Fiord lasciò aperta la metà superiore dell’uscio, affacciandosi a guardare la vaga figura inondata di luna, che attraversava la spiaggia. Inaspettatamente Kir le venne vicino, cingendola tra le braccia, il viso premuto sui suoi capelli, e guardò con lei. Alle loro spalle, anche il re guardava. Il drago raggiunse il limitare della marea; lasciò cadere il mantello di Kir e avanzò nudo nella risacca, pallida figura inondata di luna, che diventava via via più grande e buia.
Nel profondo silenzio un rametto scricchiolò, facendoli sobbalzare. Rivolgendosi impetuosamente a Lyo, il re gridò: «Fa’ qualcosa!»
Lyo annuì: appariva deciso, ma vagamente perplesso.
«Ci vuole la luna piena» osservò Fiord, ricordando la formula magica letta nel libro, e Lyo le scoccò un’occhiata severa.
«Non funzionerà, con me» mormorò Kir, di nuovo scoraggiato.
«Dovrebbe funzionare, invece» disse Lyo. «Quelle formule si trovano nel libro degli incantesimi proprio perché funzionano. Ecco perché…» chiuse il libro e lo fece scomparire: presumibilmente, pensò Fiord, in qualche cespuglio segreto.
Kir aveva gli occhi inchiodati sul mago: «Un dono… C’è scritto che devo…»
«Ah!» Lyo scosse la testa. «Questo vale per i maghi. Tu hai il desiderio del tuo cuore: dovrebbe essere quello, il tuo sentiero. Tu stesso sei il dono.»
«Ma lei non ha… non vuole…»
Lyo prese a scompigliarsi i capelli, nervosamente: «Lo so. É una cosa che non capisco. Quelle ghirlande! Ci ha restituito le ghirlande perché potessimo servircene. Sono vitali, sono necessarie…»
«E come…»
«Non lo so. Non lo so ancora, per il momento» sospirò. «Posso solo tentare.»
«Quando?» chiese il re.
«Tra cinque notti. Quando la luna sarà piena. Mi troverete davanti alle guglie.»
Kir annuì, senza parlare. Stancamente, il re gli posò una mano sulla spalla: «Vieni a casa, figliolo, finché mi rimangono ancora questi pochi giorni con te» disse. «Sarai magari consumato dal desiderio di tornare ai tuoi abissi, ma io ti ho avuto per diciassette anni, e lasciandomi ti porterai via ciò che ho di più caro. Se il mare esige un dono, sarò io a offrirglielo.»
Kir abbassò la testa. Sempre in silenzio, si avvicinò a Fiord e la baciò sulla guancia; poi le sollevò il viso tra le mani, scrutandola negli occhi. “Non sarà facile” dicevano i suoi occhi “non sarà facile lasciarti”. «Ma devo» disse, e uscì con suo padre.
«Il mago è tornato» annunciò Fiord, con noncuranza, mentre riempiva il secchio alla pompa del cortile, il mattino dopo.
Marli fece un sospiro di sollievo: «Grazie al cielo! I pescatori potranno riprendere il lavoro.»
Carey saltellava tutta eccitata: «Farà qualcosa per renderci l’oro?»
«Quanto all’oro, non saprei» disse Fiord. «Ma penso che metterà fine alle strane cose che succedono sul mare.»
«E l’oro?»
«Non ne ha parlato.»
«Ma perché non…» Carey s’interruppe, fissandola con sorpresa. «Perché è venuto da te? Dov’è che l’hai visto?»
Fiord finì di riempire il secchio e lasciò il posto a Marli: «Siamo usciti insieme col “Riccio” ieri mattina. Sì, credo che fosse ieri mattina.» Improvvisamente le pareva trascorsa un’infinità di tempo. Si rivolse a Marli: «Puoi riferire a Enin che il mago è tornato.»
«D’accordo.» Anche Marli la stava scrutando incuriosita, come se cominciasse a intravedere la magica foschia in cui Fiord si muoveva: una foschia dove i draghi si trasformavano in principi ai suoi piedi, e i re bussavano alla sua porta. «Non so perché, ma ho la buffa sensazione che tu ne sappia più di quanto dici, in fatto di oro, e maghi, e mostri marini…»
Fiord le ricambiò lo sguardo in silenzio, afferrando il secchio; già aveva le scarpe e l’orlo del vestito inzuppati d’acqua.
