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Lasciò che quell’idea rimanesse lì, stagnante nel suo cervello, per un certo tempo.

Più tardi aveva pensato: come si costruisce una gabbia per un animale che non si è mai visto?

Era una domanda interessante.

Be’, si costruisce basandosi su quello che già si sa. I nonni di Michael, i suoi veri nonni, una volta erano fuggiti da un luogo come quello. L’aveva detto Tim, e non c’era motivo di non credergli, almeno su questo. Di conseguenza quella stanza doveva essere una gabbia più resistente; dovevano aver rafforzato i loro incantesimi e le loro magie. Ma ugualmente, non era forse come costruire una trappola per lupi quando bisogna catturare una tigre? Ehi, pensò, loro non conoscono me.

Ma ne conseguiva una domanda: quanto sono potente, in realtà?

Il suo talento era ancora nuovo anche per lui. Non era qualcosa che aveva avuto modo di praticare molto. Sentiva le magie imprigionanti come legami fisici, e una notte aveva cercato di combatterle, esercitando una forza contraria, tanto per sperimentare.

Ma era stato inutile. Niente cedeva. Era rimasto solo e vuoto, e tutte le innumerevoli porte di tempo e di possibilità erano rimaste irrimediabilmente chiuse.

Forse dopotutto non era poi una tigre.

Allora aveva deciso di non pensarci per un certo tempo. Si era addormentato, e quando si era svegliato aveva cercato di non pensare assolutamente a niente.

Era abbastanza facile. Gli incantesimi vincolanti gli facilitavano il compito.

Ma presto un altro pensiero aveva attraversato la sua mente; non esattamente un vero e proprio pensiero quanto un sogno ad occhi aperti. Si trattava del mondo che aveva visto per la prima volta nella casa dei Fauve a Polger Valley, e che aveva rivisto abbastanza spesso in seguito.

Solo pensarci lo faceva sentire meglio. Era un posto, Michael ne era certo, dove non esistevano prigioni come quella.

Si permise di sognarlo.

Si lasciò andare alla deriva sull’orlo del sonno. Era allo stesso tempo un luogo e un sogno ad occhi aperti. Era tutto ciò che provava quando Laura parlava con desiderio di un “mondo migliore”. Forse era il genere di posto che cercava lei quando aveva trovato Turquoise Beach; un mondo che aveva cercato, ma che non era riuscita ad afferrare. Michael conosceva le autostrade che si dipartivano dai paesini francesi del sud fino alle grandi città del nord, Tecumseh, New Amsterdam e Montreal. Conosceva le linee ferroviarie che correvano verso ovest attraverso le praterie; i paesi agricoli, i paesi indiani e i paesi freddi di smistamento ferroviario, come Brebeuf e Rel. Conosceva i paesi russi della costa nord-occidentale, dove la gente cacciava ancora gli animali da pelliccia durante l’inverno. Conosceva le città inca e spagnole del sud-ovest, con le loro superstrade, i loro templi, i loro vestiti dai colori brillanti e gli strani, selvaggi festeggiamenti. Sapeva anche che tutto questo si chiamava semplicemente America, e che non era tanto un Paese quanto una confederazione molto elastica; una specie di Commonwealth. Sapeva che i confini non avevano molta importanza, in quel mondo. Sapeva che si poteva viaggiare dal Quebec a Coquitlan o da Shelekhov a Cuernavaca senza mostrare il passaporto. Sapeva che i mercati erano ricchi di prodotti comuni, e che qualsiasi individuo abile al lavoro poteva trovare qualcosa da fare in qualsiasi città. Sapeva anche che quell’anno il raccolto era stato abbondante.

Ma soprattutto conosceva i paesaggi di quel mondo; topografie a mezz’aria, leggere e inconfondibili come l’odore della pioggia. Saline immobili nella calma vuota dei pomeriggi del sud; e a nord notti glaciali, immerse nel bagliore dell’aurora. Lui era stato in quei posti nei suoi sogni, e aveva camminato per quelle strade mentre dormiva. C’era un’affinità… un’attrazione… Come quell’istinto che ti conduce a casa quando hai perso la strada, pensò.

Sapeva tutto questo senza bisogno di sforzarsi, allo stesso modo in cui conosceva il suo nome. Inoltre, sapeva che lì ci si poteva costruire una vita… sapeva che era un mondo dove si poteva vivere senza il terrore quotidiano di un annientamento nucleare, o di una guerra imminente, o della roulette giornaliera delle rapine e della violenza da strada.

Un posto dove il Novus Ordo non poteva raggiungerlo.

Un mondo dove lui non sarebbe stato un diverso.

E stranamente fu proprio quel sognare ad occhi aperti, più che il tentativo di sciogliersi dai suoi legami, che lo fece sentire improvvisamente più libero, che aprì i suoi orizzonti per un allettante momento. Michael sbatté le palpebre e pensò: è questo che mi rende diverso; ed è questo quello che loro non si aspettano.

Ma poi le pareti e il soffitto gli si erano chiusi attorno, e lui si era ritrovato in quella stanza, che non era altro che una stanza, nella quale era prigioniero.

