E questo era tutto. Il grande segreto di Timothy. Terminato di parlare, Timothy ha rialzato gli occhi: era vuoto, prosciugato, grigio in volto, vecchio di un milione e mezzo di anni.
— Non hai idea di come mi sono sempre sentito idiota per aver fatto una cosa del genere — ha detto. — Idiota e in colpa.
— E adesso ti senti meglio?
— No.
Non sono rimasto sorpreso. Non ho mai creduto che aprire l’animo possa liberare dal rimorso. Serve solo a mettere a disagio qualcun altro.
Quella che Timothy mi aveva raccontato era una storia sporca, sordida. Una storia di gente ricca e oziosa, sempre intenta a fregarsi a vicenda nel solito modo, sempre preoccupata della verginità e delle convenienze, sempre pronta a creare piccoli melodrammi imperniati sullo snobismo e sulla frustrazione, per potervi avere insieme ai propri amici il ruolo dei personaggi principali.
Quasi provavo dispiacere per Timothy: il grosso, impacciato, cordiale, aristocratico Timothy, tanto vittima quanto colpevole, che cercava semplicemente un po’ di commedia, là a quel circolo sportivo, e invece si era preso una ginocchiata all’inguine. E così si era ubriacato e aveva violentato sua sorella perché pensava che ciò l’avrebbe fatto sentir meglio, o perché non pensava più del tutto. E questo era il suo grande segreto, il suo tremendo peccato inconfessabile.
Mi sentivo insudiciato anch’io. Era una storia meschina, spregevole, e ora me la dovevo portare dentro per sempre. Non sono riuscito a trovare una sola parola da dirgli.
Dopo forse una decina di minuti di silenzio, Timothy si è alzato pesantemente e si è diretto alla porta strascicando i piedi.
— Benissimo — ha detto. — Ho fatto quello che voleva Fra Javier. Adesso mi sento come un sacco di merda. E tu come ti senti, Oliver? — Una breve risata. — E domani tocca a te.
È uscito.
Già. Domani tocca a me.
37
Eli
— Ecco — ha esordito Oliver. — Un giorno, agl’inizi di settembre, io e il mio amico Karl siamo andati a caccia. Per tutta la mattina abbiamo cercato colombi selvatici o pernici nei boschetti a nord della città, ma non abbiamo preso nient’altro che polvere. Poi, usciti dalla macchia, ci siamo trovati davanti un laghetto: uno stagno, più esattamente. Eravamo accaldati e sudati, perché l’estate non era ancora finita del tutto. Perciò ci siamo tolti fucili e vestiti e abbiamo fatto una nuotata; poi ci siamo distesi su una grossa roccia piatta, ad asciugarci, e intanto speravamo che qualche uccello passasse di lì in modo che potessimo abbatterlo senza neppure alzarci.
"A quell’epoca Karl aveva quindici anni e io quattordici, ma io ero più grosso di lui perché mi ero sviluppato più in fretta e già in primavera l’avevo superato. Fino a pochi anni prima, Karl mi era sembrato tanto più grande e sviluppato di me; ma ora, al mio confronto, sembrava sottile e fragile.
"Siamo rimasti a lungo in silenzio; poi, mentre io stavo per proporre di rivestirci e cambiare zona, Karl si è girato verso di me, con uno sguardo singolare, e si è messo a scrutarmi il corpo, soprattutto l’inguine. Intento parlava delle ragazze: come sono stupide, che versi stupidi fanno quando uno le corica, com’era stufo lui di dover fare discorsi amorosi prima che loro lo lasciassero entrare, com’era stufo delle loro sciocche tette cascanti, delle loro risatine, del loro trucco, quanto detestasse dover loro comprare bibite é ascoltare le loro chiacchiere, e così via. Un sacco di discorsi su questo argomento. Io ho fatto una risata e ho detto: ’Be’, le ragazze avranno i loro difetti, ma sulla piazza non c’è altra scelta, no?’. E Karl ha detto: ’Si che c’è’.
"A questo punto mi sono convinto che mi stava prendendo in giro, e gli ho detto: ’Karl, a me non è mai piaciuto molto scopare le vacche o le pecore. O forse ultimamente ti sei messo con le anitre?’.
