— Al diavolo Kayman! Perché non sapeva come doveva comportarsi, quand’era vicino a Roger?
— Ecco, lo sapeva. Ma aveva trovato qualcosa che pensava fosse una forma di vita indigena! Entusiasmante. E voleva semplicemente mostrarlo a Roger.
— Una forma di vita? — Gli occhi di Scanyon ebbero un baluginio di speranza.
— Una specie di pianta, pensano loro.
— Non ne sono sicuri?
— Beh, sembra che Roger l’abbia fatta schizzare via dalla mano di Kayman. Dopo Brad è andato a cercarla, ma non l’ha trovata.
— Gesù, — sbuffò Scanyon. — Freeling, mi dica una cosa. Che razza di incompetenti lavorano per noi? — Non era una domanda che potesse trovare un’adeguata risposta, e Scanyon non l’attese. — Tra venti minuti circa, — continuò, — il presidente degli Stati Uniti entrerà da quella porta, e vorrà sapere, parola per parola, che cos’è successo e perché. Non so cosa domanderà, ma in ogni caso c’è una sola risposta che non voglio dargli, ed è «Non lo so». Perciò mi dica, Freeling. Mi racconti daccapo cos’è successo, perché è andata male, perché non avevamo previsto che potesse andar male e come possiamo fare per essere maledettamente sicuri che la cosa non si ripeta. — Ci volle un po’ più di venti minuti, ma ebbero a disposizione il tempo sufficiente. L’aereo presidenziale atterrò in ritardo, e quando Dash arrivò Scanyon era pronto. Pronto persino all’espressione furiosa del presidente.
— Scanyon, — tuonò subito Dash, — l’avevo avvertita, basta con le sorprese. Questa volta è troppo, e credo che me la pagherà cara.
— Non si può mettere un uomo su Marte senza rischi, signor presidente!
Dash lo fissò negli occhi per un momento, poi disse: — Può darsi. Come sta il prete?
— Ha un radio fratturato, ma guarirà. C’è qualcosa di molto più importante. Ritiene di aver trovato vita su Marte, signor presidente!
Dash scosse il capo. — Lo so, una specie di pianta. Ma è riuscito a perderla.
— Per il momento. Kayman sa il fatto suo. Se dice di aver trovato qualcosa d’importante, l’ha trovato veramente. E lo ritroverà.
— Lo spero anch’io, Vern. Ma non cerchi di svicolare. Perché è successo?
— Un eccesso di controllo dei sistemi percettivi. È tutto qui, signor presidente. Non c’è altro. Per mettere Torraway in grado di reagire rapidamente e positivamente, abbiamo dovuto inserire alcuni elementi di simulazione. Perché presti attenzione ai messaggi urgenti, gli mostrano sua moglie che gli parla. Perché reagisca al pericolo, vede qualcosa di spaventoso. In questo modo la sua mente può reggere ai riflessi che abbiamo inserito nel corpo. Altrimenti impazzirebbe.
— E fratturare il braccio del prete non è stato un gesto pazzesco?
— No! È stato un incidente. Quando Kayman è scattato verso di lui, l’ha interpretato come una vera aggressione. E ha reagito. Bene, signor presidente, in questo caso è stato un errore, e ci è costato un braccio rotto. Ma se si fosse trattato di una minaccia vera? Una minaccia di qualunque genere? L’avrebbe sventata. Qualunque cosa fosse. Torraway è invulnerabile, signor presidente. Niente potrà mai coglierlo alla sprovvista.
— Già, — fece il presidente; e dopo un attimo: — Può darsi. — Fissò al di sopra della testa di Scanyon per un momento e aggiunse: — E quell’altra storia?
— Quale storia, signor presidente?
Dash scrollò le spalle, irritato. — A quanto ne so, c’è qualcosa che non va in tutte le nostre proiezioni elaborate dai computer, specialmente nei sondaggi che abbiamo effettuato.
