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LA GIORNALISTA: Di quale non siete al corrente? Del disastro di Itu Wan, o dell'esplosione-monito in mezzo al Sud Pacifico?

MINISTRO DELLA DIFESA (improvvisamente severo): Signora, senza dubbio non intendevate essere faziosa, ma la vostra domanda sembra dare appoggio, se non credito, alle accuse assolutamente false degli asiatici, secondo i quali il cosiddetto disastro di Itu Wan sarebbe stato il risultato del collaudo di un'arma da parte nostra e non da parte loro!

LA GIORNALISTA: Se è così vi invito a farmi arrestare immediatamente. La domanda era basata su una versione neutrale del Vicino Oriente, secondo la quale il disastro di Itu Wan è stato il risultato dell'esplosione sotterranea di una bomba asiatica, che finì per esplodere all'aperto. La stessa versione afferma che l'esperimento di Itu Wan è stato visto dai nostri satelliti e che, in risposta, un missile spazio-terra fu fatto esplodere, come avvertimento, a sudest della Nuova Zelanda. Ma ora che siete voi a suggerirlo, il disastro di Itu Wan è stato il risultato di un esperimento nucleare effettuato da noi?

MINISTRO DELLA DIFESA (con forzata pazienza): riconosco l'obbligo, per un giornalista, di essere obiettivo. Ma suggerire che il governo di Sua Supremazia avrebbe deliberatamente violato…

LA GIORNALISTA: Sua Supremazia ha soltanto undici anni e definire il governo come "suo" è non soltanto un arcaico, ma altamente disonorevole, e persino meschino tentativo di eludere la responsabilità di una piena smentita da parte vostra…

MODERATORE: Signora! Vi prego di cambiare il tono della vostra…

MINISTRO DELLA DIFESA: Lasciate perdere, lasciate perdere! Signora, avete la mia smentita più recisa, se volete dare importanza a queste fantastiche accuse. Il cosiddetto disastro di Itu Wan non è stato il risultato di un nostro esperimento nucleare. E non sono a conoscenza di altre recenti esplosioni atomiche.

LA GIORNALISTA: Grazie.

MODERATORE: Credo che il direttore del Texarkana Star-Insight voglia dire qualcosa.

DIRETTORE: Grazie. Vorrei chiedere a Vostra Signoria, che cosa è accaduto a Itu Wan.

MINISTRO DELLA DIFESA: Non vi sono nostri connazionali in quella zona; non vi abbiamo neppure osservatori, da quando i rapporti diplomatici furono rotti durante l'ultima crisi. Di conseguenza, posso fare conto soltanto su prove indirette, e sulle versioni alquanto contrastanti dei neutrali.

DIRETTORE: Questo lo comprendo.

MINISTRO DELLA DIFESA: Benissimo, allora, mi risulta che vi sia stata un'esplosione nucleare sotterranea, nell'ordine dei megatoni, e che è sfuggita al controllo. Era, evidentemente, un esperimento. Fosse un'arma o, come sostengono alcuni "neutrali" che simpatizzano con gli asiatici, un tentativo di deviare un fiume sotterraneo… era comunque chiaramente illegale, e i paesi confinanti stanno preparando una protesta da presentare alla Corte Mondiale.

DIRETTORE: C'è pericolo di una guerra?

MINISTRO DELLA DIFESA: Io non prevedo una cosa simile. Ma come sapete, alcuni distaccamenti delle nostre forze armate sono soggetti a coscrizione da parte della Corte Mondiale, a sostegno delle sue decisioni, se fosse necessario. Non prevedo una simile necessità, ma non posso parlare a nome della Corte.

PRIMO GIORNALISTA: Ma la coalizione asiatica ha minacciato una immediata rappresaglia totale contro le nostre installazioni spaziali se la Corte non intraprenderà un'azione contro di noi. E se la Corte tardasse ad agire?

MINISTRO DELLA DIFESA: Non è stato emesso alcun ultimatum. La minaccia era per il consumo interno asiatico, secondo me; per coprire l'errore di Itu Wan.

LA GIORNALISTA: Come va la vostra fede nel Matriarcato, oggi, Lord Ragelle?

MINISTRO DELLA DIFESA: Spero che il Matriarcato abbia in me la stessa fede che io ho nel Matriarcato.

LA GIORNALISTA: È il meno che voi meritiate, ne sono certa.

