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Frate Francis mormorò il suo ringraziamento per quella garanzia contro i banditi; non gli parve opportuno aggiungere che il ladrone poteva essere incapace di leggere o di comprendere l'avvertimento.

— Farò del mio meglio per consegnarla, Santo Padre.

Di nuovo, Leone si piegò verso di lui per sussurrare: — E a voi, noi daremo uno speciale pegno del nostro affetto. Prima di partire, fate visita a Monsignor Aguerra. Preferiremmo consegnarvelo con le nostre mani, ma questo non è il momento opportuno. Il Monsignore ve lo darà per conto nostro. Fatene ciò che volete.

— Vi ringrazio profondamente, Santo Padre.

— E adesso addio, mio diletto figlio.

Il Pontefice proseguì, parlando a tutti i pellegrini della fila, e quando ebbe finito, impartì la benedizione solenne. L'udienza era conclusa.

Monsignor Aguerra toccò il braccio di frate Francis mentre il gruppo dei pellegrini varcava il portale. Abbracciò il monaco con affetto. Il postulatore della causa del Santo era tanto invecchiato che Francis lo riconobbe con difficoltà. Ma anche Francis si era fatto grigio alle tempie, e gli erano venute le rughe attorno agli occhi, poiché li aveva tenuti socchiusi per aguzzare la vista, al tavolo della copisteria.

Il monsignore gli porse un pacchetto e una lettera, mentre scendevano la scala coelestis.

Francis guardò l'indirizzo della lettera e annuì. Sul pacchetto, che portava il sigillo diplomatico, c'era scritto il suo nome. — Per me, Monsignore?

— Sì, è un dono personale del Santo Padre. È meglio non aprirlo qui. E adesso, posso fare qualcosa per te, prima che tu lasci Nuova Roma? Sarò lieto di mostrarti ciò che può esserti sfuggito.

Frate Francis rifletté brevemente. Era già stata una visita faticosa.

— Mi piacerebbe rivedere ancora una volta la basilica, Monsignore — disse finalmente.

— Sì, naturalmente. Ma questo è tutto?

Frate Francis fece un'altra pausa. Erano ormai rimasti indietro, rispetto agli altri pellegrini che se ne andavano. — Vorrei confessarmi — aggiunse, sottovoce.

— Niente di più facile — disse Aguerra, aggiungendo con un risolino: — Sei nella città più adatta, sai. Ecco, puoi ottenere l'assoluzione da tutto ciò che ti preoccupa. C'è qualche peccato mortale che possa richiedere l'attenzione del Papa?

Francis arrossì e scosse il capo.

— E il Penitenziere Maggiore, allora? Non soltanto ti assolverà, se sei pentito, ma ti toccherà anche la testa con la verga.

— Volevo dire… lo stavo chiedendo a voi, Monsignore — balbettò il monaco.

— Io? Perché io? Non sono una persona importante. Sei in una città piena di berretti rossi, e vuoi confessarti a Manfredo Aguerra!

— Perché… perché voi siete stato l'avvocato del nostro Patrono — spiegò il monaco.

— Oh, capisco. Naturalmente, ascolterò la tua confessione. Ma non posso assolverti in nome del tuo Patrono, sai. Dovrà essere come al solito in nome della Santissima Trinità. Ti andrà bene?

Francis aveva poco da confessare, ma il suo cuore era turbato da lungo tempo — a causa di ciò che gli aveva detto Don Arkos — dalla paura che la sua scoperta del rifugio avesse intralciato la causa del Santo. Il postulatore di Leibowitz lo ascoltò, lo consigliò, e l'assolse nella basilica, poi gli fece da guida nell'antica chiesa. Durante la cerimonia della canonizzazione e la Messa che ne era seguita, frate Francis aveva osservato soltanto lo splendore maestoso dell'edificio. Ora, il vecchio monsignore gli indicava i muri screpolati, i punti che avevano bisogno di restauro, e le condizioni vergognose di alcuni affreschi. Di nuovo vide uno spettacolo di povertà velato dalla dignità. La Chiesa non era ricca, in quei tempi.

Finalmente, Francis fu libero di aprire il pacchetto: conteneva una borsa. Nella borsa c'erano due heklos d'oro. Guardò Manfredo Aguerra. Il monsignore sorrise.

