I pescatori lo fissavano a occhi sgranati, le facce immobili. Qualcuno accennò una risatina. Seduta a un tavolo, Ami piegò la testa sulle braccia e rise fino alle lacrime.
«Una foca! Razza di balordo col cervello di gambero, tuffarsi in alto mare per far capriole con una foca!»
«Non era una foca!»
«La prossima volta sarà il Re dell’Oceano in persona che ti soffia la sua conchiglia diritta nell’orecchio…»
«Per poco non annegavo!» protestò Tull, sdegnato: ma a quel punto stavano tutti ridendo così forte che non lo sentivano neppure.
Stringendosi al petto la pagnotta calda, come per trarne conforto, Fiord sgusciò via rapidamente: e nello sguardo che lanciò a Tull ed Enin, prima di uscire, non c’era barlume di sorriso.
Poi fu la volta di Bel e Ami. Se ne arrivarono una sera litigando furiosamente per una rete persa: da quanto si riuscì a capire, avevano pescato qualcosa che Ami si era rifiutata di tirare a bordo.
«Era un vecchio pesce martello, morto stecchito!» dichiarò Bel con una smorfia di disgusto.
«Era un bambino!» gemette Ami. «Un sirenotto luccicante, con le squame bianco-verdi, catturato nella rete insieme agii altri pesci. Pensavo che fosse morto, ma lui ha aperto gli occhi e mi ha sorriso…»
«E quella scema ha lasciato ricadere la rete!» sbottò Bel. «Era così pesante che da sola non ce la facevo a trattenerla, come se qualcuno la tirasse giù. Ami stava strillando a più non posso, e così ho dovuto mollare anch’io. Sirenotto un cavolo! Non era altro che un vecchio squalo morto. Col bel risultato che adesso ci serve una rete nuova!»
Nel corso della settimana successiva, a una buona metà dei pescatori capitò qualche brutta avventura durante le battute di pesca: e nessuno aveva più voglia di ridere, adesso. Ce n’era uno che aveva quasi sfasciato la barca sugli scogli nel tentativo di raggiungere due incantevoli sirenette che si asciugavano al sole le lunghe chiome. Un altro, seguendo i cenni d’invito di una vaga figura che da una barca lo guidava verso un favoloso banco di pesci, si era spinto pericolosamente lontano dalla costa, e qui aveva visto la misteriosa imbarcazione dibattersi tra i flutti e poi affondare: nello stesso punto dove, molti anni prima, era naufragata una barca straniera.
I misteriosi avvistamenti si susseguivano giorno dopo giorno: candidi mostri marini che da un groviglio di alghe protendevano lunghi tentacoli; grandi navi fantasma di un passato ormai dimenticato, che emergevano silenziose dalle onde per veleggiare tra i pescherecci come ombre gelide e nebbiose. I pescatori uscivano in mare sempre più di rado; la locanda era più che mai frequentata, e l’oste faceva fatica a mantenere sufficienti scorte di birra. Peggio di tutto, gli ospiti estivi avevano avuto sentore di quelle storie, e se le passavano l’un l’altro fra grandi risate.
«Diventeremo gli zimbelli dell’isola» osservò cupamente Enin, affacciandosi a salutare le ragazze. «Ancora un po’, e saremo talmente spaventati che non oseremo neppure bagnarci i piedi nella risacca, figuriamoci lasciare il porto!»
«Rivogliono indietro l’oro» disse Marli, con tranquillo buon senso.
«Ma noi non l’abbiamo!»
«Lo so.»
«Quello zuccone di mago l’ha trasformato in fiordalisi…»
«Lo so.»
«Be’? E allora cosa pensi che dobbiamo fare?»
Marli stava pulendo la griglia del camino; sospese un attimo il lavoro e alzò gli occhi: «Secondo me bisogna scovare il mago prima che il mare vi respinga sulla terraferma una volta per tutte. Ma visto che non avete dato retta a quel che dicevo…» aggiunse, e riprese furiosamente a spalettare, sollevando una nuvola di cenere.
«Andiamo, Marli…» disse Enin, tossicchiando.