La conferenza stampa, irradiata dal satellite a trentamila chilometri dalla Terra, investì quasi tutto l'emisfero occidentale con l'ammiccante segnale WHF che portava quelle notizie agli schermi delle moltitudini. Unico fra quelle moltitudini, l'Abate Don Zerchi spense l'apparecchio. Camminò avanti e indietro per un po', aspettando Joshua, cercando di non pensare. Ma "non pensare" si rivelò impossibile.

Ascolta, siamo impotenti? Siamo destinati a farlo ancora e ancora e ancora? Non abbiamo altra scelta se non fare la parte della Fenice, in una interminabile sequenza di ascese e di cadute? Assiria, Babilonia, Egitto, Turchia, Cartagine, Roma, l'impero di Carlomagno, l'impero ottomano. Ridotti in polvere e cosparsi di sale. Spagna, Francia, Bretagna, America… bruciate nell'oblio dei secoli. E ancora e ancora e ancora.

Siamo destinati a questo, Signore, incatenati al pendolo del nostro pazzo orologio, impotenti a fermare la sua oscillazione?

Questa volta ci lancerà nell'oblio, pensò.

Il sentimento di disperazione svanì bruscamente quando frate Pat gli portò il secondo telegramma. L'abate l'aprì, lo lesse con una occhiata e ridacchiò. — È ancora qui frate Joshua, fratello?

— Sta aspettando fuori, Reverendo Padre.

— Fatelo entrare.

— Oh, fratello, chiudete la porta e accendete il silenziatore. Poi leggete questo.

Joshua guardò il telegramma. — Una risposta da Nuova Roma?

— È arrivato questa mattina. Ma prima accendete quel silenziatore. Abbiamo alcune cose da discutere.

Joshua chiuse la porta e girò un interruttore sulla parete. Gli altoparlanti nascosti fecero udire un breve squittìo di protesta. Quando lo squittìo fini, le proprietà acustiche della stanza sembravano improvvisamente cambiate.

Don Zerchi gli accennò di sedersi, e Joshua lesse in silenzio il primo telegramma.

— … nessuna azione dovrà essere da voi intrapresa in rapporto con il Quo peregrinatur grex - lesse, a voce alta.

— Dovrete gridare, con quell'ordigno in attività — disse l'abate, indicando il silenziatore. — Cosa dicevate?

— Stavo solo leggendo. Dunque il piano è cancellato?

— Non mostratevi tanto sollevato. Quello è arrivato questa mattina. Questo è arrivato nel pomeriggio. — L'abate gli buttò un secondo telegramma:

IGNORARE PRECEDENTE MESSAGGIO DI QUESTA DATA. "QUO PEREGRINATUR" DEVE ESSERE RIATTIVATO IMMEDIATAMENTE PER RICHIESTA DEL SANTO PADRE. PREPARARE I QUADRI ALLA PARTENZA ENTRO TRE GIORNI. ASPETTATE TELEGRAMMA DI CONFERMA PRIMA DI PARTIRE. RIFERIRE QUALUNQUE LACUNA NELLA ORGANIZZAZIONE DEI QUADRI. INIZIARE ATTUAZIONE CONDIZIONALE DEL PIANO. ERIC CARDINALE HOFFSTRAFF, VICARIO APOST. EXTRATERR. PROVINCIALE.

Il volto del monaco impallidì. Posò il telegramma sulla scrivania e tornò a sedersi, con le labbra strette.

— Sapete cosa è il Quo peregrinatur?

— So che cosa è, Domne, ma non nei particolari.

— Ecco, cominciò come un piano per mandare qualche prete insieme a un gruppo di coloni diretto ad Alfa Centauri. Ma non funzionava, perché occorrono vescovi per ordinare i preti, e dopo la prima generazione di coloni, sarebbe stato necessario mandare altri preti, e così via. La questione si ridusse a una discussione sulla probabile durata delle colonie, e sulla opportunità di prendere provvedimenti per assicurare la successione apostolica sui pianeti colonizzati senza fare ricorso alla Terra. Sapete che cosa significherebbe?

— L'invio di almeno tre vescovi, immagino.

— Sì, e sembrava un'idea piuttosto sciocca. I gruppi di coloni sono sempre stati piuttosto piccoli. Ma durante l'ultima crisi mondiale, il Quo peregrinatur divenne un piano d'emergenza per perpetuare la Chiesa sulle colonie planetarie se sulla Terra accadesse il peggio. Abbiamo una nave.