Un campanello d’allarme squillò nella testa di Scanyon. Disse, riluttante: — Signor presidente, sulla mia scrivania ci sono molte carte che non ho ancora finito di esaminare. Come sa, ho viaggiato molto…
— Scanyon, — disse il presidente, — ora vado. Voglio che per prima cosa lei dia un’occhiata alle carte sulla sua scrivania, trovi quella che m’interessa e la legga. Domattina alle otto, la voglio nel mio ufficio, e voglio che lei mi dica cosa sta succedendo: in particolare tre cose. Primo, voglio sentirmi dire che Kayman sta bene. Secondo, voglio che sia stata ritrovata quella cosa vivente. Terzo, voglio sapere la storia delle proiezioni dei computer, e che sia chiara. Arrivederci, Scanyon. Lo so che sono solo le cinque del mattino, ma non torni a letto.
Ormai avremmo potuto rassicurare Scanyon e il presidente, almeno riguardo ad una cosa. L’oggetto che aveva raccolto Kayman era effettivamente una forma di vita. Avevamo ricostruito i dati attraverso gli occhi di Roger, filtrato ed escluso le simulazioni, e avevamo visto ciò che aveva visto lui. Al presidente e ai suoi consiglieri non era ancora venuto in mente che fosse possibile riuscirci: ma gli sarebbe venuto in mente in futuro. Non si potevano distinguere i particolari minuti, dato il numero limitato di bits disponibili, ma l’oggetto aveva la forma di un carciofo, con foglie grossolane tese verso l’alto, e anche un po’ la forma di un fungo: sopra c’era una calotta trasparente di materiale cristallino. Aveva radici e, a meno che fosse un manufatto (zero virgola zero zero una probabilità, al massimo), doveva essere una forma di vita. Noi non la trovavamo molto interessante, a parte naturalmente il fatto che avrebbe rafforzato l’interesse generale per il progetto Marte. In quanto ai dubbi sulle simulazioni eseguite dai computer, il nostro interesse era assai maggiore. Avevamo seguito quello sviluppo già da diverso tempo, fin da quando uno studente laureato, un certo Byrne, aveva scritto un programma per i Sistemi 360, per ricontrollare il precedente ricontrollo effettuato dal suo calcolatore portatile su alcuni risultati dei sondaggi. A noi la cosa stava a cuore non meno che al presidente. Ma la probabilità di qualche conseguenza grave appariva troppo ridotta, soprattutto perché tutto il resto andava bene. Il generatore MHD era quasi pronto per le correzioni di rotta in vista dell’inserimento nella preorbita; avevamo scelto il luogo per installarlo, il cratere Voltaire, sulla luna Deimos. Non molto più indietro veniva il veicolo che trasportava il 3070 e i due membri umani dell’equipaggio, uno dei quali era Sulie Carpenter. E su Marte, avevano già cominciato a costruire installazioni permanenti. Erano un po’ indietro rispetto alla tabella di marcia. L’incidente capitato a Kayman li aveva costretti a rallentare, non solo per il danno causato a lui, ma anche per ciò che Brad aveva insistito per fare a Roger: smontare il computer a zaino e cercare se vi erano difetti o interferenze. Non ce n’erano. Ma Brad impiegò due giorni marziani per accertarsene; e poi, dato che Kayman ci teneva immensamente, persero diverso tempo a trovare la sua creatura vivente. La trovarono, o meglio trovarono dozzine di altri esemplari; e Brad e Roger lasciarono Kayman a bordo del modulo, intento a studiarle, mentre loro cominciavano a costruire le cupole.
Per prima cosa, fu necessario trovare un tratto di terreno che avesse caratteristiche geologiche accettabili. La superficie doveva essere il più possibile simile al suolo, ma sotto, a non grande profondità, doveva esserci uno strato di roccia solida. Impiegarono mezza giornata a piantare nel terreno spuntoni esplosivi e ad ascoltare gli echi, prima di essere sicuri di aver trovato il posto adatto.
Poi, laboriosamente, vennero sistemati i generatori solari, e l’acqua contenuta nelle rocce sotto la superficie uscì per ebollizione. Quando la prima, minuscola piuma di vapore apparve sull’imboccatura del tubo, gridarono di gioia. Sarebbe stato facile lasciarsela sfuggire. L’aria marziana, estremamente secca, si impadroniva di ogni molecola, via via che usciva dal condotto. Ma piegandosi accanto alla valvola, si poteva scorgere una vaga nebulosità irregolare che distorceva la visibilità. Era vapore acqueo.