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Entrò nella stanza grigia attraverso una delle due porte, e si sedette su una delle due seggiole. Subito dopo, l’uomo con il quale era venuto a parlare entrò.

È solo un uomo, pensò Palestrina.

L’uomo si sedette davanti a lui in silenzio, e unì le mani in grembo.

Sembrava proprio un tipo normale. Anziano e trasandato, con un vestito grigio sciupato e un cappello dalla tesa piegata. A Roma, pensò Palestrina, sarebbe stato uno come tanti altri. Lo avrebbero preso per un borghese di poco successo, un negoziante di alcolici, o un impiegato in pensione della cavernosa burocrazia dei Tribunali. Cercando indizi di mala fede, il cardinale non notò niente, tranne la grande mobilità degli occhi dell’uomo. Ma faceva fatica a fissarlo negli occhi. La tentazione di spostare lo sguardo, e in un certo modo, di spostare lo sguardo da se stesso, era quasi invincibile.

— Qual è il suo nome? — gli domandò.

— Camminatore — disse l’uomo vestito di grigio.

La voce era particolare; rimbombante, ma atona.

— Camminatore…?

— Camminatore, stanatore, cacciatore, trovatore — fece un sorriso volpino. — Camminatore è il mio nome di famiglia.

— Ha conosciuto i suoi genitori? — chiese Palestrina.

— No, signore. Io sono cresciuto qui.

Allora era vero, pensò Palestrina, ciò che gli avevano detto al Segretariato e ciò che aveva voluto sottintendere Neumann. In quell’edificio avevano creato uomini e donne, come bestiame. Interventi chirurgici; ovuli femminili tolti dal tessuto vivo e fertilizzati in vitro. Clonazioni praticate in laboratori sterili con l’ausilio di incantesimi di fertilità. Il solo pensiero lo faceva stare male.

— Ma io so chi siete voi… — aggiunse Camminatore. Voi siete il papista.

— Mi chiamano così?

— Nessuno parla molto con me. Ma a volte sento che dicono delle cose.

— E allora capisce perché io mi trovo qua?

— Ha qualcosa a che fare con la guerra.

— Ha qualcosa a che fare, spero profondamente, con la pace.

Camminatore scrollò le spalle, come per dire: per me è lo stesso. — Voi siete un giudice — disse.

— Sì, in un certo senso. E sa che cosa devo giudicare?

— Me — disse l’altro. Il suo sorriso persisteva, infantile in una maniera orribile.

— La sua utilità — corresse il porporato. — Se è in grado di aiutarci. Se quello che sta facendo ci può aiutare, in Europa.

— Quello che sono buono a fare — interpretò l’uomo.

No, pensò Palestrina; non devo stabilire quello che sei buono a fare, devo stabilire se sei buono. O peggio ancora: se sei un acquisto che il nostro bilancio morale si può permettere.

Ma invece disse: — In un certo senso.

— Oh, io non sono buono a fare molte cose; mi hanno fatto così — si toccò la testa. — Ma so fare alcuni giochetti.

— Mi racconti.

— Incantesimi. Di ricerca e di cattura. È un lavoro molto laborioso, ma sono abbastanza bravo. E poi so fare quell’altra cosa. Penso che sappiate già di che si tratta.

— Viaggiare attraverso i mondi — disse il cardinale. Ancora stentava a crederci. Eppure lì, in quella stanza, in quel palazzo…

— Attraverso il plenum — disse Camminatore. — Sì.

— E lo potrebbe fare anche adesso… se lo desiderasse?

— Sì.

— Potrebbe andare… — Palestrina alzò entrambe le mani, con le palme rivolte verso l’alto — ovunque?

— Solo in certi luoghi — rispose Camminatore.

— Quali luoghi?

— Dove sono stati loro.

Il cuore della faccenda.

— Mi è sembrato di capire — disse l’ecclesiastico — che foste una famiglia.

— Tanto tempo fa — disse Camminatore, e un’ombra sembrò attraversargli il viso; non tanto un’emozione, pensò Palestrina, quanto l’ombra di un’emozione.

— Le piacerebbe parlarne? — domandò.

— Mi hanno detto di rispondere alle vostre domande.

— E lei deve fare per forza ciò che le dicono?

— Sì.

— Allora mi racconti — disse il cardinale Palestrina.

Camminatore chiuse gli occhi, e sembrò che potesse guardare direttamente il ricordo.

— Eravamo in tre — disse. — Eravamo i migliori che potessero creare. Avevamo il talento. Molto forte. Così, ci chiusero dentro, naturalmente… ci ingabbiarono con magie e incantesimi. E per un certo periodo funzionò.

Intrecciò le mani in grembo. Palestrina non poté fare a meno di fissare le dita che si intrecciavano per poi liberarsi; dita vecchie e ossute.

— Ci diedero un nome a testa. Camminatore, Julia e William. Venivamo tutti da genitori diversi, o forse da nessun genitore, ma noi ci consideravamo fratelli e sorella. William era il maggiore, e io lo ammiravo un sacco. Sorprendeva sempre i dottori e le infermiere, facendo cose che non credevano fosse in grado di fare. Io penso che William si portasse in giro il plenum stesso dentro di sé; lui era così grande, così potente… Era come un dio.

Gli occhi di Camminatore scintillarono al ricordo di una vecchia sensazione. Il cardinale Palestrina rimase in silenzio.

— Julia era molto bella. Se devo dirle la verità, padre, io mi trovavo un po’ perso fra loro due. William era grande e potente. Julia era bellissima e furba. E io, io ero solo Camminatore. Il semplice Camminatore. Oh, certo, anch’io sapevo fare i trucchi. Ma non come loro. Ma non importava; avevamo noi stessi.

— Finché loro non se ne andarono — disse Palestrina con tono pacato.

L’espressione di Camminatore s’indurì. — A volte ne parlavano. Io la consideravo una cosa negativa. Un errore. Non poteva scaturirne niente di buono. Ma loro avevano compreso anche me. Io l’apprezzai molto. “Non ci possono tenere” diceva sempre William. “Neanche con tutti i loro incantesimi ci possono trattenere qui.” E alla fin fine, sapete, aveva ragione.

— Ma lei rimase indietro — insistette il cardinale.

— Io non potevo andare! O non volevo andare. O non ero abbastanza forte per andare…

— Non se lo ricorda?

— Mi ricordo di loro che mi pregavano. Eravamo già cresciuti, allora, e sapevo che William e Julia si volevano bene, e che volevano bene anche a me, ma in un modo diverso. Mi amavano di meno. Così, abbattemmo gli incantesimi e stavamo per andarcene dove nessuno ci poteva trovare, a mondi e mondi di distanza. Ma io non volevo, o non potevo, e infine dissi loro di andare finché erano ancora in tempo, di andare e di lasciami qui… e loro lo fecero…

— La lasciarono?

— Sì.

— E le dispiacque?

— Non ricordo.

— Come mai non ricorda?

— Perché fui preso dai funzionari. Mi presero e mi portarono dai chirurghi — fissò Palestrina con il capo chinato da un lato, con un’espressione che era maliziosa e patetica allo stesso tempo. — Mi hanno operato — disse.

Il cardinale provò un attimo di orrore. — Operato…?

Camminatore si tolse il vecchio cappello grigio.

Anche a distanza di tanti anni, la cicatrice era ben visibile. Formava un cerchio irregolare che partiva dall’orecchio sinistro per passare sopra l’orbita dell’occhio e poi scomparire sotto i capelli. Camminatore ne seguì la traccia con il dito. — Mi hanno aperto il cranio — disse. — E ci hanno tirato fuori delle cose.