Camminatore gli aveva mostrato tutto ciò che poteva diventare suo. La sua eredità, gli aveva detto. — Tu sei state fatto per questo. — Immaginati una terra, gli aveva detto, una terra verde che si estende per chilometri; fattorie, città, e cieli azzurri. E tu sei in cima a una collina, e la osservi, ed è tua… appartiene a te.
Un’eredità di terre e di potere.
I regni della Terra.
— Se lo desideri — aveva detto Camminatore — basta che tu faccia un piccolo lavoretto per noi.
Anche adesso, in quella camera d’albergo a San Francisco, il ricordo era lucido e limpido come un gioiello. Il mio posto, pensò Tim. Casa mia, ecco cosa mi ha promesso. E forse, pensò, questo era il modo di Camminatore per espiare l’incidente sulla spiaggia. Trovarmi e farmi stare bene. Era abbastanza sensato. Un incidente poteva capitare a chiunque.
Eppure…
— A volte — disse Tim — penso che dovremmo semplicemente dir loro la verità.
— Anch’io provo questa tentazione — disse Camminatore. — Ma sai bene che loro non capirebbero.
— Non si fidano di te. Non… non alla stessa maniera in cui mi fido io.
— Fortunatamente — disse Camminatore — non è di me che si devono fidare.
— Tutto ciò che vogliamo — continuò Tim — è riportarli a casa, vero? Loro se ne accorgerebbero, se ci venissero.
— Ne sono certo — disse l’uomo iniziando a svanire, ormai soddisfatto, infilandosi in qualche angolo nascosto che conduceva fuori dal mondo. — Ne sono certo.
— Le rivedrò ancora domani — disse Tim — e farò un lavoro migliore.
Camminatore sorrise e scomparve.
Ormai solo, Tim si sentì rassicurato. Stava facendo quello che era giusto. E se non era giusto, stava facendo l’unica cosa possibile. A pensarci bene, aveva ben poche alternative.
Aveva paura di Camminatore, ma allo stesso tempo si fidava di lui. Era quel genere di rapporto. Un rapporto di fiducia.
Dopo tutto, l’Uomo Grigio era la cosa più simile a un padre che avesse mai avuto.
23
Michael rimase sveglio a lungo nella quiete plumbea della sua stanza, completamente silenziosa a parte il leggero respiro di Karen e di Laura nell’oscurità.
Gli piaceva l’oscurità, e gli piaceva averla intorno. In tutte le strane camere in cui aveva dormito, da Turquoise Beach a Polger Valley e poi fino a San Francisco, l’unica costante familiare era stata l’oscurità. Era la cosa più vicina a casa sua che conosceva.
Casa, pensò. Una parola che Tim aveva usato più di una volta.
Ora come ora, Michael non era certo del suo significato.
Casa era una camera d’albergo buia lungo qualche autostrada deserta.
Oppure, casa era quel mondo distante che gli capitava a volte di vedere nelle sue visioni; il “mondo migliore” del quale aveva parlato alla zia Laura. Pensò a quel mondo; oceani e foreste, come avrebbe potuto essere stata l’America cento anni prima. Ma era anche un mondo pieno di vita, con città affollate e vivaci mercati. Strade, fattorie, e grandi, delicate macchine volanti. Si domandò se in quel mondo esistesse una città chiamata San Francisco, e pensandoci, si rese conto che esisteva; ma non era grande come questa, e la gente parlava soprattutto lo spagnolo e il nahuatl. Era quella casa sua?
Forse.
Ciò che probabilmente non era casa sua era quella nei sobborghi di Toronto dove era cresciuto. Era già un ricordo per lui. Un ricordo che diventava sempre più lontano… avrebbe potuto essere a un milione di chilometri di distanza.
Ma Tim aveva parlato di un’altra casa.
L’aveva chiamata Novus Ordo. Michael ripeté le parole, a bassa voce, nell’oscurità.
È da li che veniamo. È li che siamo stati creati.
