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«Piangi» bisbigliò Fiord. «Stai piangendo lacrime. I figli del mare non piangono.»

«Lacrime.»

«Sei triste. Qui» si mise una mano sul cuore. «Cos’è che ti fa piangere?»

Il drago tornò a scrutare il fuoco, come se nel lento turbinio delle fiamme vedesse un mondo che lei non poteva immaginare: «Non ho le parole» sussurrò. «Tu insegnami.»

«Quali… quali parole ti servono?»

«Tutte le parole che ci sono in fondo al mare.»

Non sapendo come risolvere il problema, la sera dopo Fiord si fermò sulla spiaggia e chiamò il mago dal suo segreto nascondiglio; l’aveva sorpreso nel mezzo di uno spuntino, evidentemente, perché quando apparve stava ancora masticando. Le offri un pezzo di pane e formaggio.

«Lyo» disse Fiord, a bocca piena.

«Sì?»

«Dove stai, quando non sei qui?»

«Oh…» indicò la scogliera. «Da quelle parti. C’è un boschetto dietro i ginestroni. Dimmi, che c’è?»

«Ho bisogno di qualcosa.»

«Cosa ti serve?»

«Qualcosa che contenga parole.»

«Un libro?» suggerì Lyo. Fiord gli gettò uno sguardo dubbioso. Allora lui aggiunse, delicatamente, cercando di trattenere il sorriso: «Sai leggere?»

«Naturale che so leggere» ribatté Fiord, con un’occhiataccia. «Tutti sanno leggere. È solo che… dopo che hai imparato, è una cosa che non fai più.»

«Oh!»

«Non in questo villaggio, per lo meno. Mia madre ha un libro, e lo usa per metterci dentro i fiori da appiattire. Ma non è quello che mi serve.»

«Cosa…»

«Mi serve qualcosa per il drago. Lyo, la mia casa è troppo piccola. Non ci sono più parole. Lui vuole dirmi qualcosa del paese sotto il mare, ma non sa le parole, e io non posso insegnargliele, perché non so che cosa sta vedendo.»

«Oh!» esclamò Lyo, illuminandosi. Poi i suoi pensieri s’allontanarono da Fiord, e gli occhi s’incupirono in un’espressione remota. «Ma…» aggiunse, tornando a lei «… ma devi stare molto attenta.»

«Attenta a cosa?»

«Al libro.»

«Quale libro?»

«Zitta un po’… Fai molta attenzione, Fiordaliso. È il libro degli incantesimi. Non leggerlo, guarda solo le figure. Dovrebbero aiutarti. E promettimi che non cercherai di pronunciare le formule magiche.»

«Te lo prometto» disse lei, sgomenta ma affascinata.

«Guarda che parlo sul serio. Potresti farti cadere tutti i capelli, o trasformarti in chissà che.»

«Un fiordaliso?»

Lyo scoppiò a ridere, dimenticando la gravità con cui l’aveva esortata: «Forse.»

«A proposito, Lyo. L’hai fatto apposta, a trasformare quell’oro in fiordalisi?»

Gli occhi del mago si fecero chiari, scherzosi, e lei non poté fare a meno di sorridere. «Be’… in effetti avevo il tuo nome in mente.»

«L’hai fatto apposta, allora.»

«Che luogo noioso sarebbe il mondo se venissero rivelati tutti i suoi misteri!… Aspettami un momento.» Svanì, lasciando sulla sabbia la sua ombra, o almeno così sembrò agli occhi sbigottiti di Fiord. Quando ritornò, poco dopo, aveva un grosso libro nero sotto il braccio: «Elementi introduttivi per un approccio al mare» disse, porgendole il volume. Le loro mani parvero offuscarsi un poco, sul nero della copertina. Poi Lyo mormorò alcune parole, e nel libro apparve un confuso tremolio di righe, che subito si fermarono, facendosi nitide: «Ecco, ora è aperto. È una specie di abbecedario per apprendisti stregoni.»

«Oh.»

«Non preoccuparti» la rassicurò. «Ci sono una quantità di illustrazioni.» Parve sul punto di aggiungere qualcosa, ma s’interruppe; scostò col piede una medusa morta sulla sabbia. «Chiamami, quando hai bisogno di me.»

«Come fai a sentirmi, da lassù?»