— Avevi detto che il ladrone ti aveva vinto la copia alluminata in una lotta, non è vero? — chiese Aguerra.

— Sì, Monsignore.

— Bene, allora, anche se vi sei stato costretto, hai scelto di batterti con lui per quella copia, non è così? Hai accettato la sua sfida?

Il monaco annuì.

— E allora non credo che faresti male se gliela ricomprassi. — Batté una mano sulla spalla del monaco e lo benedisse. Poi venne il momento di partire.

Il piccolo custode della fiamma della conoscenza si avviò a piedi verso l'abbazia. L'attendevano giorni e settimane di cammino, ma il suo cuore cantava mentre si avvicinava alla postazione del ladrone. Fatene ciò che volete, aveva detto dell'oro Papa Leone. Non solo questo, pensava ora il monaco; in aggiunta alla borsa, c'era una risposta alla domanda sarcastica del ladrone. Pensava ai libri nella sala delle udienze, che attendevano il risveglio.

Il ladrone, tuttavia, non era in attesa alla sua postazione come aveva sperato frate Francis. In quel punto c'erano alcune orme fresche, ma le orme andavano nella direzione opposta e non c'era traccia del ladrone. Il sole filtrava fra gli alberi, coprendo il suolo con l'ombra del fogliame. La foresta non era fitta, ma offriva molta ombra. Sedette accanto al sentiero, ad aspettare.

Una civetta ululò a mezzogiorno, dalla oscurità relativa del letto prosciugato di un fiume lontano. Le poiane tracciavano un cerchio azzurro, al di sopra delle cime degli alberi. Tutto sembrava pacifico, quel giorno, nella foresta. Mentre ascoltava assonnato i passeri che svolazzavano negli arbusti vicini, si accorse che non gli importava molto se il ladrone fosse giunto quel giorno o il giorno seguente. Il suo viaggio era così lungo, che non gli sarebbe dispiaciuto godere un giorno di riposo mentre aspettava. Rimase seduto, a osservare le poiane. Ogni tanto riabbassava lo sguardo sul sentiero che conduceva verso la sua casa lontana, nel deserto. Il ladrone aveva scelto un luogo eccellente per i suoi agguati. Da quel punto, si poteva scorgere più di un miglio di sentiero in ognuna delle due direzioni, pur rimanendo inosservati nel folto della foresta.

Qualcosa si mosse in lontananza sul sentiero.

Frate Francis si schermò gli occhi e studiò quel movimento lontano. C'era un'area soleggiata, lungo la strada, dove un incendio aveva spazzato via parecchi acri di terra attorno al sentiero che portava verso sud-ovest.

Non poteva vedere chiaramente a causa del riverbero splendente, ma in mezzo a quel calore c'era un movimento. Era una tremante iota nera. Qualche volta sembrava che avesse una testa. Qualche volta era completamente oscurata nel riverbero del calore, ma nonostante tutto riuscì a stabilire che si stava avvicinando gradualmente. Una volta, quando l'orlo di una nuvola passò sul sole, il formicolio lucente del calore si quietò per pochi secondi; i suoi stanchi occhi di miope stabilirono che la iota tremolante era veramente un uomo, ma era troppo lontano per poterlo riconoscere. Rabbrividì. Qualcosa, in quella iota, era troppo familiare.

Ma no, non poteva essere lo stesso.

Il monaco si segnò e cominciò a recitare il rosario mentre i suoi occhi rimanevano fissi sulla cosa lontana, in mezzo al riverbero del calore.

Mentre era rimasto lì ad attendere il ladrone, c'era stata una discussione, più in alto, sul fianco della collina. La discussione era stata condotta in monosillabi appena sussurrati, ed era durata quasi un'ora. Ora era finita, Due-Teste aveva dato ragione a Una-Testa. Insieme i figli del Papa si allontanarono quietamente e cominciarono a strisciare, giù lungo il fianco della collina. Giunsero a dieci metri da Francis prima che un ciottolo rotolasse, rumoreggiando. Il monaco stava mormorando la terza Ave del quarto Mistero Glorioso del rosario quando si voltò, per caso.