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Karen fece una pausa.

— Poi — continuò — quando arrivai, trovai semplicemente una donna anziana molto confusa che spingeva in giro la carrozzina di Michael. L’aveva vista, e se l’era presa. Forse credeva di essere nel 1925, o qualcosa di simile. Io le tolsi le mani dalla maniglia e lei si limitò a fissarmi. C’era una tale confusione, e un tale rammarico, credo, in quell’espressione, che non riuscii ad arrabbiarmi. Cinque secondi prima ero pronta a farla a pezzetti, Ma invece dissi solo: “Me ne occuperò io, ora.” E lei mi rispose: “Oh, va bene: Grazie.” E se ne andò spaesata giù per la scala mobile. Ma quello che mi ricordo bene è la mia corsa. Vidi la carrozzina, e corsi a tutta velocità in quella direzione. Non mi importava di nulla, tranne che di arrivare lì. Non avevo mai corso così in vita mia. Mai. Ma mi piacerebbe…

Esitò un attimo, improvvisamente.

— Ma mi piacerebbe — continuò — poter correre ancora così.

Con voce dolce, Laura disse: — Forse lo puoi fare. Forse lo devi fare.

Karen fissò sua sorella, cercando di capire.

— Forse se n’è andato di sua volontà — disse Laura — o forse è stato preso. In ogni caso… credo che non abbiamo altra scelta; dobbiamo seguirlo.

— Seguirlo dove?

— Il posto più logico sarebbe il mondo del quale parlava Tim. Il Novus Ordo. Ma questa non è un’indicazione molto precisa. Dobbiamo sapere dove è andato… dobbiamo sentirlo.

— Sei in grado di farlo?

— No. Ma voglio! Ci sto provando. Ma è come cercare il fumo… lo sento, ma poi svanisce nel nulla. — Fissò Karen. — Forse tu sei in grado di farlo.

Ma era assurdo, pensò Karen. Io non ho nessun talento. Lo disse.

— Karen, non è vero — disse Laura. — Tu hai cercato di condurre un certo genere di vita, e so che è passato molto tempo. Ma tu eri potente almeno quanto me… tanti anni fa.

— Eravamo bambini!

— Non cambia nulla.

— Cambia eccome!

— Tu cerchi di convincertene, ma è sempre stata una bugia. Karen, capisci quello che ti sto dicendo? Si tratta di una cosa importante. Se non ci provi… be’, allora forse lo abbiamo perso. Vince l’Uomo Grigio. Forse non lo riavremo mai.

Il figlio primogenito, pensò Karen. Michael!

Ma non posso, pensò. Laura si sbaglia. È passato troppo tempo.

Rimase seduta in quella camera d’albergo silenziosa, con gli occhi di sua sorella che la fissavano, e non riusciva a pensare ad altro che a quella corsa, all’inseguimento della carrozzina, e Michael perso nella folla. L’aveva trovato, allora. E che bella sensazione era stata.

Michael? Pensò. Era là fuori in quel momento? Era veramente possibile raggiungerlo, trovarlo?

Sentì una leggera, improvvisa elettricità… una sorta di giramento di testa, come se la stanza stesse cadendo nel nulla.

Ma era una brutta cosa. Questo era un dato di fatto per lei. Era bruttissimo permettere che quella cosa tornasse a far parte della sua vita, era bruttissimo cederle; era sbagliato. Pensò a Willis Fauve. Vide il suo viso nella sua mente, e lo vide come era vent’anni prima, con i capelli a spazzola ancora scuri, e gli occhi come nubi cariche di pioggia sotto le sue sopracciglia enormi. Una cosa bruttissima e pericolosa.

Ma Willis aveva solo paura, si disse. Willis aveva paura, e alla fine Willis aveva perso i suoi figli; erano scappati via dalla sua vita tutti quanti. E ora Karen aveva paura, e Michael se n’era andato. Forse era così che funzionava. Forse era inevitabile, come il girare di una ruota.

