Выбрать главу

La sua bacchetta sibila nell’aria. Poi, puntandomela contro con aria irritata: — Avanti, sentiamo il Credo Apostolico!

Io comincio, balbettando: — Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, e in Gesù Cristo… e in Gesù Cristo…

Esitazione. Da dietro di me, Sandy Dolan, in un bisbiglio roco: — Suo unico figlio, nostro Signore.

Mi tremano le ginocchia. Mi sento rabbrividire fino in fondo all’anima. Domenica, dopo la messa, Sandy Dolan e io siamo andati a spiare dalle finestre e abbiamo visto sua sorella che si spogliava per cambiarsi. Quindici anni, piccoli seni dalla punta rosea, e più in basso un ciuffo di peli neri. Peli neri. Anche a noi cresceranno i peli, ha bisbigliato Sandy. Ma Dio ci avrà visti, mentre spiavamo? Un simile peccato proprio di domenica, nel Giorno del Signore! La bacchetta si agita, ammonitrice.

— …Suo unico figlio, nostro Signore, il quale fu concepito per mezzo dello Spirito Santo, nacque da Maria Vergine… — Sì. Adesso sono al nucleo, alla parte melodrammatica che mi piace così tanto. Recito con maggior sicurezza, a voce più alta. Col mio limpido registro di soprano proseguo: — …patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morto e sepolto, discese all’Inferno, il terzo giorno resuscitò da morte, salì al Cielo…

Ho perso di nuovo il filo. Sandy, aiutami! Ma Padre Burke è troppo vicino e Sandy non osa suggerirmi.

— …salì al Cielo…

— C’è già arrivato, bambino — scatta il prete. — Avanti! Salì al Cielo…

Ho la lingua appiccicata al palato. Tutti mi fissano. Non posso sedermi? Non può continuare Sandy? Ho solo sette anni, Signore Iddio! Devo proprio conoscere il Credo fino in fondo?

La bacchetta… la bacchetta…

Cosa incredibile, è Padre Burke a suggerirmi. — Siede alla destra…

Benedetta imboccata. L’acchiappo al volo. — Siede sulla destra. …

— Alla destra! — E la mia mano sinistra si piglia la bacchettata. Un colpo rovente pungente ardente tagliente, simile allo schianto secco di un ramo spezzato mi fa accartocciare la mano come una foglia nel fuoco. Per lo spavento e per il dolore, calde lacrime mi salgono agli occhi.

Posso sedermi, adesso? No, devo continuare. Si aspettano così tanto, da me! Come l’anziana Suor Maria Giuseppe, con la faccia ridotta a una ragnatela di rughe, che ha letto in pubblico una delle mie poesie, la mia ode sulla domenica di Pasqua e dopo mi ha detto che ho un grande talento.

Avanti, adesso! Il Credo, il Credo, il Credo! Non è leale. Mi hai picchiato, e ora avrei il diritto di sedermi. — Continua — dice l’inesorabile prete. — Siede alla destra…

Faccio segno di sì col capo. — Siede alla destra di Dio Padre onnipotente, da dove verrà a giudicare i vivi e i morti.

Il peggio è passato. Col cuore che mi batte forte, recito tutto d’un fiato il resto. — Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna». Un torrente di parole mormorate. — Amen. — Bisogna finire con l’amen? Sono tanto confuso che non lo so più.

Padre Burke sorride acido; io ricado a sedere, stremato. Hai recitato il Credo, hai la fede.

Fede! Il Gesù Bambino nel presepio e la bacchetta di Padre Burke che ti si abbatte sulle nocche. Corridoi gelidi, facce truci, l’odore secco e polveroso dei luoghi sacri. Un giorno venne in visita da noi il cardinale Cushing. L’intera scolaresca era in preda al terrore; io non avrei potuto essere più spaventato se il Salvatore in persona fosse uscito dall’armadietto dei libri di testo. Le occhiatacce incollerite, gli ammonimenti bisbigliati con acredine: state in fila, tenete la bocca chiusa, mostrate un atteggiamento rispettoso.

Dio è amore, Dio è amore.

E i rosari, i crocefissi; i ritratti a pastello della Vergine, il magro al venerdì, l’incubo della prima comunione, il terrore di entrare nel confessionale… tutto l’apparato della fede, i relitti di secoli e secoli… be’, naturalmente ho dovuto buttar via tutto.