«Facilissimo. La tua voce viene dal nulla, mi aggancia per il colletto come un amo da pesca, e mi trascina da te.» Fiord rise, sentendosi improvvisamente avvampare. Lui la ricambiò col suo rapido, obliquo sorriso, poi tornò serio. «Fai molta attenzione» ripeté. E scomparve.

Il libro aveva disegni fantastici. Seduta sul gradino del focolare, Fiord passò la serata a sfogliarne le pagine, una dopo l’altra, lentamente. Cerano formule misteriose, ciascuna accompagnata da un’illustrazione. A una prima occhiata sembravano semplici disegni, ma guardandoli più a lungo cominciavano a muoversi. Creste d’onda che si gonfiavano, vento che sollevava spruzzi di spuma e li rovesciava come pioggia sulla superficie del mare: «Come ottenere una piccola burrasca». Sirene che nuotavano tra languide foreste d’alghe: «Come attrarre l’attenzione di taluni abitanti del mare». Tra un mare immobile come vetro e un caldo cielo senza vento si gonfiava una vela di nave: «Come suscitare una brezza nella bonaccia». Un elegante cavallo nero galoppava sul ciglio della marea: «Come riconoscere taluni pericoli del mare». Kir, pensò Fiord, riconoscendolo. Il bruno cavaliere uscito dal mare…

Si addormentò su quella pagina. Si svegliò alcune ore dopo, intorpidita, col focolare ormai freddo; inginocchiato davanti a lei, il drago le domandava perplesso: «Cosa stai facendo?»

Rapidamente accese il fuoco, e nella luce tremolante delle fiamme mostrò al drago le strane, mobili immagini del libro.

«Guarda» gli disse. «Il libro di Lyo.»

«Libro.»

«Questi sono disegni. Queste sono parole.» Il drago guardò con espressione dubbiosa le formule scritte nel libro, caratteri evanescenti che per lui non significavano nulla: ma sembrava affascinato dalle illustrazioni. Nuotavano tra le pagine infiniti pesci e creature marine. Ogni tanto ridacchiava, riconoscendoli, e li indicava a Fiord perché ne dicesse il nome.

«Medusa. Balena. Delfino…»

Voltò una pagina che a prima vista sembrava semplicemente rappresentare i fondali marini, con alghe giganti, colonie di coralli, molluschi, variopinte chiocciole di mare sparpagliate sulla sabbia. Poi il disegno mutò, come se un’onda improvvisa avesse sollevato i banchi d’alghe, rivelando una foresta di pallide, luminose torri di conchiglie e perle; sentieri di perle si ramificarono sulla sabbia e i brillanti gusci dei molluschi divennero monete d’oro e gemme sparse lungo i sentieri, come se fossero cadute da antiche navi naufragate e poi imprigionate, ne! loro freddo affondare, tra le pieghe di grandi scogli subacquei. Sbigottita, Fiord si chinò a scrutare quel nuovo paesaggio. C’era qualcuno che camminava su uno dei sentieri? Una figura di donna, forse, in abito di perle, lunghe chiome ondeggianti, adorne di minuscole stelle e anemoni marini?

Bianco in volto, il drago mandò un gemito, e la sua mano aperta calò sulla pagina, come per nasconderla alla vista.

«Catena» bisbigliò. Guardò Fiord, disperatamente, lottando per trovare le parole: ma erano ancora intrappolate dietro i suoi occhi, malgrado gli sforzi di Fiord. «Qui.» La donna avanzò di un passo, lentamente; e l’acqua di nuovo inondò il disegno, nascondendo il magico reame. Ma il drago lo vide ancora, celato dietro la nera cortina d’alghe: «Qui. Cominciava qui.»

Capitolo nono

Il mattino dopo, Fiord trovò sulla soglia una perla nera.

Il suo grido fece accorrere Lyo, allarmatissimo, dal boschetto segreto dietro i ginestroni: in un lampo fu da lei, spazzandosi sterpi e foglioline dai capelli, gli occhi così cupi che sembravano neri come la perla. Gliela tolse di mano, silenziosamente, mentre Fiord farfugliava parole sconnesse, e la esaminò con attenzione. Aveva le dimensioni di una ghianda, la forma perfettamente sferica e una bruna lucentezza di seta.