Era un po’ come essere Made in Japan, o Made in Hong Kong. Forse, pensò Michael, forse da qualche parte ce l’abbiamo scritto. Un segno di nascita, o un tatuaggio. “Made in Novus Ordo”.
Forse, dopo tutto, non era un luogo così malvagio.
Lo percepì debolmente lungo un distante corridoio di possibilità. Una porta.
Porte e angoli, pensò Michael assonnato. Era solo a un passo laterale da lì. Lo poteva sentire, e lo poteva vedere. Era un luogo molto, molto freddo. Vide una vecchia e buia città industriale; non era San Francisco, ma qualche posto nell’est; un luogo catramoso sotto un cielo grigio. Vide fiamme che sgorgavano dalle ciminiere delle fabbriche; vide un fiume scuro che serpeggiava verso sud.
Non era un posto attraente. Ma Tim l’aveva detto. Non era particolarmente buono o cattivo come posto. Non era un’utopia.
Ma era casa.
La parola riecheggiò nella sua mente finché non perse tutto il suo significato. Casa, pensò, è il luogo a cui appartieni. È dove c’è uno spazio per te. Dove ti capiscono. Dove tu puoi parlare.
Casa era un luogo in cui non era mai stato.
A meno che Tim non l’avesse trovato per lui.
Quel mattino, Karen scese alla tavola calda dell’albergo con Michael e Laura, dove li stava aspettando Tim. Era una giornata fosca. La nebbia premeva sulle vetrine, e la parte opposta della strada sembrava persa fra strati di nubi.
— La questione — disse Tim — è che cosa volete realmente. Perché siete venute a cercare me, innanzitutto?
— Per scoprire che cosa siamo — disse Laura — e per vedere che cosa si può fare per la faccenda dell’Uomo Grigio.
L’ora di punta della colazione era finita, e la sala era quasi deserta. Un uomo con un secchio e uno straccio puliva con grande calma le piastrelle del pavimento. Karen sedeva con Michael sulla parte centrale della panca di vinile, felice di lasciar parlare sua sorella.
Tim continuò; — Be’, una parte l’avete ottenuta. Sapete chi siete, e sapete da dove venite. Per quanto riguarda l’Uomo Grigio… vi assicuro che non potete trattare con lui senza bisogno di aiuto.
— Il tuo aiuto?
— L’aiuto della gente che l’ha creato.
— La gente di cui parlavi… il Novus Ordo.
— Esattamente — disse Tim.
— Tu vuoi che noi andiamo lì.
Laura lanciò un’occhiata a Karen, che annuì.
— Sarebbe una soluzione saggia — disse Tim. — Forse l’unica soluzione. Avete molte alternative?
— Ma dobbiamo prenderti in parola per tutto questo — disse Laura.
Tim si tirò indietro. Assunse un’espressione cauta. — Non sono sicuro che piaccia ciò che stai implicando.
— È passato tanto tempo, tutto qua. L’ultima volta che ti abbiamo visto, avevi l’età di Michael. Te lo ricordi? Eri un ragazzino in giubbotto di pelle con un pessimo carattere. Ed eri tremendamente litigioso.
Tim riuscì a darsi un’aria offesa. — Vuoi dire che non vi fidate di me.
— Voglio dire che aspettarsi fiducia è chiedere parecchio. Siamo lì in mezzo alla strada, e improvvisamente appari tu; “ciao sorella, come va?” Ma sono passati vent’anni, Timmy. La gente cambia. Chi è questo tipo? E che cosa vuole da noi? Mi sembra una domanda legittima.
Tim scosse il capo. Aveva un’aria triste, pensò Karen, ma c’era anche una piccola traccia, molto debole, di quell’odio che una volta esprimeva tanto liberamente.
— Siamo alle solite, vero? — disse Tim. — Arrivate fino al limite, e poi scappate via. È così che state vivendo, tutt’e due. Be’, è facile inventare scuse. Ma non risolverete certo i vostri problemi.
Laura sbatté le palpebre. — Perché dici questo? Tu non sai niente di noi.
— Forse avevo solo quindici anni, però avevo gli occhi. E ho una memoria.