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Suor Clotilda entrò a passo svelto nella stanza, gli diede un bacio sulla guancia appena rasata e lo prese a braccetto. — Hai un buon profumo, — disse.

— Vuoi che andiamo a prendere il caffè da qualche parte? — chiese Kayman, guidandola fuori dalla porta.

— Direi di no, Donnie. Su, usciamo.

Il sole autunnale era rovente: dal Texas arrivavano correnti calde. — Abbassiamo la capotte?

Clotilda scosse il capo. — Ti spettineresti tutto. Comunque, fa troppo caldo. — Si girò, dentro la cintura di sicurezza che la tratteneva, per guardarlo. — Cos’è successo?

Kayman scrollò le spalle, avviando la macchina e guidandola sulla corsia automatica. — Non… Non sono sicuro. Ho l’impressione come se ci fosse qualcosa che ho dimenticato di confessare.

Clotilda annuì, comprensiva. — Me?

— Oh, no, Tillie! E… non so bene che cosa. — Le prese distrattamente la mano, guardando fuori dal finestrino laterale. Quando passarono su un viadotto, Kayman poté scorgere lontano, all’orizzonte, il gran cubo bianco del palazzo del progetto.

Non era il suo interesse per suor Clotilda a turbarlo, di questo era sicuro. Sebbene gli facesse piacere provare il brivido sottile di un blando peccato, non era affatto disposto a violare le leggi della sua Chiesa e del suo Dio. Forse, pensò, poteva rivolgersi a un ottimo avvocato e battersi: ma non violare una legge. Considerava piuttosto temeraria la corte che faceva a suor Clotilda: e il risultato sarebbe dipeso da ciò che avrebbe deciso l’ordine cui lei apparteneva, se e quando egli fosse riuscito a convincerla a chiedere una dispensa. Non provava interesse per i vari gruppi dissidenti, come le comuni religiose o i nuovi catari.

— Roger Torraway? — chiese Clotilda.

— Non ne sarei sorpreso, — rispose lui. — C’è qualcosa che mi preoccupa, nel modo in cui alterano i suoi sensi. Le sue percezioni del mondo.

Suor Clotilda gli strinse la mano. Nella sua qualità di psichiatra e assistente sociale, era autorizzata a sapere ciò che facevano al progetto, e conosceva Don Kayman. — I sensi sono bugiardi, Donnie. Lo affermano le Scritture.

— Oh, sicuro. Ma Brad ha forse il diritto di dire in che modo mentono i sensi di Roger?

Clotilda accese una sigaretta e gli lasciò il tempo di riflettere. Solo quando furono arrivati nelle vicinanze del centro commerciale gli disse: — Il prossimo svincolo, vero?

— Giusto, — rispose Kayman, impugnando il volante e riportando la macchina sui comandi manuali. Si infilò in un posto libero, pensando ancora a Roger Torraway. C’era il problema immediato della moglie di Rog. Era già un grosso guaio. Ma c’era anche il problema maggiore: come avrebbe fatto Roger ad affrontare il più grande dei quesiti personali — cos’è Giusto e cos’è Ingiusto? — se le informazioni su cui doveva basare una decisione venivano filtrate attraverso i circuiti mediatori di Brad?

L’insegna, sopra la vetrina del negozio, diceva PRETTY FANCIES. Era un negozio piuttosto piccolo, secondo i criteri del centro, dove c’era un Two Guys con un’area di centomila metri quadri e un supermarket quasi altrettanto enorme. Ma era abbastanza grande per costare parecchio. Tra affitto, spese varie, assicurazioni, stipendio per tre commessi, due dei quali impiegati part-time, e una generosa paga dirigenziale per Dorrie, ogni mese comportava una perdita netta di quasi duemila dollari. Roger era felice di pagare, anche se la nostra contabilità gli aveva fatto osservare che sarebbe costato meno dare a Dorrie quei duemila dollari mensili come spillatico.

Dorrie stava ammucchiando delle porcellane su di un banco con la scritta: «Liquidazione — Metà Prezzo». Salutò i visitatori con un cortese cenno del capo. — Salve, Don. Lieta di vederla, suor Clotilda. Volete comprare delle tazze da tè rosse a buon mercato?

— Sono molto carine, — disse Clotilda.