Quando sentì Tim che parlava di lui, si alzò in piedi. — Ti sbagli — gli disse. — Io sono diverso. — E dall’espressione di Tim, capì che aveva detto qualcosa di importante.

Tim si riprese in fretta. Fece un passo indietro, raddrizzò la schiena, e atteggiò il viso a una maschera di fredda tolleranza. — Non intendevo insultarti. Michael. Certo, tu sei importante. Ma lo sono anche Laura e tua madre. E lo sono anch’io.

Michael fece un passo indietro, verso Laura. Istintivamente, le prese la mano. Lei lo fissò perplessa. Ma si toccarono, e vi fu un lampo, breve ma significativo, di vera energia.

Ora, pensò Michael. Ora, che sono impreparati, o mai più.

— Ce ne stiamo andando — disse.

Non era una vuota minaccia, ma una chiara constatazione di fatto. Tuttavia, Michael si sorprese delle sue stesse parole. Gli occhi di Laura si dilatarono, poi lo fissò e annuì impercettibilmente con il capo.

Afferrò la mano di sua madre.

— Non credo che questo sia un progetto molto realistico — disse Tim. — Non credo che tu abbia ben compreso qual è la vostra situazione qui.

— Invece sì — rispose Michael.

Ora erano tutti e tre in contatto, e si era instaurato una specie di circuito. Sentiva la vanità ferita di Laura, e la passività e la rassegnazione di Karen. E sotto, seppellite nel profondo ma pur sempre potenti, quelle piccole, tenui ondate di energia.

Riuniscile, s’impose. Mettile assieme.

Un mondo migliore. Quelle foreste e quelle città. Erano a un solo passo di distanza.

E Tim, che ora aveva avvertito qualcosa, disse: — Ehi! Oh, Cristo… aspettate un attimo…

Non si aspetta più, pensò Michael.

La stanza fu invasa da uno strano odore, di olio di motore surriscaldato e metallo bruciacchiato, come se un macchinario enorme fosse andato in sovraccarico. Molto lontano, Michael ebbe l’impressione di sentire un grido selvaggio di dolore, quasi inumano.

E la magia che li imprigionava cedette un poco attorno a lui.

— Che Dio ti stramaledica, smettila! — urlò Tim.

Karen allungò la mano libera verso il fratello. Adesso capiva che cosa stava per succedere; adesso era ovvio. Tim fece un passo indietro. — Vieni con noi — disse Karen. — Per te sarà pericoloso rimanere qui.

Ma non abbiamo tempo anche per questo, pensò Michael. Non era nemmeno sicuro di riuscire a sostenere quello sforzo. Già nel corridoio suonava un campanello d’allarme, e lui vide delle ombre che si muovevano dietro la porta.

Tim scosse il capo. — No!

— Potrebbero ucciderti. Lo farebbero.

— Badate, loro uccideranno voi! — disse Tim con aria di sfida. — Non permetteranno che accada una cosa simile! Ve lo manderanno dietro, e questa volta vi lasceranno alla sua fottutissima mercé!

L’Uomo Grigio, interpretò Michael.

— Timmy — disse Karen — non è un gioco. Avresti dovuto capirlo tanto tempo fa.

Ma Tim si limitò a scuotere il capo. Assomiglia a Willis, pensò Michael… era strano, eppure si sarebbe potuto giurare che erano parenti di sangue. Quella rabbia. Quella paura…

Karen chinò il capo.

— Mi dispiace — disse.

Ora! pensò Michael. Ma ciò nonostante, esitò ancora, e sentì che quell’attimo stava scivolando via, come un improvviso dietro-front.

Non posso farlo!

Era la voce del bambino di dieci anni terrorizzato dentro di lui, e Michael ne fu paralizzato.

Non posso farlo! Sono troppo forti per me! Voglio che qualcuno mi venga a prendere… Voglio andare a casa

Ma non c’era nessuna casa. Ora lo sapeva. C’era solo sua madre, con lui in quella cella, e suo padre, che viveva nella beatitudine e nell’ignoranza sulle rive di un lago molto distante. E naturalmente, Tim aveva mentito. Il Novus Ordo non aveva niente a che vedere con casa loro.

Lo scampanare degli allarmi. Passi nel corridoio.

Le mani di Laura si strinsero attorno a quella di Michael.

E poi, in un momento di lucidità in mezzo a quel frastuono lacerante, ebbe ciò che identificò come un pensiero genuinamente adulto: dopo tutto, casa non è un luogo vero e proprio, ma una situazione che ti crei tu: un territorio che ti sei cercato. È un atto di volontà; una cosa che fai tu.

Karen avvertì la sua esitazione e gli lanciò un’occhiata carica di terrore.

— È là fuori, Michael — disse Laura. — Per favore… io so che c’è.

Casa.

Aveva il mondo dentro di sé.

Quelle foreste e quelle città.

Casa, pensò…

E allora le pareti cedettero, e vi fu solo il tempo, la possibilità, e un grande movimento simultaneo. Michael chiuse gli occhi e li riaprì davanti a un cielo azzurro e alto. Molto, molto lontano da lì.