No, non in questo. Ma credere che esista davvero quel culto di immortali babilonesi o egiziani o chissacosa, che vivono nel deserto; credere che se andiamo da loro e pronunciamo le giuste parole ci conferiranno il privilegio dell’immortalità… Oh Signore! Chi potrebbe berla? Eli l’ha bevuta. Anche Oliver, forse. Ned? No, Ned no. Ned non crede in niente, neanche in se stesso. E neppure io. Potete scommetterci il settebello.
E allora perché ci vado?
Come ho risposto a Eli: in questo periodo dell’anno, in Arizona fa caldo. E a me piace viaggiare. Inoltre penso che potrebbe essere un’esperienza divertente assistere alla rivelazione del mistero, osservare i miei compagni mentre giriamo a destra e a sinistra cercando il loro destino là nelle mesas. Perché andare all’università se non per avere esperienze interessanti e accrescere la propria conoscenza della natura umana, oltre che per darsi al bel tempo? Io non ci sono mica andato per imparare l’astronomia e la geologia. Ma guardare gli esseri umani quando si comportano da stupidi… be’, è istruzione genuina, e divertimento puro!
Come ha detto mio padre alla mia partenza in veste di matricola, dopo avermi ricordato che rappresentavo l’ottava generazione di Winchester maschi che frequentasse quell’antica e nobile università: — Non dimenticare mai una cosa, Timothy: il metodo migliore per conoscere il genere umano è di studiare l’uomo. L’ha detto Socrate tremila anni fa, e vale ancora oggi così come varrà in eterno.
Veramente l’ha detto Pope, nel diciottesimo secolo, come ho scoperto al secondo anno d’inglese, ma lasciamo perdere. In effetti s’impara osservando gli altri, soprattutto se, avendo scelto con un po’ troppa cura i propri bis-bis-bisnonni, si è persa l’occasione di temprare il carattere grazie alle avversità. Il mio vecchio dovrebbe vedermi adesso, mentre me ne vado in giro con un finocchio, un ebreo e un ragazzo di campagna. Immagino che approverebbe, purché io non dimentichi mai che sono migliore di loro.
Ned è stato il primo al quale Eli abbia rivelato la faccenda. Un bel giorno li ho visti confabulare, in disparte. Ned ridacchiava. — Non prendermi in giro — continuava a ripetere. Eli era tutto rosso in faccia.
Ned e Eli sono molto intimi, fosse perché entrambi sono allampanati e gracilini e appartengono a minoranze oppresse. Fin dall’inizio è apparso chiaro che in qualsiasi circostanza noi quattro ci fossimo messi insieme, loro due si sarebbero trovati in opposizione a Oliver e me. I due intellettuali contro i due fessi, per dirla in termini crudi. I due finocchi contro i due…
Be’, no, Eli non è un finocchio, anche se lo zio Clark ripete sempre che tutti gli ebrei sono fondamentalmente omosessuali, che lo sappiano o no. Ma Eli sembra un finocchio, con la sua pronuncia blesa e il suo modo di camminare. Sembra ancora più finocchio di Ned, anzi. Che sia un così assiduo cacciatore di gonnelle appunto perché vuole nascondere qualcosa?
Ma torniamo a Eli e Ned che scartabellavano i fogli e bisbigliavano. Poi hanno messo al corrente anche Oliver.
A questo punto ho domandato: — Vi dispiacerebbe dirmi di cosa cavolo state barbugliando?
Immagino che fossero contenti di escludermi, per darmi un assaggio di quello che significa essere un cittadino di serie B. O forse ritenevano semplicemente che gli avrei riso in faccia. Ma alla fine hanno deciso di far entrare anche me. Oliver, loro ambasciatore, mi ha domandato:
— Dove pensi di andare, a Pasqua?
— A Bermuda, forse. O in Florida. O a Nassau. — In effetti non ci avevo pensato molto.
— Che ne diresti dell’Arizona?
— Perché, cosa c’è in Arizona?