Mi sono sbarazzato dei gesuiti, di mia madre, degli apostoli, dei martiri, di San Patrizio, di San Dionigi, di Sant’Ignazio, di Sant’Antonio, di Santa Teresa, di Santa Taide la meretrice penitente, di San Kevin, di San Ned.

Sono diventato uno spregevole apostata esecrando; non il primo della mia famiglia, comunque, a fuggire dalla Verità. Quando finirò dannato troverò zii e cugini a bizzeffe, ognuno infilato nel suo bravo spiedo.

E adesso Eli Steinfeld esige da me una nuova fede! Come tutti sappiamo, dice Eli, Dio è un argomento fuori luogo, una causa d’imbarazzo; nella nostra epoca moderna, confessare di credere nella Sua esistenza è un po’ come confessare di avere i foruncoli sul culo. Noialtri smaliziati, noi che abbiamo visto tutto e sappiamo che non vale un fico secco, non possiamo costringere noi stessi ad arrenderci a Lui, così come non vogliamo che quel vecchio bastardo sorpassato pigli per noi le decisioni importanti. Ma un momento!, grida Eli. Spogliatevi del vostro cinismo, spogliatevi della vostra superficiale sfiducia nell’invisibile! Einstein, Bohr e Thomas Edison hanno distrutto la nostra capacità di concepire l’Aldilà; ma voi non sareste lieti di concepire l’Aldiqua, l’Adesso?

Credete, dice Eli. Credete nell’impossibile. Credete, proprio perché è impossibile. Credete che la storia del mondo, così come è giunta a noi, è un mito, e che il mito è ciò che sopravvive nella storia vera. Credete nei Teschi, credete nei loro Custodi. Credete. Credete. Credete. Fate un atto di fede, e la ricompensa sarà la vita eterna.

Così parlò Eli.

E ora stiamo andando a nord, a est, a nord, di nuovo a est, zigzagando in questa landa selvaggia e spinosa, e dobbiamo aver fede.

21

Timothy

Io cerco di essere allegro, di non lamentarmi, ma quando è troppo è troppo. Come per esempio questa scarpinata nel deserto e sotto il pieno sole. Per imporsi una cosa del genere, anche allo scopo di vivere diecimila anni, bisogna essere proprio masochisti. Naturalmente la faccenda della vita eterna è un’assurda idiozia. Di reale, di concreto c’è solo il caldo. Io dico che saranno almeno 35 gradi. Ma forse anche 39. O addirittura 40. Non è ancora aprile e siamo in una fornace. Il famoso caldo secco dell’Arizona, di cui continuano a parlare! Certo, dicono, fa caldo; ma è un caldo secco, non lo si avverte. Balle. Io l’avverto. Ho tolto il giubbotto e aperto la camicia, ma vado arrosto lo stesso. Se non avessi questa stupida pelle così delicata mi sarei messo a torso nudo. Oliver l’ha già fatto, anche se è più biondo di me: forse la sua pelle non si scotta. Pelle da contadino, pelle del Kansas. Ogni passo è un tormento. E quanta strada dobbiamo fare, comunque? Dieci chilometri? Quindici?

L’auto è ormai molto lontana, in qualche punto dietro di noi. Sono le dodici e mezzo, e siamo in marcia da una trentina di minuti. Il viottolo sarà largo cinquanta centimetri, e qui e là si riduce, ancora di più. Anzi, talvolta scompare del tutto, e noi dobbiamo saltare e strisciare sopra chiazze di vegetazione.

Procediamo in fila indiana come quattro Navaho in assetto di guerra che pedinino l’esercito di Custer. Perfino le lucertole ci ridono dietro. Gesù, non so proprio come facciano a rimanere vive, lucertole e piante, cotte al forno in questo modo!

Il suolo non è né terra né sabbia: è qualcosa di secco e friabile, che scricchiola appena gli si posa sopra il piede. Questo silenzio generale amplifica i rumori. È un silenzio che fa rabbrividire. Da quando ci siamo messi in cammino, abbiamo scambiato solo qualche mezza parola.

Eli procede in testa, con l’aria di chi è alla ricerca del santo Graal. Ned sbuffa e soffia: non è robusto, e questa scarpinata gli sta prosciugando le energie. Oliver, in coda, come al solito è chiuso in se stesso. Potrebbe essere benissimo un astronauta in marcia sulla superficie lunare.