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— Buongiorno, Colleen — urlò Parma. — Non smettere di prendere il sole per me.

La ragazza scrutò l’interno della cabina del camioncino, socchiudendo gli occhi alla luce fortissima. — Smetto per me. Prima ti farai disattivare, meglio sarà per tutti, Felix.

— Ma che gentilezza — disse Parma, offeso. — E questo il modo di ringraziarmi perché mi mantengo pronto all’uso?

— Perché ti sei messo in salamoia, vuoi dire?

— Stamattina sei troppo acida per i miei gusti. — Parma saltò a terra, e Carewe lo seguì. — Conosci già Will Carewe, no?

— Sì. — La ragazza guardò Carewe. Lui si accorse che le pupille dei suoi occhi, riflettendo la luce del sole, splendevano come monete d’oro.

— Vorrei che gli dessi un passaggio fino a Kinshasa. Deve tornarsene a casa a tutta birra.

— Davvero? Si è fermato poco.

— Si è preso una pugnalata in petto da un primitivo — si affrettò a spiegare Parma. — Non dovrebbe nemmeno essere in piedi, ma, ripeto, ha buone ragioni per andarsene subito.

La ragazza osservò Carewe con maggior interesse, ma la sua voce era dubbiosa. — Se me lo chiedi tu, posso anche falsificare la bolla di consegna, però non è che io piloti un’ambulanza. Se stesse male durante il volo?

— Un tipo robusto come Willy? Adesso ti racconterò qualcosa, Colleen. Questo ragazzo…

— È capacissimo di parlare da sé — intervenne Carewe. — Vi assicuro che non starò male, non sverrò o non commetterò altre stupidaggini in volo. Mi prendete a bordo o no?

— Calma, calma. — Colleen guardò di nuovo Carewe, e a lui parve di notare nella sua espressione un’ombra di sorpresa. — Va bene. Saltate su appena siete pronto.

— Grazie. — Davanti all’espressione della ragazza, Carewe sentì il suo ego maschile gonfiarsi di speranza. Era possibile che la maschera esteriore da freddo non bastasse a nascondere la sua virilità? Andò a sedersi sul muso del camioncino; maledisse la ferita al petto mentre Parma e la ragazza scaricavano casse dalla navicella. Sperava di decollare immediatamente, invece aspettarono quasi un’ora. Altri veicoli arrivarono, ricevettero o consegnarono carichi e tornarono a sparire fra gli alberi. Quasi tutti gli autisti conoscevano la ragazza. Dalle conversazioni, Carewe dedusse che rappresentavano altrettanti gruppi legati al progetto delle Nazioniunì: controllo meteorologico, provviste, trasporti via terra, alloggiamenti, insomma tutti i servizi indispensabili per tenere in piedi una comunità tecnologica in una zona così remota. Alcuni degli autisti salirono sulla navicella a fumare e a chiacchierare con Colleen, e Carewe notò che diversi di loro lo guardavano incuriositi. Lui fremeva per il ritardo. Non era riuscito a partire subito, senza perdere tempo, come aveva previsto. Ognuno di quegli uomini che andavano e venivano dalla base poteva essere un agente del gruppo misterioso che stava tentando di ammazzarlo…

Una risata insolitamente forte che uscì dalla navicella lo fece scattare in piedi. Carewe fece l’umiliante scoperta di essere geloso. Sulla base di pochi minuti di un’intimità ambigua e di un’occhiata perplessa, trascinato dalla fantasia, si era convinto di poter nutrire diritti particolari su Colleen Bourgou. Era la logica delle fiabe: la principessa, riconosciuto inconsciamente il principe dietro la forma esteriore del brutto rospo, resta automaticamente legata a lui per la vita. Carewe sbuffò,disgustato di se stesso. “A te piace molto recitare” gli aveva detto Athene, “però non basta che tu te ne vada in giro con la tua barba e il tuo coso ben chiuso nel sospensorio.” Ma lo aveva detto prima di gettare al vento, d’un colpo, tutte le sue prediche sul matrimonio singolo. Athene si era bruciata il diritto di giudicare le debolezze del marito. Carewe si avvicinò al portello della navicella e guardò dentro. Colleen rideva sfrenatamente, senza inibizioni, di qualcosa; e i suoi occhi erano più che mai monete d’oro appena coniate. Lui le sorrise con studiata malinconia e tornò a sedersi sul camioncino.

