— È Stronzio in persona! — decise Owen. — Le leggende sono vere! I Diavoli Gemelli sono qui! — Si voltò e prese a correre verso l’uscita, guidato dagli echi prodotti dalle sue stesse grida confuse e smarrite.
Jared, tuttavia, rimase fermo lì, paralizzato da una sensazione totalmente al di fuori della sua comprensione. L’impressione uditiva della forma del mostro era nitida: sembrava che tutto il corpo dell’essere fosse composto da lamine sottili di carne svolazzante. Ma c’era qualcos’altro… una specie di ponte indefinibile, vago, eppure vivido, di echi inaudibili che copriva la distanza dalla creatura e ribolliva nelle profondità della sua coscienza.
Suoni, odori, sensazioni tattili, la pressione delle rocce e degli oggetti materiali che lo circondavano… tutto pareva penetrargli dentro, causandogli profonde fitte di dolore. Si coprì il volto con le mani e corse dietro Owen.
Un sibilo improvviso tagliò l’aria al disopra della sua testa e un attimo dopo la voce di Owen si alzò in un grido di terrore angoscioso. Poi Jared sentì cadere l’amico, proprio all’entrata del Mondo Originario.
Raggiunse il punto dove giaceva Owen, si caricò sulla spalla il suo corpo privo di conoscenza e si lanciò ancora in avanti.
Sssshhhh. Un altro sibilo.
Qualcosa gli sfiorò il braccio, lasciando gocce umide attaccate alla pelle. Un attimo dopo inciampava, cadeva, si rialzava correndo disperatamente sotto il peso del corpo inerte di Owen. Era in preda a uno stordimento improvviso che non riusciva a spiegarsi.
Completamente sordo, ora, sbatté contro i massi ammucchiati che formavano la parete sinistra della galleria e si fece strada a tentoni attorno ad una delle grosse rocce. Poi inciampò sull’orlo di un crepaccio che si apriva tra due rialzi del terreno e cadde con Owen addosso, perdendo i sensi.
CAPITOLO SECONDO
— Luce Santa! Andiamocene di qui!
Il mormorio di Owen lo svegliò di colpo. Jared si alzò a fatica. Poi, ricordando il Mondo Originario e l’orrore che vi si annidava, indietreggiò istintivamente.
— È andato via, adesso — lo rassicurò l’amico.
— Ne sei certo?
— Sì. L’ho sentito che ascoltava qui intorno. Poi se ne è andato. Per la Radiazione, che cos’era? Cobalto? Stronzio?
Jared brancolò sul terreno alla ricerca di due pietre. Ma poi ci ripensò e decise che era meglio non fare nessun rumore. Owen rabbrividì. — Quel fetore! Il suono della sua forma!
— E quell’altra sensazione! — rincarò Jared. — Era come qualcosa di… psichico!
Fece schioccare adagio le dita, valutando i suoni riflessi, e proseguì girando attorno a una grande stalattite che scendeva in pieghe aggraziate, e andava a confluire in una collinetta rialzata dal terreno come un gigante eretto sulle gambe.
— Quale altra sensazione? — domandò Owen.
— Come se tutta la Radiazione ti si scatenasse sulla testa. Qualcosa che non era rumore, né odore, né sensazione tattile.
— Non ho sentito niente del genere, io.
— Non si trattava di sentire… non credo almeno.
— Che cosa ci ha fatto svenire?
— Non lo so.
Seguirono una curva nella galleria. Adesso che si erano allontanati un po’, Jared riprese ad usare le pietre. — Per la Luce! — esclamò, sollevato. — Incontrerei volentieri anche un pipistrello, ora!
— Non senza armi.
E, mentre oltrepassavano la Barriera e continuavano a camminare lungo il bordo dell’ampio fiume, Jared si domandava perché mai l’amico non avesse provato la stessa irreale sensazione. Per quanto lo riguardava, quella fase dell’incidente era anche più spaventevole dello stesso mostro.
Poi contrasse cupamente le labbra, mentre gli si presentava un’allarmante possibilità: e se per caso quell’esperienza nel Mondo Originario fosse stata una punizione della Grande Potenza per la sua convinzione eretica che la Luce fosse qualcosa di diverso da Dio?
