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«Cosa c’è, Marion?» chiese poi, meravigliato.

Marion-A fece uno dei suoi rigidi sorrisi. «Niente di molto importante. Dunque l’Esercito della Libera­zione ha vinto, John. Non credevo che fosse possibile. E adesso siamo giunti alla fine.»

«Non c’è fine» disse Markham. «C’è solo un nuo­vo inizio. L’inizio di un nuovo genere di futuro.»

«Per me no, John. Per me, esiste solo il passato.»

«Cosa vuoi dire?»

«È vero, almeno in parte, quello che ha detto Solomon. Ho perso il mio scopo, anche se per un po’ di tempo ho potuto dividere i tuoi. Non c’è posto per me nel mondo che costruirai, John. Forse non ci sarebbe mai stato un posto per me, in nessun genere di mon­do. Mi hai insegnato ad essere qualcosa di più di un androide, ma sarò sempre qualcosa di meno di un es­sere umano.»

«Sciocchezze!» disse lui, quasi irritato. «Il tuo po­sto è nel nostro mondo, Marion. Un posto accanto a me. Io...»

«Per favore, John, ascoltami. Tu adesso appartieni a Vivain, e credo che lei ti renderà felice... Ma penso, e la cosa strana è che non posso riuscire a saperlo con certezza, penso di amarti anch’io. A modo mio, s’in­tende.»

«Marion...»

«Ti prego!» La sua voce era bassa e vibrante. «Ti prego, caro John, non dire niente. Ho imparato a nutrire illusioni. Sono soddisfatta, quindi non chie­do di più.»

«Dimmi almeno perché ci stiamo dicendo questo.»

«Perché ho fatto un patto con me stessa» disse lentamente Marion-A. «Ho promesso che se gli androi­di avessero vinto ti avrei ucciso per preservarti dall’Analisi. Ho promesso anche un’altra cosa, nel caso in cui avessero perso.»

«E cioè?»

«Caro John, vorrei che tu facessi una cosa per me. Vorrei che tu mi dicessi: Marion, mia cara, tu hai tro­vato il significato della felicità. Poi voglio che tu te ne vada, senza voltarti.»

All’improvviso, Markham comprese. Comprese, e ca­pì che non c’era nient’altro da fare.

Per un attimo, strinse Marion tra le braccia. Per un attimo premette le labbra contro il tessuto liscio della fronte di lei. Poi disse: «Marion, mia carissima, se hai scoperto il significato della felicità, mi hai insegnato il significato dell’amore.»

Poi si voltò e si allontanò a passi decisi verso la so­glia. Alle sue spalle, risuonò un colpo, e ci fu un im­provviso lampo di luce incredibilmente bianca. Poi la Galleria Egiziana ripiombò nel buio.

Alle sue spalle giaceva un mondo di morte e di oscu­rità, un mondo pieno di tutti i segreti del presente e del passato. Ma fuori c’era l’alba, l’aurora del mondo nuovo. Un mondo di vita e di luce, poggiato come sempre sull’orlo di un imprevedibile futuro.

Mentre andava verso la porta, verso le voci della gente che cantava, verso una giornata che stava per aprirsi in un’aurora radiosa, nella mente gli passò un caleidoscopio di immagini brillanti e senza tempo.

Vide ancora una volta, con la vivida realtà del so­gno, Katy, Johnny e Sarah. La piccola rocca di una casetta in Hampstead. Tutto quello che era meravi­glioso e perduto. Tutto quello che aveva contribuito a dargli la fede e il coraggio di prendere il suo posto in un mondo che, come sempre, in ogni epoca, non poteva respingere completamente i valori del passato.

Alla fine rivide Marion-A, la rivide come gli era ap­parsa la prima volta. E capì che anche lei faceva par­te di quello stesso vivente passato: che lei e Katy, una strana doppia immagine, gli stavano offrendo il dono della libertà. Un futuro senza ombre...

E all’improvviso, si sentì il cuore leggero. Raggiunse i larghi gradini del Museo, diede un’occhiata al cielo perlaceo, poi vide Vivain che lo aspettava col profes­sor Hyggens.

Il professore stava parlando a un gruppo di uomini, che cominciavano a sentirsi orgogliosi di essere stati chiamati un tempo Fuggiaschi. Markham non poté re­primere un sorriso ironico nell’udire le parole finali del professore.

«Oggi, Londra» disse il professor Hyggens, citan­do a sproposito e col massimo entusiasmo le parole di un tiranno ormai dimenticato del ventesimo secolo, chiamato Adolfo Hitler. «Oggi Londra... e domani il mondo!»

FINE