Oliver ha fatto un respiro profondo. — Eli stava esaminando certi manoscritti rari, nella biblioteca — ha cominciato, con un’aria impacciata e confusa — e si è imbattuto in uno intitolato Libro dei Teschi, che evidentemente era lì da cinquant’anni senza che nessuno l’avesse mai tradotto. Ha fatto ulteriori ricerche, e ritiene…
…Che i Custodi dei Teschi esistono davvero e che ci renderanno partecipi del dono di cui loro stessi godono. Comunque Eli e Ned e Oliver hanno intenzione di recarsi in Arizona a dare un’occhiata. E io sono invitato. Perché? Per i miei soldi? Per il mio fascino? Se, in realtà, è perché i candidati vengono accettati solo in gruppi di quattro e siccome noi quattro siamo appunto compagni di stanza, sembra logico che…
E via di questo passo. Io ho risposto che ci stavo, per tutti i diavoli. Quando papà aveva la mia età, se n’è andato nel Congo Belga a cercare uranio. Non l’ha trovato, ma non per questo gli è andata male. Anch’io ho il diritto di andare a cercare qualcosa che non c’è. Certo che vengo, ho risposto. E poi non ho più pensato alla faccenda se non dopo gli esami.
Poi Eli mi ha rivelato alcune delle regole del gioco. Su ogni quattro candidati, soltanto due avranno la vita eterna; gli altri due dovranno morire. Un piccolo tocco di melodramma. Mi ha guardato dritto negli occhi. — Adesso che conosci i rischi — ha detto — se preferisci puoi ritirarti. — Credeva di avermi messo alle corde, forse perché pensava che nel mio «sangue blu» ci fossero striature giallastre.
Io gli ho riso in faccia. — Il cinquanta per cento non è mica una cattiva probabilità — gli ho detto.
4
Ned
Qualche rapida impressione prima che questo viaggio ci cambi per sempre; presto ci cambierà, non c’è il minimo dubbio. È la sera di mercoledì?… marzo, e stiamo arrivando a New York.
TIMOTHY. Roseo e dorato. Robusti fasci muscolari ricoperti da cinque centimetri di grasso compatto. Grosso, pesante; potrebbe essere un ottimo terzino. Occhi azzurri da episcopale, sguardo irridente. Col suo sorriso cordiale smonta chiunque. Affettazione dell’aristocrazia americana. Porta i capelli a spazzola (oggigiorno!): è il suo modo di annunciare al mondo che lui è libero di fare quello che vuole. Si atteggia a pigro e volgare. Un grosso felino, un leone insonnolito. Fare molta attenzione. I leoni sono più astuti di quanto sembrano, e più veloci di quanto le loro vittime tendono a ritenere.
ELI. Nero e bianco. Snello, delicato. Occhi come bottoni. Un paio di centimetri più alto di me, e tuttavia basso. Labbra sottili, sensuali; mento forte; zazzera a ricciolini, come nelle statue assire. Pelle bianca, bianchissima: non è mai stato al sole. Un’ora dopo essersi fatto la barba ha bisogno di radersi di nuovo. Fitto vello su petto e cosce: avrebbe un aspetto virile se non fosse così molle. Ha molta sfortuna con le ragazze. Con lui potrei andare dappertutto, ma non è il mio tipo: è troppo simile a me. Impressione generale di vulnerabilità. Rapido, mente agile (non così profonda come ritiene lui, ma comunque non è uno sciocco). Sostanzialmente è uno scolastico medioevale.
IO. Giallo e verde. Agile, piccolo, snello, con un nucleo di goffaggine all’interno della mia agilità. Capelli brunodorati, morbidi; gonfi e arruffati tanto da formare una specie di aureola. Fronte alta e con tendenza ad alzarsi sempre più, accidenti! Sembri una figura dell’Angelico, mi hanno detto in una sola settimana due ragazze diverse. Suppongo che frequentassero lo stesso corso di storia dell’arte. Ho un’aria decisamente da prete. Così diceva sempre mia madre: mi vedeva già come un affabile monsignore intento a consolare i dolenti. Mi dispiace, mamma: il Papa non vuole quelli come me. Le ragazze sì, invece: capiscono subito che sono un finocchio e mi si offrono in tutti i modi; suppongo che lo facciano per dimostrare che non hanno inibizioni. Che peccato! Che spreco! Sono un discreto poeta, e uno scrittorucolo di racconti. Se ne avessi il fegato proverei col romanzo. Prevedo che morirò giovane. Sento che lo esige il romanticismo. Per coerenza d’atteggiamento sono costretto a contemplare sempre l’eventualità di un suicidio.