Lyo spostò lo sguardo su di lei, sbalordito. Un gabbiano dagli occhi rosso-sangue era sbucato dal nulla, appollaiandosi sulla sua spalla. «Chiediglielo tu» disse.
Sporgendosi dal fianco della barca, Fiord si chinò a scrutare la donna, quella strana donna con gli occhi di Kir, che ondeggiava nel mare con la leggerezza di un raggio di luna: «L’hai fatto?» bisbigliò. In quell’immobile densa foschia, anche una lacrima, cadendo nell’acqua, avrebbe suscitato un’eco. «Sei tu che hai sbalzato mio padre dalla barca, mentre era fuori a pescare? Mia madre pensa di sì. Mia madre cerca il paese sotto il mare. Pensa che lui si trovi lì, adesso, e che sia stata tu a trascinarlo laggiù, mandandoci a casa la sua barca, vuota.»
La donna le ricambiava fermamente lo sguardo, gli occhi segreti, senza fremiti. Parlò di nuovo: la sua voce pareva un gocciolio d’acqua che cadesse in un luogo nascosto.
«Cos’ha detto?»
«Dice che da molti anni nessuno del mondo dell’aria è sceso nel regno del mare.» Il gabbiano intanto gli stava beccando l’orecchio; Lyo scosse la spalla, irritato, e l’uccello volò via con una risatina beffarda.
«È uscito in mare, e non è più tornato.»
«Succede a molti pescatori» disse Lyo, dolcemente. «Sono rischi che sanno di correre.»
La donna aggiunse qualcos’altro, continuando a chiudere e aprire la mano con la perla. Fiord non riusciva a dipanare le sue parole dal mormorio delle onde.
«Dice che se tuo padre avesse gettato il cuore nel mare, in questo reame vagherebbe anche il suo corpo» tradusse Lyo. «Ma il suo cuore torna ogni notte nel porto, con la barca. Le sue ossa possono trovarsi nel mare, ma il suo cuore rimane là dov’è sempre stato, tutta la vita.»
Fiord restò in silenzio. La donna continuava a studiarla intensamente, anche lei silenziosa. Il “Riccio” era sempre fermo nello stesso punto, la prua rivolta verso lo stesso groviglio di ginestroni, sulla lontana scogliera: era la donna a tenerla ferma. Un’ondata di spuma le offuscò il viso, per un attimo, e i capelli ondeggiarono come una pallida fiamma. Parlò di nuovo.
«Dice che non ha alcun motivo d’astio con i pescatori.»
«Neanche se volevano il suo oro?»
«Dice che nel suo paese l’oro cade da navi perdute, così come sulla terra cade la pioggia. Per lei conta ben poco: è opera di uomini, e appartiene al mondo che sta sopra il mare.»
«Dunque non lo rivuole indietro?»
Spuntò dall’acqua la mano fino allora nascosta, e lanciò nella barca un piccolo oggetto d’argento: cadde ai piedi di Fiord, facendola sussultare. Fu Lyo a raccoglierlo.
«Un anello…» disse. La sua voce era di nuovo tesa. «Ci sono delle lettere…»
«KUV» mormorò Fiord, in un soffio. «È l’anello del re. Sono io che l’ho gettato nel mare.»
«Ma naturalmente! Avrei dovuto immaginarmelo! Le giovani sguattere se ne stan sempre lì a gettare in mare anelli di re…»
«È stato Kir a portarmelo…» Spalancò gli occhi, e affannosamente aggiunse: «Lyo, dille di Kir!»
«Sa di Kir. È sua madre, no? È lei che l’ha dato al re, quando è nato… Per cosa credi che siano scoppiate tutte le burrasche di questi ultimi giorni?»
«Ma dille…» s’interruppe; d’impulso, sporgendosi dalla barca fino a inclinarla su un fianco, gridò: «Si tratta di Kir! Kir vuole venire da te! Ti prego, lascialo venire! Ti prego…»
«Fiord!» urlò Lyo. Pallide mani si erano protese ad afferrarla per i polsi, e la trascinavano giù, giù, finché il “Riccio” fu quasi rovesciato: e i suoi capelli fluttuavano nelle onde, e il suo viso era sommerso nell’acqua gelida. Fiord cercò di divincolarsi, cercò di gridare, ma inghiottì altra acqua. Poi il “Riccio” ebbe un brusco sobbalzo all’indietro, e Fiord rotolò sul fondo della barca, boccheggiando e grondando acqua dagli occhi, dal naso, dai capelli. La prua era libera, adesso, e la nebbia sembrava assottigliarsi. Fiord rimase rannicchiata sul fondo della barca. Sbalordito, Lyo le stava fissando le mani.
