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— Non ho visto correre nessuno… E se proprio volete saperlo, non ero qui perché mi hanno telefonato che c’era stato un incidente in sala comunicazioni.

— Ed era vero?

— No.

— Una prova perfetta. — Carewe era trionfante.

— Una prova di cosa?

— Che qualcuno vi ha fatta allontanare per potermi uccidere tranquillamente.

— Signor Carewe — disse l’infermiera, cominciando a spingerlo verso la corsia, — quella telefonata prova soltanto che Felix Parma o qualcuno degli altri si è ubriacato come al solito. Probabilmente se ne stanno nascosti qui fuori, al buio, a cercare di trovare il modo per disturbare gli altri. Adesso, volete tornare a letto?

— Va bene. — Carewe ebbe un’altra idea. — Date un’occhiata qui. — Le fece strada, si mise a frugare nel letto disfatto. La pastiglia azzurra era scomparsa, e sul bicchiere rotto non c’erano tracce di sangue. Esaminandosi la manica sinistra, scoprì una macchiolina rossa, purtroppo resa quasi invisibile dall’acqua che gli si era rovesciata sul braccio.

— C’è una macchia di sangue — disse, sicuro di sé.

— E lì ce n’è un’altra. — L’infermiera puntò l’indice sul fianco di Carewe: una chiazza scarlatta stava impregnando la stoffa del pigiama. — Avete riaperto la ferita. Adesso mi toccherà fare un’altra medicazione.

Carewe respirò a fondo; poi decise di risparmiare il fiato sino al mattino, quando avrebbe visto Kendy, il coordinatore delle Nazioniunì.

— Lo so che devo aver letto tutto nel vostro dossier, ma ho dimenticato i particolari — disse Kendy. — Signor Carewe, quanti anni avete, esattamente?

— Quaranta.

— Oh! Allora vi siete fatto disattivare da poco.

L’espressione “fatto disattivare” irritò Carewe. Fu quasi sul punto di dire a Kendy di non usarla; poi capì cosa l’altro avesse in mente. Era risaputo che i freddi più anziani, timorosi della morte ma stanchi della vita, a volte si lasciavano sopraffare dal desiderio di morire. Senza saperlo a livello conscio, diventavano altrettante zone disastrate: gli incidenti si succedevano agli incidenti, finché non capitava l’inevitabile fatalità.

— Da pochissimo — disse Carewe. — Comunque non ho tendenza agli incidenti, se è a questo che volete arrivare.

— Era solo un’idea. — Kendy studiò la piccola corsia con evidente disgusto. Doveva essere ansioso di andarsene, di occuparsi di questioni più importanti. La sua carnagione rosa era quasi luminosa, alla luce del giorno che entrava dalla finestra. — C’è stata la storia dell’interruttore nel vostro chalet, poi l’affondamento dell’anfibio, e…

— Non ho tendenza agli incidenti, e sono ben deciso a mantenermi in vita — lo interruppe Carewe.

— Come dicevo, era solo un’idea.

— Grazie tante, ma la mia definizione di incidente non abbraccia anche i tentativi d’avvelenamento e le coltellate.

— Abbiamo recuperato l’anfibio dal fiume. — Kendy fece una smorfia. Sembrava che non avesse voglia di discutere la possibilità di un tentativo d’omicidio.

— Allora?

— Mancava una spina dal sensore altimetrico. Quando la spina è caduta, il sensore ha deciso che il veicolo era fermo sul terreno, e naturalmente ha spento il motore.

— Naturalmente.

— Insomma, dev’essersi trattato di un incidente per forza. Non riesco proprio a immaginare come sia possibile far cadere una spina in un punto prestabilito del percorso.

Carewe tracciò linee sulla coperta con la punta di un dito. — Non sono pratico dei vostri anfibi, però immagino che quando si attraversa un fiume il sensore altimetrico venga inondato dall’acqua.

— In genere succede, sì.

— E se qualcuno avesse tolto la spina normale per sostituirla con un’altra fatta di gordonite, ad esempio?

— Cos’è la gordonite?

— Una lega che a contatto con l’acqua si scioglie quasi immediatamente.