«… Mi sembra improbabile che cominciate a farlo adesso.»
«Dove pensi che sia finito, il mago?»
«L’hai trovato una volta, no? Puoi benissimo trovarlo un’altra volta.»
Enin sospirò: «Diventeremo la favola del paese. Tutti ci rideranno dietro.»
«Dici? Chi è che sta più ridendo, al villaggio? Era davvero l’oro, la causa di tutto? si chiedeva»
Fiord tornando alla capanna. O non era piuttosto il figlio del re che il mare rivoleva indietro, di nuovo incatenato, e ignaro di ogni linguaggio umano? E quella notte sarebbe venuto da lei, come ogni notte. Si stava ormai abituando, Fiord, a farsi svegliare nel buio dalla sua voce gentile che diceva le cose più imprevedibili. Un brivido gelato le serpeggiò lungo la schiena, anche se l’aria era tiepida e dolce. Il mare stava tormentando i pescatori, adesso. Quanto tempo doveva passare, prima che trovasse la strada della sua capanna?
Lyo aveva liberato il drago dalla catena d’oro, ma non dal mare. E il drago non poteva vivere sulla terra più di quanto il suo fratellastro potesse vivere nell’acqua.
Chi poteva aiutarli? C’era una soluzione, per l’uno o per l’altro? Dov’era Lyo?
Si fermò in mezzo alla spiaggia: non riusciva più a pensare, da quanto si sentiva impotente e preoccupata. Poteva solo gridare, con tutte le sue forze, disperatamente, senza aspettarsi risposta.
«Lyo!»
«Che c’è?» disse la voce del mago, al suo fianco. Il grido divenne un urlo, e Fiord sobbalzò così violentemente che parve librarsi in aria, agli occhi di Lyo. I molluschi che teneva nel grembiule si sparpagliarono sulla sabbia. Lyo si chinò a raccoglierli, e quando Fiord ricadde a terra e abbassò lo sguardo su di lui, lo vide tremare tutto.
«Lyo, dov’eri?»
«Qui» rispose, con una strana tensione nella voce. S’acquattò di nuovo, come a sfuggirla, mentre un gorgoglio strozzato gli usciva dalla gola.
«Be’? Perché non me l’hai detto?»
«E tu perché non mi hai chiamato prima?»
«Come facevo a sapere che saresti venuto?»
«Scusami…» si rimise in piedi, passandosi una mano sugli occhi; poi sorrise. «Eri così… Oh, Fiord, per un attimo ti si sono rizzati tutti i capelli: sembravi un istrice gigante. Non avevo mai visto una cosa simile!»
«Un istrice! Figuriamoci!» ma anche lei sorrideva, rinfrancata dalla sua voce allegra e dalla danza segreta dei suoi occhi. Allargò il grembiule perché Lyo vi gettasse i molluschi appena raccolti. «Lyo, sta succedendo qualcosa, nel mare.»
«Lo so. Ho sentito le storie che si raccontano.»
«Hai notato qualcosa, mentre stavi col drago?»
«No.»
«È lui, il drago, che il mare rivuole indietro.»
«Dici?»
«Che cos’altro potrebbe aver provocato il suo sdegno? I pescatori pensano che tutto questo sta succedendo perché hanno cercato di rubargli l’oro.»
«Già» un ironico sorrisetto gli incurvò un angolo della bocca. «E adesso vogliono me, perché rimetta al suo posto la catena…»
«Ma se lo fai…»
«Non intendo farlo.»
«Ma se non lo fai, finirà che i pescatori saranno così terrorizzati che non usciranno più a pesca. E devono pur guadagnarsi da vivere.»
«Lo so.»
«E allora? Cosa farai?»
Attorcigliandosi i capelli tra le dita, il mago sorrise. Poi lasciò vagare lo sguardo sulle onde che sciabordavano pigre contro le guglie: «Be’, sappiamo che esistono dei sentieri tra la terra e il mare. La madre di Kir ne ha trovato uno. E io ho passato un po’ di tempo a studiare un modo perché gli uomini possano raggiungere quel paese segreto in fondo al mare…»