.

— Gratissima nobis causa, fili - cantò in risposta la voce del vecchio vestito di bianco, il quale spiegò che era suo ardente desiderio annunciare con proclamazione solenne che il Martire benedetto era fra i Santi, ma anche che solamente per guida divina, sub ducatu Sancti Spiritus, poteva esaudire la richiesta di Aguerra. E chiese a tutti i suoi fedeli di pregare per impetrare tale guida.

Di nuovo il tuono del coro riempì la basilica con le Litanie dei Santi:

— Padre Celeste, Dio, abbi misericordia di noi. Figlio, Salvatore del Mondo, Dio, abbi misericordia di noi. Spirito Santissimo, Dio, abbi misericordia di noi. O Santissima Trinità, Dio Uno e Trino, miserere nobis! Santa Maria, prega per noi. Sancta Dei genitrix, ora pro nobis. Sancta Virgo virginum, ora pro nobis…

Il tuono della litania continuò. Francis levò lo sguardo verso una immagine del Beato Leibowitz, appena scoperta. L'affresco era di proporzioni gigantesche. Rappresentava il processo del Beato davanti alla folla, ma il suo volto non sorrideva ironicamente come sorrideva nella scultura di Fingo. Tuttavia era maestoso, pensò Francis, e degno del resto della Basilica.

— Omnes Sancti Martyres, orate pro nobis…

Quando la litania fu finita, Monsignor Manfredo Aguerra rivolse nuovamente la sua supplica al Papa, chiedendo che il nome di Isaac Edward Leibowitz fosse ufficialmente iscritto nel Calendario dei Santi. Di nuovo fu invocata la guida dello Spirito Santo, mentre il Papa intonava il Veni, Creator Spiritus.

E per la terza volta Manfredo Aguerra chiese la proclamazione. — Surgat ergo Petrus ipse…

E giunse il momento. Leone XXI intonò la decisione della Chiesa, presa sotto la guida dello Spirito Santo, proclamando il fatto che un antico e oscuro tecnico, di nome Leibowitz, era veramente un Santo in Cielo, e che la sua potente intercessione poteva, e legittimamente doveva, essere reverentemente implorata. Fu stabilito un giorno per una Messa in suo onore.

— San Leibowitz, intercedi per noi - mormorò frate Francis, insieme agli altri.

Dopo una breve preghiera, il coro esplose nel Te Deum. Dopo una Messa in onore del nuovo Santo, tutto fu finito.

Scortato da due sediari dalle livree scarlatte, il piccolo gruppo di pellegrini passò per una sequenza di corridoi e di anticamere in apparenza interminabile, fermandosi di tanto in tanto davanti all'ornato tavolo di qualche funzionario che esaminava le credenziali e apponeva la firma su un licet adire perché uno dei sediari lo consegnasse al funzionario seguente, il cui titolo diventava progressivamente più lungo e meno pronunciabile man mano che il corteo procedeva.

Frate Francis tremava. Fra i pellegrini c'erano due vescovi, un uomo vestito di ermellino e d'oro, il capo di un clan della gente della foresta, convertito, che tuttavia indossava ancora la tunica di pelle di pantera e il copricapo di pantera del suo totem tribale, un semplicione vestito di cuoio che portava sul polso un falco pellegrino incappucciato — evidentemente un dono per il Santo Padre — e parecchie donne, che sembravano tutte mogli o concubine — da quanto Francis poteva giudicare dal loro contegno — del capo "convertito" del clan degli uomini-pantera; o forse erano ex-concubine messe in disparte secondo il canone ma non secondo le usanze tribali.