Marli scosse adagio la testa, come a respingere l’inquietante visione che s’era insinuata nei suoi pensieri: «No, lascia perdere» disse. «Era un’idea stupida.» Riempì a sua volta il secchio.
Fiord fissava il luminoso mare del mattino, la gola stretta in un nodo di sofferenza: pensava a Kir, e alla sua vita senza Kir, senza il drago. Un’interminabile successione di secchi e strofinacci… Per la prima volta capì Carey. Un luccicante sentiero dorato s’allontanava dalla locanda, per portare a… a cosa? A dove? Ma era da lei che erano venuti, i due principi, dalla piccola sguattera senza oro: e nessun oro al mondo le avrebbe mai comprato quella cosa: il magico bacio del mare.
«Sveglia, ragazzina!» disse Marli.
Con un sospiro, Fiord sollevò il secchio.
Capitolo dodicesimo
Cinque notti dopo Fiord sedeva alla finestra, le braccia piegate sul davanzale, ad aspettare la luna, ad aspettare Kir. Piano piano abbandonò la testa sulle braccia e cedette al sonno; si svegliò bruscamente, ore dopo, inondata di luce. Una gran luna piena veleggiava alta sopra le guglie, e onde pigre spumeggiavano in cascatelle d’argento prima di rovesciarsi sulla sabbia.
Scorse il cavaliere bruno in fondo alla spiaggia, e una lama di fuoco le bruciò la gola. “Forse…” una voce sottile le bisbigliava nella mente “… forse l’incantesimo di Lyo non funzionerà, forse Kir sarà costretto a rimanere… Ma anche se fosse rimasto, sarebbe sempre tornato sul ciglio della marea, fra le conchiglie vuote, a cercare il suo cuore perduto negli abissi.”
Un secondo cavaliere lo raggiunse: il re. Entrambi fissavano l’abbacinante sentiero di luce che s’insinuava tra le guglie.
Fiord apri la porta, trovando Lyo fermo davanti alla capanna. Anche lui fissava il mare. Aveva le mani piene di piccole ghirlande.
«Cosa ne pensi?» le chiese. «Una sola? Tutte?»
«Una di che?»
«Le ghirlande.»
«Non avrai mica intenzione di gettare un altro maleficio sul mare?» ribatté lei, perplessa.
Lyo sorrise.
«Spero di no.»
Fiord tornò a guardare Kir, lasciandosi sfuggire un breve sospiro silenzioso. Lyo le diede una pacca gentile sulla spalla: «Su, vieni» disse, e s’incamminò verso i due cavalieri.
Il tratto di spiaggia fra la capanna e il mare, tra lei e Kir, sembrava essersi dilatato, e la sabbia, cosparsa di alghe e detriti, le ostacolava il passo; quando raggiunse l’orlo della risacca le parve di aver compiuto un lungo, lungo viaggio.
Kir distolse lo sguardo dal mare e scivolò da cavallo, venendole incontro. La tenne stretta fra le braccia, in silenzio; e Fiord s’abbandonò al suo abbraccio, mentre le lacrime le rigavano il viso. Poi Kir si staccò da lei, le prese una mano e vi posò un piccolo oggetto.
«Cos’è?» domandò Fiord. La sua voce era roca, spezzata, come se avesse pianto a lungo.
«È la perla nera» mormorò lui. «La perla che non oserò mai portarti quando sarò nel mare.» Le raccolse i capelli tra le mani, e la baciò sulle guance, sulla bocca. Fiord sollevò il viso, a incontrare i suoi occhi scintillanti di luna.
«Sii felice» bisbigliò. Percepiva acutamente il fruscio delle onde, che rotolavano verso di lei, si ritraevano, di nuovo s’avvicinavano, ammiccanti. E di nuovo le salì nella gola quell’affilata lama di sofferenza. «Quando sarò vecchia…» aggiunse «… più vecchia della donna che mi ha insegnato i malefici, torna da me.»
«Lo farò.»
«Promettimelo. Promettimi che quando sarò vecchia mi porterai perle nere e canterai per me.»
Con dita tremanti gli sfiorò il viso, gli occhi: ma già i pensieri di Kir s’allontanavano da lei, si ritraevano insieme alla marea.
Lasciò cadere le mani: vuote, a parte la perla nera. Kir le diede un ultimo bacio, e Fiord fu sola.
Arretrò d’un passo, barcollando, e Lyo fu pronto a sostenerla.
Lentamente il re li raggiunse e smontò da cavallo: «Non so se verrà» disse a Lyo.