"Lui ha scosso il capo, con un’aria seccata. ’Non parlo di scopare gli animali’, ha detto, col tono che si usa parlando a un bambino. ’Quella merda lì è per gl’imbecilli, Oliver. Io sto solo cercando di spiegarti che esiste una maniera per venire senza aver bisogno di una ragazza, una maniera piacevole e pulita. Non abbiamo bisogno di venderci alle ragazze e di fare tutta la merda che loro vogliono farci fare per accontentarle, capisci cosa voglio dire? È una cosa semplice e leale, senza sorprese, con le carte tutte in tavola. Sai cosa ti dico? Non rifiutarla se prima non l’hai provata’.
"Io non ero ancora ben sicuro di quello che Karl intendeva: in parte perché ero ingenuo, e in parte perché non volevo credere che intendesse davvero quello che pensavo. Ho fatto un mezzo grugnito non impegnativo, che Karl deve aver scambiato per un invito a proseguire perché ha allungato una mano e me l’ha messa sulla coscia, in alto.
"’Ehi, un momento!’, ho detto, e lui ha detto: ’Non rifiutarla se prima non l’hai provata, Oliver’. Proseguendo con una voce bassa e cavernosa, mi ha spiegato che le donne non sono altro che animali, che lui voleva tenersene alla larga per tutta la vita, che anche se si fosse sposato non avrebbe avuto contatti con sua moglie se non per fare figli, ma che per il resto, per quanto riguardava il proprio piacere, si sarebbe sempre rivolto solo agli uomini, perché vedeva questa soluzione come l’unica accettabile e onesta. ’Andiamo a caccia con altri uomini’, ha detto, ’giochiamo a carte con altri uomini, ci ubriachiamo con altri uomini, parliamo con gli uomini come non parleremmo mai con le donne, aprendoci completamente: e allora perché non dovremmo andare fino in fondo e fare con gli uomini anche l’amore?’
"E mentre mi spiegava queste cose, parlando molto in fretta, senza mai lasciarmi infilare neanche mezza parola, riempiendomi la testa al punto che tutto quello che diceva mi sembrava ragionevole e logico, Karl mi teneva la mano sulla coscia, in maniera indifferente, così come si potrebbe tenere la mano sulla spalla di uno mentre gli si sta parlando; e poi ha cominciato a muoverla su e giù, su e giù, e ogni volta mi arrivava più vicino all’inguine.
"E si stava eccitando, Eli, e mi stavo eccitando anch’io. È proprio questo, che mi ha stupito: che anch’io mi stessi eccitando. Mi stava venendo duro. Con un cielo azzurrissimo sopra di noi e nessun altro essere umano in vista nel raggio di dieci chilometri. Avevo paura di guardarmi in basso, mi vergognavo di quello che mi stava succedendo. Per me era una rivelazione, che un maschio mi potesse eccitare.
"’Solo questa volta’, ha detto Karl. ’Solo una volta, Oliver, e se poi non ti piacerà non ne parleremo più. Ma non devi rifiutarla se prima non l’hai provata, capisci?’
"Io non sapevo che cosa rispondergli, e non sapevo come togliermi di dosso la sua mano. E allora la sua mano si è spostata più su, e più su, e più su, e… Be’, Eli non intendo fare descrizioni troppo calligrafiche: se ti senti imbarazzato dimmelo, e io cercherò di descrivere la scena a grandi linee…"
— Racconta come ti senti di raccontare, Oliver.
— Be’, insomma, alla fine la sua mano si è stretta intorno al mio… intorno al mio uccello, Eli: mi stringeva il pene, proprio come avrebbe fatto una ragazza, ed eravamo tutt’e due nudi accanto allo stagno nel quale avevamo nuotato, al limitare del boschetto, e Karl mi spiegava in che modo potevamo darci piacere a vicenda, come appunto fanno gli uomini. "Ho imparato tutto per bene", ha detto. "L’ho imparato da mio cognato. Vedi, lui odia mia sorella: sono sposati soltanto da tre anni e lui non la può più soffrire, e una sera mi ha detto: ’Lascia che ti mostri una cosa divertente, Karl’. E aveva ragione, è stata una cosa divertente. Perciò adesso lascia che te la mostri io, Oliver. E poi mi dirai con chi ti sei divertito di più, se con Christa Henrichs o con me, se con Judy Beecher o con me".
Un lezzo di sudore permeava la stanza. La voce di Oliver era pungente: ogni sillaba risuonava con la forza di un giavellotto. Lui sembrava in trance: occhi vitrei, volto paonazzo. Se fosse stato un altro l’avrei creduto drogato.