A dispetto di tutta la sua disinvoltura, Colleen era estremamente pignola nel controllare i carichi in arrivo e in partenza. L’attività attorno alla navicella diminuì gradatamente, finché restò solo il camioncino di Parma. Mentre Colleen si assicurava che il portello della stiva fosse ben chiuso, Carewe salutò Parma.

— Grazie di tutto — gli disse. — Appena scopro cosa diavolo mi sta succedendo, mi faccio vivo e ti spiego.

— Sarò lieto di sapere la verità, Willy. Stai attento.

Carewe gli strinse la mano, salì sulla navicella, si accomodò su uno dei primi sedili per passeggeri, appena dietro e di fianco a quello del pilota. Gli fece un piacere smisurato avere la certezza che non ci sarebbero stati altri passeggeri.

— Si parte — disse Colleen, chiudendo il portello e allacciandosi al sedile. Mise in funzione i sistemi di controllo con pratica da maestro, attivò le cartucce di avviamento della turbina, e la navicella si alzò verso l’alto. Quando furono al di sopra del livello degli alberi, inclinò leggermente il muso. Il velivolo partì in verticale. Carewe provò una strana sensazione al petto. Si passò le braccia attorno alle costole e tenne duro.

— Mi spiace — disse la ragazza, dandogli un’occhiata. — Vi ha fatto molto male?

— Non troppo. Il fatto è che ho un polmone disattivato, ed è talmente sensibile alle accelerazioni che si potrebbe usare come sistema di guida per un volo inerziale.

— Cosa vi è successo?

— Non è stato facile. — Carewe le raccontò l’episodio al villaggio senza calcare la mano sui particolari, in modo da apparire più eroico.

— Terribile — disse lei, comprensiva, — però continuo a non capire perché abbiate tanta fretta di andarvene.

Carewe esitò. — Qualcun altro ha tentato di uccidermi, alla base. — Aspettò, ma non ci fu la risata che temeva. Colleen aveva una smorfia perplessa. Lui si chiese come avesse potuto considerarla non troppo attraente.

— Avete idea di chi sia stato, o del perché?

— Ah… no. — Nella sua mente, qualcosa associava le minacce alla sua vita col fatto di aver sperimentato l’E-80; ma l’unica persona a cui potesse confidare preoccupazioni simili era Barenboim.

Lei ebbe un brivido delizioso. — È tutto molto misterioso ed eccitante.

— Misterioso lo è — disse Carewe, — però non capisco quale scafo… voglio dire quale scopo… scafo… la voce dei delfini…

— State bene? — Colleen si girò sul sedile. — La vostra saldezza è scomparsa… nel rosso.

Lui la fissò, orripilato. C’era qualcosa di terribilmente storto nelle monete d’oro che erano i suoi occhi… No, non negli occhi: nella loro distanza. Si era verificato un capovolgimento mostruoso, e ora gli occhi di Colleen erano separati tra loro dalla circonferenza dell’universo meno l’ampiezza del suo setto nasale. Erano sempre sulla sua faccia, ma separati da miliardi di anni luce…

— Non lentamente — urlò lei. — Irrespira!

— I tuoi occhi… La simultaneità non einsteiniana delle tue pupille che sbattono…

Le mani di Colleen erano uccelli stupefatti. Non ci turba un su negativo.

Venti bianchi che ululavano, la gravità che schiacciava… Schiacciava? Carewe strizzò gli occhi, mise a fuoco gli altri sedili. Stavano cambiando posizione l’uno rispetto all’altro, però quello era un fenomeno vero. Braccia di metallo gli cingevano il corpo. Il suo unico polmone batteva forte come un cuore. Guardò in basso, verso gli alberi che danzavano, poi di nuovo in alto. La navicella, nel cui ventre era apparso un foro rettangolare, volava via da sola, sempre più lontana al di sopra di lui. Tutt’attorno, gli altri sedili salivano e scendevano a seconda delle correnti d’aria, oppure giravano lentamente su se stessi, lasciando penzolare le cinghie inutili. L’aria fredda, gelida, gli batteva sulle narici.