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— Will Carewe. Non sapevo…

— Oh, qui risaliamo fino alla quarta generazione. I Targett hanno un forte spirito di clan, anche se è un po’ fuori moda. — La donna lasciò cadere un seme nella terra umida e vi puntò sopra un proiettore biotrofico, poi rimase a guardare con aria critica lo stelo che usciva dal terreno, coprendosi subito di foglie e boccioli.

— È… molto bello — disse Carewe, impacciato. In realtà, gli aveva sempre ripugnato l’idea di figli che restavano attaccati a madri che a loro volta erano figlie attaccate alla propria madre, e così via. In certe comuni vivevano otto generazioni di donne, che a lui sembravano solo una serie infinita di bamboline contenute l’una nell’altra, — L’unità familiare può essere ancora importante.

— Sì. — La donna, che non si era nemmeno presentata per nome, spense il proiettore. Si chinò a studiare il fiore, sbuffò di disgusto e lo strappò dal terreno. Poi lo lasciò cadere ai suoi piedi. Le radici pallide del fiore si agitarono debolmente, come vermi. — L’ho fatto troppo alto. Quando non mi concentro, li faccio troppo alti.

— Mi spiace. Carewe restò a guardare le radici che continuavano a muoversi. La donna spostò un comando del proiettore e lo puntò di nuovo sul fiore. La piantina si annerì e scomparve, restituendo alla terra i propri componenti. — Ci vuole un sacco di lavoro e di pazienza per il giardinaggio, vero?

— Se è una cosa che non approvi, Will, e capisco benissimo che non l’approvi, dovresti dirlo apertamente…

— Chi ha detto che non l’approvo? Carewe rise, senza riuscire a essere troppo convincente; guardò il terreno, e chissà perché gli tornò in mente la rana che aveva salvato nel parcheggio della Farma.

La donna aspirò rumorosamente. — Be’? Dov’è Athene?

— È quello che volevo chiedere a voi.

— E io come faccio a saperlo, Will? È partita da qui ieri, appena ricevuta la tua telefonata. — La donna si rialzò e osservò attentamente la faccia di Carewe. — Vuoi dire che non è…

— Ieri ero in Africa — disse lui, cupo. — E non ho telefonato a nessuno.

— Allora Athene dov’è?

Carewe non sentì quasi quelle parole, ma l’interrogativo continuò a perseguitarlo per tutto il viaggio di ritorno a casa.

Un’ispezione meticolosa Alla casa non gli offrì il minimo indizio. Non riuscì nemmeno a decidere se il giorno prima Athene fosse tornata lì. Non c’erano né messaggi registrati, né biglietti. Niente. Di nuovo senza fiato, Carewe corse al comunicatore e diede il numero della sede centrale della Farma. Gli apparve davanti, sospesa in aria, la proiezione tridimensionale di un’immagine elettronica: l’archetipo della segretaria tradizionale, creata artificialmente dal computer.

— Sono spiacente — disse l’immagine con voce allegra, — ma l’orario d’ufficio è terminato, e per oggi il personale della Farma Corporation ha cessato il lavoro. Saranno di nuovo a vostra disposizione domattina, dalle nove e trenta in poi.

— Debbo parlare di questioni urgenti col signor Barenboim.

— Vi assisterò nei limiti del possibile. Avete un codice di priorità?

Carewe diede il codice di priorità, volutamente complicato, che tutti i dirigenti della Farma conoscevano a memoria e che serviva per le comunicazioni d’emergenza. La segretaria, una visione nella mente del computer, annuì dolcemente. — Il signor Barenboim sarà a casa del signor Emmanuel Pleeth all’incirca fino a mezzanotte. Devo passarvi la linea? — Carewe spense il comunicatore, e l’immagine, delusa, svanì in una nube di luce. Carewe, d’istinto, aveva pensato di chiamare Barenboim, ma se la presunta scomparsa di Athene aveva a che fare col progetto dell’E-80, bisognava usare la massima cautela. Era difficile tenere sotto controllo le linee di comunicazione, ma Carewe era sicuro che si potesse fare.