— Oh, sì. Ma non le compri per il monastero. L’FDA ha ordinato di ritirarle dal mercato. L’invetriatura è velenosa… purché si bevano almeno quaranta tè al giorno sempre nella stessa tazza, per vent’anni.

— Oh, che peccato. Ma… le vende?

— L’ordinanza entrerà in vigore solo fra trenta giorni, — spiegò Dorrie, con un sorriso malizioso. — Forse non avrei dovuto dirlo a un prete e a una suora, vero? Ma, sinceramente, abbiamo venduto per anni questo tipo di invetriatura e non ho mai saputo che qualcuno ne sia morto.

— Vuoi prendere il caffè con noi? — chiese Kayman. — In altre tazze, naturalmente.

Dorrie sospirò, allineò esattamente una tazza e disse: — No, parliamo pure. Venite nel mio ufficio. — Li precedette, voltando la testa per aggiungere: — Tanto, so perché siete qui.

— Oh? — fece Kayman.

— Volete che io vada a trovare Roger. Giusto?

Kayman sedette su una gran poltrona, davanti alla scrivania. — Perché non vai, Dorrie?

— Diamine, Don, a che serve? Non è cosciente. Non si accorgerebbe neppure se io fossi lì o no.

— È sotto l’effetto di sedativi molto forti, sì. Ma ha qualche periodo di lucidità.

— Mi ha cercata?

— Ha chiesto di te. Cosa vuoi che faccia? Che implori?

Dorrie alzò le spalle, giocherellando con un pezzo da scacchi di ceramica. — Non ti viene mai in mente di farti gli affari tuoi, Don? — chiese.

Kayman non si offese. — È quel che faccio. In questo momento, Roger è il nostro unico uomo indispensabile. Sai quello che gli stanno facendo? È già stato sul tavolo operatorio ventotto volte. In tredici giorni! Non ha più occhi. Né polmoni, cuore, orecchie, naso… Non ha più neppure la pelle: è sparita tutta, a pochi centimetri quadrati per volta, sostituita da sostanze sintetiche. Scuoiato vivo… vi sono stati uomini che sono diventati santi, per questo, e adesso c’è un uomo che non può neppure ricevere la visita di sua moglie…

— Oh, merda, Don! — scattò Dorrie. — Non sai quel che dici. È stato Roger a chiedermi di non andarlo a trovare, dopo l’inizio degli interventi chirurgici. Pensava che non sarei stata capace di… Non voleva che lo vedessi così!

— Ho l’impressione, — disse il prete con un filo di voce, — che tu sia un tipo molto forte, Dorrie. Davvero non riusciresti a sopportarlo?

Dorrie fece una smorfia. Per un momento, il suo bel viso non fu più bello. — Non è questione di quel che posso sopportare, — disse. — Don, senti. Sai cosa significa essere sposata a un uomo come Roger?

— Beh, credo sia molto bello, — fece Kayman, stupito. — È un uomo buono!

— Sì. Questo lo so almeno quanto lo sai tu, Don Kayman. Ed è perdutamente innamorato di me.

Vi fu un breve silenzio. — Non credo di capire quello che intende, — azzardò suor Clotilda. — Le dispiace?

Dorrie scrutò attenta la suora. — Mi dispiace. Beh, è un modo come un altro per dirlo. — Depose il pezzo degli scacchi e si sporse un poco in avanti. — È il sogno di ogni donna, no? Trovare un eroe autentico, bello e intelligente e famoso e quasi ricco… e così pazzamente innamorato da non vedere niente che non va. È per questo che ho sposato Roger. Quasi non riuscivo a credere a tanta fortuna. — La voce della giovane donna salì di mezzo tono. — Non credo che lei sappia cosa significa avere qualcuno perdutamente innamorato. A che serve un uomo così intronato? Qualche volta, quando siamo a letto insieme e io cerco di addormentarmi, e lo sento lì, sdraiato vicino a me, sveglio, e non si muove, non si alza per andare in bagno… così maledettamente delicato… Sapete che quando viaggiamo insieme Roger non va mai in bagno fino a quando non è convinto che io sia addormentata, o fino a quando io sono da qualche altra parte? Si fa la barba appena si alza… non vuole che lo veda con i capelli in disordine. Si rade le ascelle, usa deodoranti tre volte al giorno. Mi… mi tratta come se fossi la Vergine Maria, Don! È fatuo. E tutto questo dura da nove anni.