Tutti quei pensieri passarono per la sua testa in una frazione di secondo.

Ma lui è là fuori, pensò.

E anche questo era un dato di fatto.

Lui è la fuori, e forse Laura ha ragione; forse io posso trovarlo.

Chiuse gli occhi, allontanò il pensiero di Willis una volta per tutte, e aprì se stessa in una maniera che aveva quasi dimenticato. Tutto ciò che devo fare è guardare, pensò. Ci sono mondi là fuori, come petali di un fiore. Da quanto tempo non lo faceva?Da un quarto di secolo? Ma era facile, e forse quello era il segreto essenziale che aveva custodito per tutti quegli anni. La facilità nel farlo.

E oh, pensò Karen, quanto si era dimenticata.

L’energia fluiva nel suo corpo. Porte e finestre, pensò, come un prisma, come guardare attraverso un caledoscopio e vedere mutamenti e cambiamenti ad ogni movimento del tuo polso. Ogni frammento di vetro colorato era una porta, e ogni porta era un mondo. E attraverso uno di quelli, avrebbe trovato Michael. L’avrebbe visto da lontano. Avrebbe corso.

Era passato di lì non molto tempo prima.

Karen aveva gli occhi chiusi e stretti, ma vide una città; un complesso scuro di vie serpeggianti piene di neve, un pallido raggio di sole che filtrava attraverso l’ammasso di nubi, automobili rumorose e cavalli che espiravano nuvolette di vapore.

Vide un palazzo nero dietro mura di pietra nera.

Istintivamente, cercò Laura. — Prendi la mia mano — sussurrò. — Ora! Non so per quanto tempo sarò ancora in grado di farlo!

Sentì le dita di Laura che s’intrecciavano alle sue.

Era facile, pensò, come varcare una soglia. Bastava muoversi, ma non era esattamente un movimento, in una certa direzione, ma non era esattamente una direzione. Qui, e qui, e qui. E poi…

L’aria fredda le punse la pelle. Aprì gli occhi, e vide le mura di pietra, prosaiche e reali, proprio davanti a lei. Le mura erano alte e impossibili da scavalcare. Ma Michael era dietro quelle mura. Lo sentiva. Ed era stata fortunata. Il grande cancello di ferro era aperto.

Il cardinale Palestrina venne svegliato dall’insolente squillare del telefono. Disorientato, si portò la cornetta all’orecchio. La centralinista dell’albergo annunciò una chiamata di Carl Neumann.

— Passatela pure — disse Palestrina in tono esausto.

La voce di Neumann attraverso il telefono era squillante e penetrante. — Sta succedendo — stava dicendo. — Dovreste essere qui il più presto possibile.

Palestrina si rizzò a sedere. — Così presto?

— In questo momento, Eminenza. Mentre vi sto parlando.

— Il ragazzo?

— Il ragazzo. E non solo il ragazzo.

L’hanno colto dall’aria pura, pensò l’ecclesiastico, ancora assonnato. Colto da un mondo oltre l’orlo del mondo. Era, a modo suo, una specie di miracolo. — Va bene — disse. — Sto arrivando.

— Eccellente — disse Neumann.

Il cardinale si vestì di fretta, buttandosi addosso una pesante pelliccia mentre usciva dalla stanza. Si fermò nell’atrio dell’albergo per un veloce caffè in un bicchiere di cartone cerato, talmente caldo che gli bruciò le labbra, e poi salì su un taxi fermo al bordo del marciapiede ghiacciato.

26

Laura non riusciva a capire come e quando si era separata da sua sorella.

Semplicemente, non era possibile. Le parole si ripetevano nel suo cervello come un disco che salta; è impossibile. Erano assieme… stava tenendo la mano di Karen. Era stato come quella volta a Pittsburgh, quando avevano seguito Tim in quello che ora immaginò fosse qualche angolo del Novus Ordo. Erano come gemelle siamesi, attaccate l’una all’altra.