Tornò alla sua pallottola. Ormai aveva imparato a camminare a una buona velocità, con un passo un po’ storto e irregolare, senza che il polmone destro gli saltellasse dentro il petto. Si sentiva le gambe deboli: praticamente non mangiava da due giorni. Non era mai stato a casa di Pleeth, per cui aveva solo una vaga idea di dove si trovasse, ma diede l’indirizzo all’orientatore della pallottola, e l’orientatore gli consigliò il percorso più breve. Mezz’ora dopo, superava i cancelli di una villa, circa dieci chilometri a nord di Three Springs. L’edificio era basso, costruito in pietra vera. Una luce calda usciva dalle finestre e scivolava lungo i prati a terrazza. La vegetazione foltissima, il tepore innaturale dell’aria gli fecero capire che l’intero appezzamento di terreno era protetto da un impianto di controllo ambientale. Sceso dalla pallottola, Carewe si guardò attorno sbalordito, respirando quell’aria profumata. Era prevedibile che il vice-presidente della Farma guadagnasse parecchio; ma fino a quel momento Carewe non aveva capito in quale lusso potesse vivere Pleeth, l’uomo dal sorriso imperscrutabile. Superò il patio. Stava per raggiungere l’ingresso, quando la porta si spalancò. Barenboim corse fuori, le mani protese verso Carewe, mentre la faccia enigmatica di Pleeth scrutava dalla soglia.

— Devo parlarti, Hy. — Carewe notò la sollecitudine esagerata di Barenboim, capì che l’altro stava recitando a suo esclusivo beneficio, ma non riuscì a spingersi più oltre nell’analisi del comportamento di un uomo vecchio di due secoli.

— Certo. Entra, vieni a sederti. — Barenboim gli afferrò il braccio e lo spinse avanti, mentre Pleeth si spostava in silenzio. — Mi è giunta notizia che in Africa sei stato ferito e ricoverato in infermeria, poi ho saputo che sei scomparso. Eravamo preoccupati. — Entrarono in una stanza grande, piena di libri. Chiazze di luce soffusa illuminavano i mobili di legno. Sul tavolo al centro c’era un piccolo mappamondo. Carewe si lasciò cadere in una comoda poltrona, davanti a un fuoco che scoppiettava nel camino e che sembrava molto vero.

— Io non sono scomparso — disse. — Però è scomparsa mia moglie.

— Al giorno d’oggi, una donna non può sparire, Willy. Si lasciano sempre dietro una traccia di prelievi di crediti nel…

— È una faccenda seria — scattò Carewe, e scoprì, sorpreso, che il timore reverenziale che Barenboim gli ispirava era svanito completamente.

— Certo, Willy. Non intendevo… — Barenboim lanciò un’occhiata a Pleeth che, immobile in un angolo della stanza, ascoltava attentamente. — Forse sarà meglio che mi racconti cos’è successo.

— Qualcuno ha cercato di uccidermi, e adesso Athene è scomparsa. — Carewe s’interruppe un attimo, osservò la faccia di Barenboim, poi raccontò gli avvenimenti degli ultimi due giorni.

— Vedo — disse Barenboim, alla fine. — E tu pensi che c’entri in qualche modo l’E-ottanta?

— Tu cosa ne dici?

La faccia di Barenboim era una maschera di preoccupazione. — Mi dispiace ammetterlo, Willy, ma sono portato a darti ragione. Si tratta esattamente del tipo di cose che abbiamo fatto del nostro meglio per evitare.

— Ma… — Carewe si era cullato nella speranza che l’altro rifiutasse la sua teoria. — Se qualcuno ha rapito Athene, cosa ne sarà di lei?

Barenboim si avvicinò a una credenza, versò da bere. — Se per caso credi che possano farle del male, scordatelo. Le ricerche che interesserebbero a uno specialista della biostasi devono per forza svolgersi su un soggetto in buona salute.

— Che tipo di ricerche?

— Va bene il whisky? — Barenboim gli passò il bicchiere.

— Manny potrebbe essere molto più preciso di me; comunque, fondamentalmente potrebbero volersi assicurare che il feto si sviluppi in modo normale. È un lato molto importante. Hai mai sentito parlare del tali domide?

— Ah… no.

— Poi c’è il problema dell’ereditarietà. Ammettendo che tuo figlio sia maschio, la sua struttura cellulare e i meccanismi di riproduzione biochimica saranno quelli di un mortale o di un immortale? Può anche darsi che i figli di un immortale trattato con l’E-ottanta, cioè di un immortale attivo,siano inattivi dal punto di vista sessuale.