«Cos’è che stringi fra le mani?»
Fiord batté le palpebre, abbassò gli occhi… Ragnatele di luce sottile, attaccate a cerchi e quadri irregolari di sterpi e alghe secche… Si asciugò il naso nella manica, e guardò ancora, incredula. Nel cuore di ogni ragnatela brillava una minuscola luna bianca, chiara come cristallo… Le mancò il respiro.
«I miei malefici!»
«I tuoi… cosa?»
«I miei malefici. Erano ghirlande che avevo fatto per maledire il mare. Lyo, guardale!»
«Le sto guardando» disse Lyo, sconcertato.
«Le avevo cucite con filo nero, e lei l’ha trasformato in raggi di luna!»
«Aspetta un momento…»
«E non c’era dentro nessuna luna, quando le ho gettate in mare, legate all’anello del re… Pensavo che il drago se le fosse mangiate!»
La nebbia s’era dissolta, e la barca dondolava pericolosamente vicina alle guglie. Lyo si gettò sui remi, lottando contro la marea. Gabbiani stridevano sopra di loro, volteggiando in cerchio; una lontra marina, che schiacciava una conchiglia col ventre premuto alla roccia, si fermò un attimo a guardarli, curiosa. Lyo le fece un amichevole cenno di saluto, poi si rivolse a Fiord: «Sarà meglio che tu cominci dal principio. Cominciamo con la parola malefici. Chi ti ha insegnato a farli in quella forma?»
«La vecchia.»
«Quale vecchia?»
«La vecchia che è scomparsa, quella che stava nella casa dove ora abito io. È lei che me l’ha insegnato. Li ho fatti per maledire il mare, perché mi aveva preso mio padre… ed è stato allora che ho visto il drago per la prima volta…»
«Quando…»
«Quando li ho gettati nell’acqua. Anche Kir la stava cercando; la vecchia, voglio dire… e un giorno mi ha trovato sulla scogliera mentre disegnavo sulla sabbia i miei… ecco, i malefici…»
Lyo ritrasse i remi sugli scalmi e vi appoggiò le braccia: la barca continuò ad avanzare per conto proprio. «Kir conosceva la vecchia?» domandò.
«Dice che una volta era uscita a guardare il mare insieme a lui. Voleva parlarle; dice che lei conosceva le cose. Ma lei era già andata via.»
«Via dove?»
«Via. È andata via e non è più tornata.» Fece un breve sospiro, guardando la capanna nella sua cornice di ginestroni.
«Quanta gente ti ha lasciata, in quest’ultimo anno!» mormorò Lyo, dolcemente.
«Sì» annuì Fiord. «Anche mia madre. Non che sia proprio partita, ma… È come dicevi tu: è andata a fare un viaggio nel mare, con la mente. Ma non è ancora tornata indietro. Ad ogni modo, quando Kir mi ha trovata a far ghirigori sulla sabbia, mi ha chiesto di gettare in mare un messaggio, a nome suo.»
«Che messaggio?»
«C’erano delle piccole cose, tra cui l’anello di suo padre.»
«Ah…» sussurrò il mago, quasi tra sé. Aveva ancora le braccia puntellate ai remi; e gli occhi, per chissà quale motivo, erano grigi come ali di gabbiano. «E adesso il mare ti ha reso l’anello del re, e le tue ghirlande malefiche…»
«Ma le ha cambiate. Erano bruttissime, prima, tutte contorte e nere… orrende, proprio come volevo che fossero. E adesso sono piene di magia!»
Lyo ne toccò una, curiosamente: «È vero» bisbigliò, scacciando alcuni uccelli che si erano posati sui remi.
«Ma perché? Perché le ha restituite?»
«Perché il vento, perché il mare…? Te le ha rese per un’ottima ragione.»
«Quale ragione?»
«Non ne ho la più pallida idea» disse lui, e tornò a tuffare i remi nell’acqua. Poi i suoi occhi fissarono qualcosa alle spalle di Fiord, si strinsero, mutarono colore: «Guarda!»
Fiord si voltò e vide all’orizzonte la grande nave del re, le vele bianco-oro spiegate nel vento, la prua puntata verso il villaggio.