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— Sì e no. Sì, se è in previsione del crimine di qualcun altro. No, se è in previsione di un crimine proprio. E specialmente no se i provvedimenti che dovrebbero alleviare le conseguenze sono a loro volta provvedimenti criminosi.

Il visitatore alzò le spalle. — Come l'eutanasia? Mi dispiace, Padre, io penso che siano le leggi della società che rendono qualcosa un crimine o no. So che non siete d'accordo. E possono esservi leggi cattive, mal concepite, questo è vero. Ma in questo caso, penso che sia una buona legge. Se invece credessi di avere un'anima e che in Cielo vi sia un Dio adirato, potrei essere d'accordo con voi.

L'Abate Zerchi sorrise, a labbra strette. — Voi non avete un'anima, dottore. Voi siete un'anima. Voi avete un corpo, temporaneamente.

Il visitatore rise, con educazione. — Una confusione semantica.

— È vero. Ma chi di noi è confuso? Voi o io?

— Non litighiamo, Padre. Io non faccio parte delle Squadre della Misericordia. Io lavoro nella Squadra Controllo Esposizione alle Radiazioni. Noi non uccidiamo nessuno.

L'Abate Zerchi lo fissò in silenzio per un momento. Il visitatore era un uomo basso e muscoloso, con una simpatica faccia rotonda e un cranio calvo bruciato dal sole. Indossava un'uniforme di saia verde, e un berretto con il distintivo della Stella Verde.

Già, perché litigare? Quell'uomo era una operatore medico, non un carnefice. In parte, il lavoro di assistenza della Stella Verde era ammirevole. Qualche volta era addirittura eroico. Il fatto che in qualche caso fosse anche malvagio, secondo le convinzioni di Zerchi, non era una ragione sufficiente per considerarne contaminate anche le buone azioni. La società lo favoriva, e i suoi membri erano in buona fede. Il dottore aveva cercato di essere amichevole. La sua richiesta era sembrata abbastanza semplice. Non si era mostrato né esigente né burocratico. Eppure, l'abate esitava prima di dire di sì.

— Il lavoro che intendete svolgere qui… richiederà molto tempo?

Il dottore scosse il capo. — Due giorni al massimo, credo… Abbiamo due unità mobili. Possiamo portarle nel vostro cortile, collegare i due furgoni, e cominciare il lavoro. Ci occuperemo dei casi evidenti da radiazione, e dei feriti, in primo luogo. Noi ci occupiamo solo dei casi più urgenti. Il nostro lavoro è un controllo clinico. I malati verranno curati in un campo di emergenza.

— E i più malati riceveranno qualcosa d'altro in un campo di misericordia?

Il medico si accigliò. — Soltanto se vogliono andarvi. Nessuno li costringe.

— Ma voi scrivete il permesso che li autorizza ad andare.

— Ho distribuito alcuni biglietti rossi, sì. Può darsi che debba farlo anche questa volta. Ecco… — Si frugò nella tasca e ne tolse un modulo di cartoncino rosso, qualcosa di simile a un cartellino per spedizione munito di un cordoncino, per attaccarlo a un'asola o a una cintura. Lo gettò sulla scrivania. — Un modulo "dose critica" in bianco. Ecco qui. Lo legga. Dice che l'individuo è ammalato, molto ammalato. E questo… ecco un biglietto verde, anche. Dice che l'individuo sta bene e non ha nulla di preoccupante. Guardate attentamente quello rosso! "Esposizione calcolata in unità di radiazione". "Esame del sangue". "Analisi delle urine". Su una facciata, è identico a quello verde. Dall'altra parte, quello verde non reca nulla, ma guardate quello rosso. Quella frase… è citata direttamente dalla Legge Pubblica 10-WR-3E. Deve esserci. La legge lo richiede. La si deve leggere all'interessato, che deve conoscere i suoi diritti. Ciò che ne fa, è affare suo. Ora, se preferite che piazziamo le unità mobili lungo l'autostrada, possiamo…

— Vi limitate a leggerglielo, vero? Nient'altro?

