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Lei aprì gli occhi non appena udì il tonfo, e quando vide la scena e il sangue sulle gambe, si sporse dal letto e vomitò. Capii che non mi sarebbe stata di molto aiuto per attirare Aaron nella stanza, così aprii la porta, cacciai fuori la testa, assunsi un’aria preoccupata e dissi: — Aaron, potresti venire un momento, per favore? — Lui lanciò un’occhiata a Lew che stava discutendo con la signora Holmes su quello che succedeva nella camera da letto, e quando Lew gli fece un cenno di assenso, entrò nella stanza. Puntò lo sguardo fra le cosce di Quilla June, e poi al sangue sulla parete e sulla coperta, ad Ira sul pavimento, e aprì la bocca per gridare proprio nel momento in cui io lo colpii. Ci vollero altri due colpi per buttarlo a terra e poi gli diedi un calcio nello stomaco per metterlo fuori combattimento. Quilla June continuava a vomitare.

La presi per un braccio e la trascinai giù dal letto. Almeno era tranquilla, ma Dio se puzzava.

— Vieni!

Lei cercò di fare resistenza, ma io non mollai ed aprii la porta della camera da letto. Quando la spinsi fuori, Lew si alzò in piedi appoggiandosi al bastone. Diedi un calcio al bastone facendogli perdere l’equilibrio e lui cadde come un mucchio di stracci. La signora Holmes ci fissava, chiedendosi dove fosse il suo vecchio. — È là dentro — dissi io, dirigendomi verso la porta. — Il Buon Dio gli ha dato un colpo in testa.

Poi fummo in strada, con Quilla June che lasciava una terribile puzza dietro di sé, continuando ad avere conati di vomito e strillando, e probabilmente chiedendosi dove fossero finite le sue mutandine.

Le mie armi erano in una cassetta chiusa a chiave nell’ufficio dei Migliori Affari, e facemmo una deviazione fino alla pensione per prendere sotto il portico posteriore il piede di porco che avevo rubato al distributore. Poi tagliammo dietro alla fattoria ed entrammo nel quartiere degli affari andando dritti all’UMA. Un impiegato cercò di fermarmi e io colpii quella zucca vuota con il piede di porco. Poi forzai la serratura della cassetta nell’ufficio di Lew e presi la 45, la 30-06 e tutte le munizioni, il coltello e lo stiletto e la mia borsa e la riempii. A quel punto Quilla June era ritornata in sé.

— Dove andremo, dove andremo, oh, Papà, papà, papà…

— Ehi, ascolta, Quilla June, piantala di chiamare Papà. Hai detto che volevi stare con me… be, io vado su, baby, e se vuoi venire con me è meglio che mi resti appiccicata.

Era troppo spaventata per obiettare.

Uscii dall’ingresso del negozio ed ecco quella scatola verde di sentinella che arriva a razzo. I cavi erano fuori, ma i guanti non c’erano più. Aveva degli uncini.

Mi lasciai cadere su di un ginocchio, arrotolai la cinghia del 30-06 sul braccio, presi la mira e sparai al grande occhio sul davanti. Un colpo solo, spang!

Colpito all’occhio, l’aggeggio esplose in una cascata di scintille e la scatola verde piegò di lato sfondando la vetrina del Mill End Shoppe, stridendo e gemendo e riempiendo il negozio di scintille e fiamme. Carino.

Afferrai Quilla June per un braccio e mi diressi verso l’estremità sud di Topeka. Era l’uscita più vicina che avessi trovato durante le mie esplorazioni e ci arrivammo in circa quindici minuti, ansanti e deboli come gattini.

Ed eccolo là.

Il grosso condotto di aerazione.

Forzai le ganasce con il piede di porco e ci arrampicammo all’interno. C’erano delle scale a pioli che salivano verso l’alto. Era ovvio che ci fossero. Riparazioni, pulizie. Dovevano esserci. Cominciammo ad arrampicarci. Ci volle molto, molto tempo.