Penetrarono in un territorio più familiare, e Jared dichiarò: — Dobbiamo riferire quest’esperienza al Primo Sopravvissuto.
— Ma non possiamo! — protestò Owen. — Abbiamo infranto la legge venendo qui!
Era una complicazione che Jared non aveva considerato. Owen, decisamente, era già immerso in abbastanza guai così com’era, avendo lasciato entrare il bestiame nel frutteto della manna durante l’ultimo periodo.
Alcune centinaia di respiri dopo, Jared guidò il cammino oltre l’ultimo grande pericolo, un enorme pozzo senza fondo. Quindi gettò via le sue pietre. Poco più tardi, il giovane sibilò per ordinare silenzio; poi afferrò Owen e lo attirò in una rientranza della parete.
— Che c’è che non va? — domandò l’amico.
— Veggenti! — sussurrò Jared.
— Io non sento nulla.
— Lo sentirai tra poche pulsazioni. Stanno discendendo il Grande Passaggio lì davanti. Se voltano da questa parte, forse dovremo metterci a correre in quella direzione.
Adesso i rumori nell’altra galleria erano più forti. Una pecora belò, e Jared riconobbe il timbro della voce. — Quello è uno dei nostri animali. Hanno attaccato il Livello Inferiore.
Le voci dei Veggenti raggiunsero il massimo volume quando i predoni oltrepassarono l’incrocio tra i due corridoi, e poi svanirono in lontananza.
— Andiamo — incitò Jared. — Non possono sentirci, ora.
Non percorse più di trenta passi, tuttavia, prima di fermarsi e di intimare il silenzio all’amico con un sussurro quasi inaudibile.
Trattenne il respiro ed ascoltò. Oltre ai battiti del suo cuore e a quelli più deboli del cuore di Owen, se ne sentivano altri, non molto lontani: deboli, ma rapidi e violenti per il terrore.
— Che cosa c’è? — domandò Owen.
— Un Veggente.
— È soltanto l’odore dei predatori che è rimasto nell’aria.
Ma Jared si protese in avanti, soppesando le sensazioni uditive e fiutando l’aria alla ricerca di altre tracce. L’odore del Veggente era inconfondibile, ma debole, di minori proporzioni di quello normale… era l’odore di un fanciullo! Aspirò ancora e trattenne il respiro nella cavità nasale.
Una ragazza veggente!
Le pulsazioni del suo cuore risuonarono chiare e distinte quando Jared batté di nuovo le pietre per delineare i contorni della fenditura in cui la ragazza era nascosta. Sentendo il rumore, la fanciulla si irrigidì; tuttavia non tentò di fuggire. Invece, cominciò a piangere, lamentosamente.
Owen si rilassò. — È soltanto una bambina!
— Che c’è che non va? — domandò Jared, con sollecitudine; ma non ottenne risposta.
— Che stai facendo qui? — insistette Owen.
— Noi non vogliamo farti del male — le promise Jared. — Cosa ti è successo?
— Io… io non riesco a percepire — spiegò infine la fanciulla, tra i singhiozzi.
Jared le si inginocchiò accanto. — Sei una Veggente, vero?
— Sì. Cioè… no. Cioè…
Aveva forse un’età di tredici gestazioni. Certamente non di più. Jared la condusse nella galleria. — Adesso dimmi… come ti chiami?
— Estel.
— E perché te ne stavi nascosta qui, Estel?
— Ho sentito arrivare Mogan e gli altri, e sono corsa qui perché non mi percepissero.
— E perché non vuoi che ti trovino?
— Perché non voglio che mi riportino nel Mondo dei Veggenti.
— Ma quello è il tuo mondo, no?
Estel tirò su col naso e Jared sentì che si asciugava le lacrime.
— No — rispose con aria scoraggiata. — Là tutti percepiscono, tranne me. E quando sarò pronta a diventare una Sopravvissuta, non ci sarà più nessun Veggente Sopravvissuto che mi vorrà.