In una delle viuzze laterali notò l’insegna gialla dei taxi e, nella vetrina dell’ufficio, vide un cartello: CERCANSI AUTISTI AUTO PUBBLICHE DI SICUREZZA — NON È RICHIESTA LA LICENZA.
Cominciò a battergli il cuore mentre leggeva l’avviso scritto a mano. Un tassista passava del tutto inosservato, e in più aveva a disposizione un veicolo! Entrò nel garage male illuminato, di fianco all’ufficio. Nella penombra aspettava una fila di taxi color senape, e l’unico segno di vita era la finestra illuminata di un bugigattolo, che funzionava da ufficio, in un angolo. Lucas bussò alla porta ed entrò. Dentro, in mezzo a un gran disordine, c’erano un tavolo e una panca dov’erano seduti due uomini, con addosso la tuta da meccanico. Uno dei due stava bevendo una tazza di tè.
«Mi spiace disturbare» disse Hutchman, sfoderando il suo miglior sorriso. «Dove devo andare per farmi assumere come autista?»
«È semplicissimo.» Il meccanico si rivolse al compagno, che stava svolgendo un panino dalla carta. «Chi è di turno stasera?»
«Oliver.»
«Aspettate qui, che ve lo cerco» disse il meccanico con tono cordiale, e uscì dalla porta che dava sul retro del locale. Hutchman, più sollevato e soddisfatto, mentre aspettava esaminò la stanza. Le pareti erano coperte di avvisi fissati con puntine da disegno e nastro giallo. Gli autisti che hanno avuto un incidente frontale saranno licenziati immediatamente, diceva uno dei cartelli. I seguenti individui si trovano in cattive acque e non vanno presi in considerazione per viaggi con carte di credito, diceva un altro, in cima a una lista di nomi. Per Hutchman, che era proprio solo, quei foglietti erano altrettanti segni di una calda normalità, intensamente umana. Avrebbe desiderato lavorare per il resto della sua vita, tranquillamente, in un posto come quello, ammesso che riuscisse a fuggire da Hastings sano e salvo. Avere quel lavoro, essere accettato nella vita spensierata, ricca di imprevisti di un tassista, assumeva per lui un’importanza illogica, puramente emotiva, che non aveva niente a che vedere con la sua fuga a sud.
«Che freddo, oggi» disse l’altro meccanico, con la bocca piena di pane.
«Veramente molto freddo.»
«Vi andrebbe un sorso di tè?»
«No, grazie.» Lucas aveva gli occhi che gli bruciavano di piacere, mentre rifiutava l’offerta. Si voltò quando la porta si aprì ed entrò l’altro meccanico, in compagnia di un uomo curvo, dai capelli bianchi, sulla sessantina. Il nuovo venuto aveva la faccia rosea e una bocca molle. Portava un impermeabile di vecchio modello, con cintura e un berretto.
«Buongiorno» azzardò Hutchman. «Ho sentito che cercate autisti.»
«Infatti» disse Oliver. «Venite che ne parliamo.» Uscì dal garage e chiuse la porta dell’ufficio, in modo che i meccanici non sentissero la conversazione. «Avete la licenza?»
«No, ma ho letto sul cartello che…»
«Lo so cosa c’è sul cartello» lo interruppe Oliver irritato. «Ma questo non significa che non vada meglio un buon autista di professione. Queste maledette macchine di sicurezza con i sedili rivolti all’indietro hanno buttato giù l’intero settore. Sono a buon mercato, ma sono anche brutte.»
«Ah.» Era chiaro che per quell’uomo guidare un taxi era una specie di missione. «Be’, io ho una patente normale.»
Oliver lo esaminò, dubbioso. «Orario ridotto?»
«Sì, o anche orario completo.» Hutchman temeva di sembrare troppo ansioso. «Avete bisogno di un autista, no?»
«Non paghiamo uno stipendio fisso. Vi tenete un terzo del guadagno, più le mance. Uno esperto se la cava bene con le mance! Però un principiante…»
«Va bene così. Posso cominciare subito.»
«Un momento» disse Oliver, severo. «Conoscete la città?»
