Seguivamo le sue tracce procedendo a monte lungo il corso del ruscello: trovavamo qui un mucchietto di escrementi, là una chiazza umida alla base di un albero. Dopo due o tre chilometri sotto quel caldo, senza aver ancora trovato il cane e con gli abiti inzuppati di sudore, giungemmo dove il ruscello è più fondo, oltre la fattoria dei Madden: abbastanza fondo da poterci nuotare. Karl disse: — Facciamo una nuotata? — e io replicai: — Ma non abbiamo portato il costume! — Tutt’e due scoppiarono a ridere, e cominciarono a spogliarsi.
Be’, naturalmente io mi ero già trovato nudo davanti a mio padre e ai miei fratelli, e di tanto in tanto avevo nuotato senza costume; ma ero ancora talmente soffocato dalle convenzioni, talmente legato al modo «giusto» di fare le cose, che quella protesta mi era venuta alle labbra spontaneamente.
Comunque mi spogliai. Lasciammo gli abiti sulla riva e procedemmo sulle rocce malferme e scivolose fino a giungere dove il ruscello era più fondo, Karl davanti e poi Jim e io in coda, e ci tuffammo, e sguazzammo qui e là per una ventina di minuti, e quando uscimmo eravamo ovviamente bagnati, per cui ci sedemmo sulla riva ad asciugarci al sole dato che non avevamo salviette.
Per me era una cosa nuova, starmene nudo con altre persone nude, allo scoperto, senza l’acqua che ci nascondesse il corpo. E ci guardammo a vicenda. Karl, maggiore di un anno rispetto a Jim e a me, aveva già cominciato a svilupparsi: aveva le palle più grosse delle nostre, aveva all’inguine una chiazza di peli scuri (anch’io avevo un po’ di peli, ma siccome sono biondo non si vedevano), ed era orgoglioso di possedere queste cose, e se ne stava a pancia in su mettendole in bella vista.
Vidi che mi guardava, e mi chiesi cosa stesse pensando. Forse criticava il mio uccello perché era troppo piccolo, un uccellino da ragazzo, mentre il suo era già un uccello da uomo? Ma comunque era bello starmene lì al sole, col caldo che mi asciugava la pelle, ad abbronzarmi dove ero bianco come il ventre di un pesce.
E d’un tratto Jim uscì in una specie di strillo e serrò le gambe portandosi le mani sopra l’inguine, e io mi guardai intorno e scorsi Sissy Madden. che doveva essere sui sedici o diciassette anni. Stava facendo una passeggiata a cavallo.
La sua immagine è stampata nella mia memoria: un’adolescente paffuta, con lunghi capelli rossi, calzoncini scuri attillati, una maglietta polo bianca dalla quale virtualmente esplodevano i grassi seni; se ne stava in groppa alla sua roana dalla schiena incavata, guardando giù verso noi tre e ridendo.
Balzammo in piedi, Karl, io, Jim, uno, due, tre, e ci buttammo a corsa pazza, zigzagando da tutte le parti, cercando disperatamente un posto in cui Sissy Madden non potesse vedere la nostra nudità. Rammento ancora il senso d’urgenza, l’impellenza di sottrarci allo sguardo della ragazza, ma non c’erano posti in cui nasconderci. Gli unici alberi erano dietro di noi, lungo la parte fonda del ruscello dove eravamo andati a nuotare, ma Sissy si trovava appunto là. Davanti a noi c’erano soltanto bassi cespugli ed erba alta, ma non alta abbastanza.
Io corsi a più non posso per cento o duecento metri, scorticandomi i piedi, con l’uccellino che mi sbatacchiava contro il corpo (non avevo mai corso nudo prima d’allora, e ne stavo scoprendo tutta la scomodità); infine mi gettai a faccia in giù nell’erba, rannicchiandomi, nascondendomi come uno struzzo. A tal punto mi vergognavo!
Sarò rimasto accovacciato là per un quarto d’ora, dopodiché udii delle voci e capii che Karl e Jim mi stavano cercando. Con grande cautela mi alzai. Erano vestiti, e Sissy non si vedeva. Dovetti rifare, nudo com’ero, tutta la strada fino alla riva del ruscello. Mi parve di camminare per chilometri; e provavo ancora vergogna, per il fatto che io ero nudo e loro no. Voltai loro la schiena e mi rivestii.
Quattro giorni dopo, al cinema, vidi nell’atrio Sissy Madden che parlava con Joe Falkner; mi sorrise, strizzandomi l’occhio, e io avrei voluto sprofondare nelle viscere della terra. Sissy Madden mi ha visto il coso, dissi fra me; e queste sette parole mi risuonarono nella mente un milione di volte durante il film, tanto che non capii un’acca della vicenda.