Kendy sospirò teatralmente. — Rieccoci al misterioso complotto ai danni della vostra vita. In pratica, state ipotizzando che qui alla base ci sia un aspirante assassino.

— Niente affatto! — Carewe sentì tornare tutta la rabbia. — Ieri ipotizzavo. Adesso ne sono certo.

— Ho controllato il personale di tutti i contingenti. Non c’è nessuno che abbia una cicatrice fresca in faccia. — Kendy si alzò in piedi.

— E cosa mi dite del pezzettino di terra che circonda la base? Mi sembra che si chiami Africa.

Kendy sorrise. — Mi piace il vostro senso dell’umorismo, signor Carewe. Posso raccontarvi una barzelletta inglese molto antica? Dunque, il re Dario fa colazione con Davide il mattino dopo averlo gettato nella fossa dei leoni. Il re chiede: Hai dormito bene?, e Davide risponde: No. A dire il vero, c’erano troppi leoni, e il re sbuffa e dice: Posso solo dirti che te li sei portati dietro tu.

Carewe sorrise, incerto. — Sarebbe una barzelletta?

— Nemmeno io l’ho capita per parecchio tempo. Poi, dato che mi occupo di letteratura del diciannovesimo e ventesimo secolo, ho scoperto che l’ultima frase del re era la risposta che le affittacamere inglesi davano ai clienti che si lamentavano di aver trovato pidocchi nel letto.

— Comunque non è una gran barzelletta. Volevo chiedervi cosa significa Beau Geste, ma ho deciso che non ne vale la pena.

— Stavo solo cercando di dirvi che se davvero qualcuno ha tentato di uccidervi, la nostra base non c’entra niente. Dovete esservi cacciato nei guai prima di venire qui.

Carewe aprì la bocca per ribattere, ma non gli venne in mente niente di significativo. Restò a guardare la figura robusta di Kendy che spariva oltre la porta e cercò di trovare un senso agli avvenimenti degli ultimi giorni. L’unica conclusione, alquanto generica, fu che la sua esistenza si era trasformata in un inferno dal momento in cui aveva sentito parlare nell’E.80 per la prima volta. Barenboim e Pleeth erano preoccupati dalla possibilità di un’azione di spionaggio commerciale. Forse, le complicate precauzioni che avevano usato per nascondere la vera natura dei loro rapporti non erano servite a molto: quando Carewe aveva versato il liquore addosso a Ron Ritchie, l’altro aveva subito fatto insinuazioni su lui e Barenboim. Però, anche ammettendo che concorrenti potenti e senza scrupoli avessero saputo qualcosa dell’E.80, come avrebbero agito? Non avrebbero tentato di impossessarsi di Carewe vivo, per interrogarlo e studiarlo? Cosa potevano mai scoprire dal suo cadavere? E avrebbero nutrito lo stesso interesse anche per Athene?

Carewe premette il pulsante per chiamare l’infermiera. — Quando mi farete ripartire da qui? — le chiese appena entrò.

— Se n’è occupato il dottor Redding. Partirete stasera, con un vertijet fornito di barelle. Arriverete direttamente a Lisbona. — Il tono della donna lasciava intendere che non l’aveva ancora perdonato per la confusione creata la sera prima.

— Capisco. E gli accordi sono stati presi attraverso i soliti canali di comunicazione, giusto? Lo sanno tutti quando e come parto?

— Non tutti — ribatté lei, fredda. — Alla maggioranza del nostro personale, la cosa non interessa affatto.

Carewe, la licenziò con un cenno della mano. — È tutto. Se mi attaccassero di nuovo, vi chiamerò.

— Non prendetevi troppo disturbo.

Quando l’infermiera fu uscita, Carewe prese il comunicatore orale dal comodino e chiese di parlare con l’addetto ai trasporti della Farma. Ci fu un’interruzione di pochi secondi, poi ebbe la linea.

— Parma della Farma. — La voce di Parma aveva un tono diffidente. — Chi mi vuole?

— Sono Will Carewe. — Carewe guardò la porta della corsia, per accertarsi che fosse chiusa. — Dove ti trovi, Felix?