Il dottore fece una pausa. — Glielo dobbiamo spiegare, se non lo capisce. — Fece un'altra pausa, dominando l'irritazione. — Buon Dio, Padre, quando dite a un uomo che è un caso disperato, che cosa volete dirgli? Gli leggete qualche paragrafo della legge, gli mostrate la porta, e gli dite "Avanti un altro, prego"? "Voi state per morire, buongiorno"? Naturalmente non ci si limita a leggergli quelle frasi e basta, se si ha qualche sentimento umano!

— Lo capisco. Ciò che voglio sapere è qualcosa d'altro. Voi, come medico, consigliate ai casi disperati di andare a un campo di misericordia?

— Io… — il medico si interruppe e chiuse gli occhi. Appoggiò la fronte sulla mano. Rabbrividì, leggermente. — Sì, naturalmente — disse, alla fine. — Se aveste visto ciò che ho visto io, lo fareste anche voi. Naturalmente.

— Ma qui non lo farete.

— E allora noi… — Il dottore represse un'esplosione d'ira. Si alzò, fece per mettersi il berretto, poi si fermò. Buttò il berretto sulla sedia e si avvicinò alla finestra. Guardò cupamente in cortile, poi l'autostrada. E indicò qualcosa. — C'è il parco accanto alla strada. Possiamo impiantare bottega lì. Ma è a tre chilometri. Quasi tutti dovranno venirci a piedi. — Guardò l'Abate Zerchi, poi riabbassò pansieroso lo sguardo sul cortile. — Guardateli. Sono malati, feriti, fratturati, spaventati. Anche i bambini. Stanchi, storpiati, miserabili. Voi permettereste che fossero spinti sull'autostrada, per sedere nella polvere e nel sole e…

— Non voglio che vada così — disse l'abate. — Sentite… mi stavate dicendo in che modo una legge fatta dall'uomo abbia reso obbligatorio, per voi, leggere e spiegare questo a un caso di radiazione critica. Io non ho fatto obiezioni a questo. Diamo a Cesare ciò che gli spetta, fino a questo punto, poiché è questo che la legge vuole da voi. Ma allora, non potete comprendere che io sono soggetto a un'altra legge, la quale mi proibisce di permettere a voi o a chiunque altro di consigliare, a chiunque, qui, su questa proprietà affidata alle mie cure, di fare qualcosa che la Chiesa considera un male?

— Oh, lo comprendo abbastanza bene.

— Ottimamente. Dovete farmi soltanto una promessa, e potrete servirvi del cortile.

— Quale promessa?

— Semplicemente che non consiglierete a nessuno di andare a un "campo di misericordia". Limitatevi a fare la diagnosi. Se troverete casi disperati da radiazione, dite loro ciò che la legge vi costringe a dire, consolateli come volete, ma non dite loro di andare ad uccidersi.

Il medico esitò. — Io credo che sarebbe giusto fare questa promessa riguardo ai pazienti della vostra Fede.

L'Abate Zerchi abbassò gli occhi. — Mi dispiace — disse finalmente — ma non è abbastanza.

— Perché? Gli altri non sono legati dai vostri princìpi. Se un uomo non appartiene alla vostra religione, perché dovrebbe rifiutare di permettere… — Si interruppe, semisoffocato, incollerito.

— Volete una spiegazione?

— Sì.

— Perché se un uomo ignora il fatto che qualcosa è sbagliato, e agisce nell'ignoranza, non incorre in una colpa, purché la ragione naturale non sia sufficiente a mostrargli l'errore. Ma, mentre l'ignoranza può scusare l'uomo, non scusa l'atto che è errato in se stesso. Se io permettessi l'atto semplicemente perché l'uomo ignora che esso è sbagliato, allora incorrerei nella colpa, perché io so che è un errore. In realtà, come vedete è dolorosamente semplice.

— Ascoltatemi, padre. Stanno lì seduti, e vi guardano. Qualcuno grida. Qualcuno piange. Qualcuno si limita a starsene lì seduto. E tutti dicono: "Dottore, cosa posso fare?" E io, che cosa dovrei rispondere? Non dovrei dire nulla?

"Devo dire: 'Puoi morire, ecco tutto'. Voi che cosa direste?"

— "Prega".