Ma la vergogna che provai a undici anni, l’imbarazzo per la mia virilità ancora abbozzata, scomparve presto. Mi riempii, mi sviluppai fisicamente, divenni alto, e poi non ebbi più ragione di vergognarmi del mio corpo.
E così rammento un sacco di nuotate in compagnia, senza più tirar fuori la faccenda del costume. Talvolta c’erano anche delle ragazze, magari quattro contro cinque maschi: ci spogliavamo pudicamente dietro alberi diversi, ragazze da una parte e ragazzi dall’altra, ma poi correvamo al ruscello tutti insieme, con uccelli e tette che ballonzolavano. E in acqua si poteva vedere bene ogni particolare, mentre loro saltellavano qui e là. Arrivati ai tredici o quattordici anni, dopo il bagno ci dividevamo in coppie, per i nostri primi esperimenti scopatorii.
Rammento di non aver mai superato del tutto il mio stupore alla vista del corpo femminile, così piatto e vuoto all’inguine. E quei fianchi più larghi dei nostri, e quelle natiche più grosse e soffici, simili a tondi cuscini rosa…
Ogni volta che nuotavo in compagnia, tutti nudi, ricordavo l’episodio con Karl e Jim e Sissy Madden, e ridevo della mia sciocca timidezza. Specialmente quando venne a nuotare con noi Billie Madden, che aveva la nostra età ma era tale e quale sua sorella maggiore. Stando lì nudo sulla riva del ruscello, accanto a Billie, osservando le lentiggini che scendevano nella valle fra i suoi grossi seni e le profonde fossette che marcavano il suo grosso posteriore, ebbi l’impressione che tutta la mia vergogna di quella volta con Sissy fosse stata cancellata, che Billie nuda pareggiasse il conto fra me e le sorelle Madden, che la faccenda non avesse più un’importanza determinante.
Pensando a queste cose, oggi, mentre strappavo le erbacce nel campo di capsico dei frati, col sedere nudo scaldato dal sole sempre più alto, mi sono reso conto che nelle profondità della mia memoria aleggiavano anche altre cose: episodi antichi, scuri e sgradevoli e semidimenticati, che non avevo nessuna voglia di riportare a galla. Tutta un’arruffata matassa di ricordi. Io nudo, altre volte, con altre persone… Giochi da ragazzi, alcuni non poi tanto innocenti… Immagini indesiderate hanno preso a sgorgare con fragore dal mio passato, come una piena di primavera.
Me ne stavo immobile, travolto da ondate di paura. Muscoli serrati uno contro l’altro, corpo lucido di sudore. E mi è accaduta una cosa davvero indecente. Ho avvertito un ben noto pulsare, giù in basso ho sentito che il coso cominciava a farsi duro e ad alzarsi. Ho guardato, e… sì, sì, eccolo che veniva su bello duro.
Avrei voluto morire. Avrei voluto gettarmi a capofitto nel suolo. Era proprio come quella volta che Sissy Madden ci aveva visti e io avevo dovuto tornarmene nudo al ruscello mentre Karl e Jim si erano già rimessi addosso i panni e avevo sperimentato dal vero quello che si prova a trovarsi nudi e pieni di vergogna in mezzo ad altre persone vestite.
E adesso mi era successo ancora: Ned ed Eli e Timothy e i frati avevano calzoni tutti quanti, e io invece ero nudo, e non me n’era importato un accidente finché di colpo mi era capitato quello e ora mi sentivo esposto alla vista di chiunque come se la mia immagine fosse stata trasmessa per televisione. Mi avrebbero fissato tutti, osservando la mia erezione e chiedendosi che cosa mi avesse eccitato, quali pensieri lubrichi mi fossero passati per la mente.
Dove potevo nascondermi? Come potevo coprirmi? Qualcuno mi stava già guardando?
Veramente sembrava di no. Eli e i frati erano molto più avanti lungo il filare. Timothy, che se la piglia sempre comoda, era rimasto molto indietro. L’unico vicino a me era Ned, un cinque metri dietro di me. Se rimanevo com’ero, dandogli le spalle, la mia vergogna era celata alla sua vista. Già avvertivo un inizio di afflosciamento, in basso: ancora un minuto e sarei tornato normale, e avrei potuto risalire il filare fino al cespuglio dove avevo steso i calzoni. Sì. Era giù, adesso. Tutto a posto. Mi sono girato.