Dietro di me, Quilla June continuò a domandarmi tutte le volte che diventava troppo stanca per arrampicarsi: — Vic, mi ami? — Continuai a risponderle di sì. Non solo perché l’amavo davvero. L’avrebbe aiutata a salire.

IX

Uscimmo ad un chilometro dallo scivolo di accesso. Sparai alle calotte dei filtri e ai bulloni del portello e ci arrampicammo fuori. Avrebbero dovuto essere più furbi, là sotto. Non si fotte Jimmy Cagney.

Non si può.

Quilla June era esausta. Non la biasimavo. Ma non volevo passare la notte all’aperto; c’erano cose là fuori che non avrei voluto incontrare nemmeno di giorno. Stava diventando buio.

Ci dirigemmo verso lo scivolo di accesso.

Blood stava aspettando.

Sembrava debole, ma aveva aspettato.

Mi chinai e gli sollevai la testa. Lui aprì gli occhi e disse: — Ehi! — molto debolmente.

Gli sorrisi. Gesù, era bello vederlo. — Siamo ruisciti a tornare.

Cercò di alzarsi ma non ci riuscì. Le ferite erano in uno stato terribile. — Hai mangiato? — chiesi.

— No. Ho preso una lucertola ieri… o forse era l’altro ieri. Ho fame, Vic.

A quel punto Quilla si avvicinò, e lui la vide. Chiuse gli occhi. — È meglio che ci sbrighiamo, Vic. Possono salire dallo scivolo.

Cercai di sollevare Blood. Era un peso morto. — Ascolta, Blood, andrò a piedi in città e prenderò del cibo. Tornerò presto. Tu aspetta qui.

— Non andare, Vic — disse. — Ho fatto una ricognizione il giorno dopo che tu sei sceso sotto. Hanno scoperto che non siamo arrostiti in quella palestra. Non so come. Forse i loro bastardi hanno fiutato la traccia. Sono rimasto di guardia e loro non hanno cercato di inseguirci. Non li biasimo. Tu non sai cosa vuol dire stare qui fuori di notte, ragazzo… tu non sai…

Ebbe un fremito.

— Calma, Blood.

— Ma ci danno la caccia in città, Vic. Non possiamo ritornarci. Dovremo trovare qualche altro posto.

Questo cambiava le cose. Non potevamo tornare, e con Blood in quelle condizioni non potevamo andare avanti. E io sapevo, com’è vero che sono un singolo, che senza di lui non ce l’avrei fatta. E qui non c’era niente da mangiare. Lui doveva avere del cibo, subito, e delle cure. Dovevo fare qualcosa. Subito.

— Vic — la voce di Quilla June era acuta e lamentosa, — muoviti! Se la caverà. Noi dobbiamo fare in fretta.

La guardai. Il sole stava tramontando. Blood tremava nelle mie braccia.

Lei assunse un’espressione imbronciata. — Se mi ami, vieni!

Non avrei potuto farcela da solo qua fuori senza di lui. Lo sapevo. Se l’amavo. In quella caldaia mi aveva chiesto: sai che cos’è l’amore?

X

Era un fuoco piccolo, non abbastanza grande per essere individuato da qualche banda dai sobborghi della città. Niente fumo. E dopo che Blood ebbe mangiato la sua parte, lo trasportai al condotto dell’aria un chilometro più in là e passammo la notte lì dentro, su di un piccolo ripiano. Lo tenni stretto tra le braccia, tutta la notte. Il mattino dopo lo curai a dovere. Ce l’avrebbe fatta; era forte.

Mangiò di nuovo. Era rimasta un sacco di roba dalla notte precedente. Io non mangiai. Non avevo fame.

Quel mattino ci mettemmo in marcia attraverso quella zona sconvolta e desolata. Avremmo trovato un’altra città. Ce l’avremmo fatta.

Dovevamo andare piano, perché Blood zoppicava ancora. Ci volle parecchio prima che smettessi di sentire le parole di lei risuonarmi nella testa. E mi chiedevano, mi chiedevano: sai che cos’è l’amore?

Certo che lo so.

Un ragazzo ama il suo cane.