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— Non mi sembra che questo cambi molto le cose — disse Carewe, impaziente.

— Forse no. Sto semplicemente cercando di darti un’idea dei motivi che potrebbero spingere una ditta concorrente a studiare tua moglie. Sono tutte cose che anche noi vogliamo sapere. Il punto è che Athene sarà perfettamente al sicuro finché non riusciremo a trovarla e a riportartela.

— Giusto! — Carewe bevve d’un fiato il liquore e si alzò. — Mi metto subito in contatto con la polizia.

— Credo che non sia il caso — disse Barenboim, e Pleeth si agitò, irrequieto, nel suo angolo.

— Perché?

— Sarò franco circa la nostra posizione, Willy. Tu sei un tipo molto deciso, non potrei certo raccontarti bugie. Se la polizia entrasse in scena a questo punto, entro domani mattina il mondo intero saprebbe dell’esistenza dell’E-ottanta. Certo, è una scoperta che vogliamo regalare al mondo, però non possiamo permetterci che i nostri concorrenti ci derubino dei frutti del…

— E intanto, migliaia di uomini si fanno disattivare ogni giorno — lo interruppe Carewe, con rabbia. Stava pensando ai primitivi che aveva evirato a viva forza.

Barenboim si strinse nelle spalle. — Sempre meglio che crepare… Però non mi hai lasciato finire, Willy. Tu hai tutti i diritti di rivolgerti alla polizia, e io non mi sognerei mai di impedirtelo, anche se la Farma ne sarebbe estremamente danneggiata; ma posso proporti un’alternativa.

— Ti ascolto.

— Secondo me, un investigatore privato davvero in gamba riuscirebbe a trovare tua moglie molto prima di una squadra di poliziotti bene intenzionati ma confusionari, e così ne usciresti meglio tu e ne uscirebbe meglio la Farma. Conosco l’uomo giusto per un lavoro del genere, e sono pronto a chiamarlo subito. Ti chiedo solo una settimana per tentare di risolvere la faccenda a modo mio. Dopo di che, se non otterremo risultati, potrai chiamare la polizia. Che ne dici, Willy?

— Be’… — Guardando quella faccia intensa, preoccupata, Carewe provò di nuovo, per un attimo, la sensazione di essere manipolato, ma dovette riconoscere che gli argomenti dell’altro erano validi. — Sei sicuro che il tuo detective sia il migliore nel suo campo?

— Il migliore in assoluto. Lo chiamo subito.

— In questa stanza non ci sono terminali del comunicatore — disse Pleeth, aprendo bocca per la prima volta. — Ho un apparecchio nell’altro salotto, da questa parte.

— Ecco il guaio dell’architettura moderna. Tutta apparenza e niente sostanza — sospirò Barenboim. — Intanto che noi telefoniamo, versati ancora da bere, Willy. Sono sicuro che al padrone di casa non dispiace, vero, Manny?

Quando i due si furono allontanati. Carewe si versò da bere, e assaporò il liquore dal sapore pieno. Poi raggiunse il tavolo, studiò il mappamondo. Era piccolo, circa delle dimensioni di un’arancia, sorretto da una serie di complicate sospensioni e sormontato da lenti. La disposizione delle terre era completamente sbagliata. Guardando più da vicino, scoprì che era tutto alla rovescia, come visto attraverso uno specchio. Sulla superficie del globo erano stampate migliaia e migliaia di nomi, troppo piccoli per poterli leggere a occhio nudo. Osservando la base di supporto, vide due file di bottoni contrassegnate dalle scritte “latitudine” e “longitudine”. Impressionato da quell’oggetto così sofisticato, toccò un bottone rosso più grande degli altri. Sul mappamondo erano già impostate delle coordinate. Un fascio di luce uscì dalle lenti.

Carewe guardò la parte di mappamondo proiettata sul soffitto. Bevve un altro sorso, ma il liquore parve perdere ogni sapore quando si accorse che al centro della mappa luminosa si trovava la città africana di Nouvelle Anvers. Per qualche ragione, Barenboim e Pleeth stavano studiando proprio la minuscola porzione di continente in cui lui per poco non aveva perso la vita.

Spense il proiettore e si risedette in poltrona, ansioso di apparire perfettamente tranquillo prima che gli altri due tornassero.

