— Sei molto svelto, Dinty. — Poi aggiunse, affettuosamente: — Non quando preferisco che tu non lo sia, comunque.
— Chi è? Brad? Hesburgh? Non sarà il prete? … Oh, aspetta un momento! — E annuì. — Ma sicuro! Quello con cui stavi sempre sulla Terra. Il cyborg!
— Il colonnello Roger Torraway è un essere umano, — lo corresse Sulie. — È umano come te, a parte qualche miglioria.
Dinty rise, più per risentimento che per allegria. — Tante migliorie, e niente palle.
Sulie si slegò. — Dinty, — disse dolcemente, — far l’amore con te mi è piaciuto: ti rispetto, e sei stato la compagnia più simpatica che un essere umano potesse avere in questo stramaledetto viaggio interminabile. Ma certe cose non devi dirle. Hai ragione. Roger non ha i testicoli, in questo preciso momento. Ma è un essere umano che io posso rispettare ed amare, ed è l’unico del genere che io abbia trovato ultimamente. E credimi, avevo cercato parecchio.
— Grazie!
— Oh, non fare così, caro Dinty. Sai benissimo di non essere veramente geloso. Tu hai già moglie.
— La riavrò l’anno prossimo! E manca parecchio! — Sulie alzò le spalle, sorridendo maliziosamente. — Ah, ma Sulie! Non puoi imbrogliarmi, in certe cose. Ti piace far l’amore!
— Mi piace il contatto fisico, l’intimità, — lo corresse lei. — E mi piace arrivare all’orgasmo. Ma preferisco farlo con qualcuno che amo, Dinty. Senza offesa.
L’uomo fece una smorfia. — Dovrai aspettare un pezzo, carina.
— Forse no.
— Col cavolo. Io non vedrò Irene per sette mesi. Ma tu… tu non tornerai prima di me; e la storia comincerà solo allora. Dovranno rimettertelo insieme pezzo per pezzo. Presumendo che possano riuscirci. Mi sembra che dovrà passare parecchio tempo, prima della prossima sbattuta.
— Oh, Dinty. Non credi che ci abbia pensato? — Sulie gli diede una pacca affettuosa, mentre si avviava verso il suo armadietto. — Il sesso non è soltanto il coito. Vi sono altri modi per arrivare all’orgasmo, non solo con un pene nella mia vagina. E il sesso non è soltanto orgasmo. Per non parlare poi dell’amore. Roger, — continuò, infilandosi nella tuta, non tanto per pudore quanto per la comodità delle tasche, — è una persona affettuosa e ricca di risorse, e anch’io lo sono. Troveremo il sistema… almeno, fino a che arriverà il resto dei coloni.
— Il resto? — fece Dinty, sbalordito. — Il resto dei coloni?
— Non hai ancora capito? Non tornerò con tutti voi, Dinty, e non credo che anche Roger tornerà. Resteremo marziani!
Intanto, nella Sala Ovale della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti stava di fronte a Vern Scanyon e a un giovanotto color caffelatte, con gli occhiali scuri e la taglia da giocatore di football. — Dunque è lei, — disse Dash, squadrandolo. — Lei è convinto che noi non sappiamo eseguire uno studio con i computer.
— No, signor presidente, — disse con fermezza il giovanotto. — Non penso che il problema sia questo.
Scanyon tossì. — Byrne, qui, — disse, — è uno studente laureato del M.I.T., e sta compiendo uno studio di lavoro. La sua tesi è sulla metodologia della campionatura, e noi lo abbiamo autorizzato a consultare parte del… ehm, del materiale riservato. Specialmente gli studi sulla posizione dell’opinione pubblica nei confronti del progetto.
— Ma non mi avete permesso di accedere a un computer, — disse Byrne.
— Non a uno di quelli grandi, — lo corresse Scanyon. — Lei aveva il suo dataplex portatile.
Il presidente disse, in tono blando: — Continui, Scanyon.
— Bene, i suoi risultati sono stati diversi. Secondo le sue interpretazioni, l’opinione pubblica nei confronti della colonizzazione di Marte era, ecco, apatica. Ricorda, signor presidente, che a suo tempo vi fu qualche dubbio sui risultati? Quelli grezzi non erano per nulla incoraggianti. Ma quando li facemmo analizzare apparvero positivi a… come si dice? A due sigma. Non ho mai capito perché.