«Sì.» Hutchman si sentì mancare. Come aveva potuto dimenticare uno dei requisiti basilari del mestiere?
«Come fate per andare in Crompton Avenue?»
«Ecco…» Lucas tentò di ricordare il nome della via che aveva percorso con Atwood, l’unica che conosceva. «Dritto verso Breighmet.»
Oliver annuì, con una certa riluttanza. «E per Bridgeworth Close?»
«Questo è difficile.» Hutchman cercò di sorridere. «Mi ci vorrà un po’ di tempo, prima che conosca tutte le strade.»
«Da che parte prendete per Mason Street?» Le labbra di Oliver si incresparono in segno di disapprovazione.
«È dalle parti di Salford? Sentite, vi ho detto…»
«Mi spiace, mio caro. Non avete abbastanza memoria per questo genere di lavoro.»
Hutchman lo fissò con rabbia, poi se ne andò. Una volta fuori, guardò con risentimento la sagome sconosciuta degli edifici. Non era stato accettato. La sua intelligenza aveva scoperto qualcosa che avrebbe cambiato l’intero corso della storia, ma quell’idiota l’aveva guardato dall’alto in basso perché non aveva familiarità con la struttura labirintica delle vie di una volgarissima… Una struttura! Non è necessario essere nato in una città per conoscerne la struttura, se si possiede la disciplina adatta.
Guardando l’orologio, Hutchman scoprì che erano le cinque e mezza appena passate. Si affrettò verso una strada importante, trovò una cartoleria e comperò due piante di Bolton e una matita tipografica bianca. Mentre pagava, chiese alla commessa dove poteva trovare un negozio per fare fotocopie. La ragazza lo indirizzò due isolati più in giù, lungo la stessa via. Lucas ringraziò, uscì e, fendendo la folla, arrivò al negozio di forniture per ufficio che eseguiva anche fotocopie: in quel momento preciso un orologio invisibile stava suonando le sei. Un giovanotto dai capelli biondi stava chiudendo la porta. Fece segno di no con la testa, quando Hutchman tentò la maniglia. A questo punto Lucas tirò fuori due biglietti da cinque sterline e lì infilò nella cassetta delle lettere. Il giovanotto li prese cautamente, esaminò Hutchman da dietro il vetro per un secondo, poi socchiuse la porta.
«Chiudiamo alle sei» e fece il gesto di restituirgli i biglietti.
«Sono per voi» gli disse Hutchman.
«Perché?»
«Paga straordinaria. Ho urgentemente bisogno di fare qualche fotocopia. Pagherò il lavoro, a parte, ma questi soldi sono per voi, se mi accontenterete.»
«Va bene, allora. Ma è meglio che entriate.» Il commesso fece un mezzo sorriso e stavolta aprì tutta la porta. «Mi sembra che quest’anno Natale sia venuto presto.»
Hutchman allargò una pianta. «Riuscite a farne la copia, anche se sono così grandi?»
«Nessuna difficoltà.» Il giovane mise in funzione una macchina grigia e osservò con aria perplessa Hutchman che con la matita da tipografo cancellava, lavorando con mano sveltissima, tutti i nomi delle vie. Finito gli diede la pianta. «Vorrei una dozzina di fotocopie.»
«Sì, signore.» Il ragazzo osservava gravemente Hutchman.
«Lavoro per la pubblicità» gli spiegò Lucas. «Mi serve per una ricerca di mercato.»
Dieci minuti dopo, era di nuovo in strada con un rotolo di carta ancora calda sotto il braccio. Adesso disponeva di tutta l’attrezzatura necessaria per quel tipo di memorizzazione che aveva perfezionato quand’era all’università. Ma c’era ancora il problema di trovare un posto tranquillo e sicuro dove poter lavorare. L’euforia di fare qualcosa di costruttivo calò parecchio quando gli venne in mente che si dava tutto quel da fare per uscire da Bolton, senza aver controllato che fosse necessario. Vide nella vetrina di un’agenzia dall’altra parte della strada, un avviso e attraversò per andare a leggerlo. Era ancora in mezzo alla strada quando decifrò il cartello appoggiato contro il davanzale di una finestra.