12

Carewe, che non aveva mai conosciuto un detective privato, studiò Theodore Gwynne con interesse. L’investigatore era uomo piccolo, continuamente in movimento, che doveva essersi disattivato sui cinquant’anni. Possedeva due occhi svegli e un cervello che sembrava preda di un’ossessione perenne: quella di ribattere con una frase spiritosa a ogni cosa detta dagli altri. Carewe lo vide cogliere al volo persino la frase più banale, rivoltarla senza pietà da cima a fondo, per poi saltare fuori con l’immancabile aforisma. Nella biblioteca di Pleeth, ogni scambio di conversazione tra i quattro uomini terminò con uno degli epigrammi di Gwynne, detti a voce bassa e accompagnati da un sorriso vago. All’inizio, Carewe nutriva qualche dubbio sulle doti del detective, poi notò che Barenboim gli si rivolgeva con una certa deferenza, e allora cercò di non farsi sfuggire una sola parola delle risposte di Gwynne.

— Secondo me, Theo, ti stiamo affidando due lavori in un colpo solo — disse Barenboim, pensoso, intrecciando le mani paffute.

— Due lavori, però ti verrebbe un accidente se io ti mandassi due conti. — Gwynne sfoderò un attimo i denti. — Scusa, Hy. Continua pure.

Barenboim sorrise, tollerante. — Ti chiediamo di trovare la moglie di Willy. E poi c’è la faccenda di Willy. È convinto che qualcuno abbia tentato di ucciderlo.

— Terribile. — Gwynne lanciò a Carewe un’occhiata di comprensione. — C’è una sola cosa più deprimente di un tentativo d’omicidio: un tentativo d’omicidio riuscito.

Carewe annuì, dandosi arie da saggio. Si era già accorto che Barenboim avanzava riserve sulla realtà di quegli attentati alla sua vita. Una parte del suo cervello era irritata per il fatto di non essere ancora riuscito a convincere qualcuno del pericolo che correva; però il fuoco gli scaldava i piedi, il whisky che aveva bevuto gli scaldava lo stomaco, e su di lui era sceso un delizioso rilassamento. La stanchezza si era trasformata in un piacere sensuale.

— Non c’è problema — disse, pigro. — Voglio lavorare fianco a fianco con Theo mentre cerca mia moglie. Presumo che così potrà badare anche alla mia salute.

— Il dottor Gwynne, suppongo. — Gwynne si fregò le mani. — Vi manderò anche il conto per l’assistenza medica.

— Ora che ci penso, Willy, tu sei ancora in convalescenza — disse Barenboim. — Sei già stato da un medico?

— Non ancora. Mi sto abituando a usare un polmone solo.

— A me sembra una cosa seria. Manderò un ufficiale sanitario della Farma a darti un’occhiata.

— Non preoccuparti, Hy. — La diffidenza che ormai Carewe provava per ospedali e affini si riaccese di colpo. — Domattina andrò dal mio medico.

— D’accordo. Fai mettere in conto alla Farma.

— Grazie. Hy. — Carewe si accorse di essere quasi sul punto di addormentarsi. — Sarà meglio che rientri a casa.

— Non ce n’è nessun bisogno. — Pleeth, che se n’era rimasto stranamente tranquillo sulla sua poltrona invisibile Regina Vitt, parlava con un’intensità insolita, accarezzando il sigaro d’oro appeso al collo. — Il minimo che possa fare è offrirti un letto.

Carewe scosse la testa. — Preferisco tornare a casa. È lì che Athene si aspetta di trovarmi. — Si alzò, diede il suo numero di casa a Gwynne e tornò alla pallottola. Quando rientrò a casa, le gambe gli tremavano leggermente a ogni passo. Si addormentò appena coricato.

Il mattino, svegliandosi, scoprì che i timori per la sorte di Athene, dissipati con tanta facilità dagli argomenti di Barenboim, erano più forti che mai. Stando alla logica del presidente della Farma, nessuno aveva motivo di fare del male ad Athene, eppure, in base alla stessa logica, nessuno aveva motivo di fare del male nemmeno a Carewe. Invece, nel giro di ventiquattro ore era stato sul punto di morire tre volte. Non aveva fame. Fece una colazione leggera, a base di uova e spremuta di agrumi, poi chiamò lo studio del dottor Westi. Gli fissarono un appuntamento per le dieci. Passò il tempo che gli restava a depilarsi la faccia e a cercare vestiti puliti.