— E avete controllato?
— Certo, signor presidente! Io no, — si affrettò ad aggiungere Scanyon. — Non era compito mio. Ma so che gli studi vennero confermati.
Byrne s’intromise: — Tre volte, con tre programmi diversi. C’erano variazioni di poco conto, naturalmente. Ma tutti i risultati furono significativi e attendibili. Però, quando ho ripetuto l’analisi con il mio calcolatore portatile, non lo erano più. Ed ecco come stanno le cose, signor presidente. Se lei elabora le cifre con un grande computer della rete, uno qualunque, ottiene un risultato. Se le elabora con un piccolo apparecchio isolato, ne ottiene un altro.
Il presidente tamburellò con le nocche delle dita sul piano della scrivania. — Quali sono le sue conclusioni?
Byrne alzò le spalle. Aveva ventitré anni, e si sentiva intimidito dall’ambiente. Guardò Scanyon per invocare aiuto e non l’ottenne. Disse: — Questo dovrà chiederlo a qualcun altro, signor presidente. Io posso soltanto riferirle la mia congettura. Qualcuno sta manomettendo la nostra rete di computer.
Il presidente si passò un dito sul naso, con aria meditabonda, e annuì lentamente. Guardò Byrne per un momento e poi disse, senza alzare la voce: — Carousso, venga qui. Mr. Byrne, ciò che lei vede e sente in questa stanza è top secret. Quando se ne andrà, Mr. Carousso l’informerà dettagliatamente di ciò che significa: in sostanza, non dovrà parlarne con nessuno. Mai.
La porta dell’anticamera presidenziale si aprì ed entrò un uomo alto e solido che cercava di darsi un aspetto scialbo. Byrne lo fissò stupito: Charles Carousso, il capo della CIA. — Cosa mi dice di tutto questo, Chuck? — chiese il presidente. — E di lui?
— Abbiamo controllato Mr. Byrne, naturalmente, — disse l’uomo della CIA. Le sue parole erano meticolose, senza inflessioni. — Non c’è nulla di negativo sul suo conto… suppongo che le farà piacere saperlo, Mr. Byrne. E quello che dice è esatto. E non si tratta solo dei sondaggi della pubblica opinione. Le proiezioni del rischio d’una guerra, gli studi sul rapporto costi-efficienza… analizzati con la rete danno un risultato, analizzati con macchine calcolatrici indipendenti ne danno un altro. Sono d’accordo con Mr. Byrne. La nostra rete di computer è stata manomessa.
Il presidente strinse le labbra, come se volesse trattenere ciò che stava per dire. Si limitò a mormorare: — Voglio che lei scopra com’è successo, Chuck. Ma il problema più importante, adesso, è: chi è stato? Gli asiatici?
— No, signore! Questo lo abbiamo controllato. È impossibile.
— Col cacchio, è impossibile! — ruggì il presidente. — Sappiamo che avevano già intercettato le nostre linee una volta, con la simulazione dei sistemi di Roger Torraway!
— Signor presidente, quello è un caso completamente diverso. Abbiamo trovato la derivazione, e l’abbiamo neutralizzata. Era in un cavo a terra, in un collegamento non sensibile. I circuiti di comunicazione dei nostri grandi computer sono assolutamente impenetrabili. — Carousso lanciò un’occhiata a Byrne. — Lei ha un rapporto sulle tecniche relative, signor presidente: sarò lieto di aiutarla ad esaminarlo quando vorrà.
— Oh, non si preoccupi per me, — disse Byrne, sorridendo per la prima volta. — Tutti sanno che i collegamenti sono a protezione multipla. Se ha fatto fare indagini sul mio conto, certamente avrà scoperto che molti di noi studenti laureati cercano di inserirsi: e nessuno c’è mai riuscito.
L’uomo della CIA annuì. — In effetti, signor presidente, noi li lasciamo fare; è un buon collaudo pratico per la nostra sicurezza. Se persone come Mr. Byrne non riescono a trovare un modo di superare i blocchi, non credo che possano farlo gli asiatici. I blocchi sono impenetrabili. Devono esserlo. Controllano circuiti che vanno dalla Macchina di Guerra a Butte, all’Ufficio Censimenti, all’UNESCO…