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Ma Tim si limitò a scuotere il capo. Assomiglia a Willis, pensò Michael… era strano, eppure si sarebbe potuto giurare che erano parenti di sangue. Quella rabbia. Quella paura…

Karen chinò il capo.

— Mi dispiace — disse.

Ora! pensò Michael. Ma ciò nonostante, esitò ancora, e sentì che quell’attimo stava scivolando via, come un improvviso dietro-front.

Non posso farlo!

Era la voce del bambino di dieci anni terrorizzato dentro di lui, e Michael ne fu paralizzato.

Non posso farlo! Sono troppo forti per me! Voglio che qualcuno mi venga a prendere… Voglio andare a casa

Ma non c’era nessuna casa. Ora lo sapeva. C’era solo sua madre, con lui in quella cella, e suo padre, che viveva nella beatitudine e nell’ignoranza sulle rive di un lago molto distante. E naturalmente, Tim aveva mentito. Il Novus Ordo non aveva niente a che vedere con casa loro.

Lo scampanare degli allarmi. Passi nel corridoio.

Le mani di Laura si strinsero attorno a quella di Michael.

E poi, in un momento di lucidità in mezzo a quel frastuono lacerante, ebbe ciò che identificò come un pensiero genuinamente adulto: dopo tutto, casa non è un luogo vero e proprio, ma una situazione che ti crei tu: un territorio che ti sei cercato. È un atto di volontà; una cosa che fai tu.

Karen avvertì la sua esitazione e gli lanciò un’occhiata carica di terrore.

— È là fuori, Michael — disse Laura. — Per favore… io so che c’è.

Casa.

Aveva il mondo dentro di sé.

Quelle foreste e quelle città.

Casa, pensò…

E allora le pareti cedettero, e vi fu solo il tempo, la possibilità, e un grande movimento simultaneo. Michael chiuse gli occhi e li riaprì davanti a un cielo azzurro e alto. Molto, molto lontano da lì.

29

Il cardinale Palestrina seguì Carl Neumann fino alla cella vuota.

Il fatto che fosse vuota era spaventoso, e poté leggere lo shock nell’espressione di Neumann, come una incomprensione intontita. Era come se l’americano avesse subito una grave perdita. Sembrava profondamente addolorato, neanche gli fosse morto un bambino. Timothy Fauve, il collaboratore, stava in piedi in un angolo, immobile, e guardava Neumann come un topolino di campagna in campo aperto che guarda un falco sopra la sua testa. Per un lungo momento, nessuno parlò.

Infine, fu Neumann a rompere il silenzio, ma non a parole. Con un movimento unico si voltò verso l’omuncolo che li aveva seguiti lungo i corridoi fino alla cella, e gli affibbiò un calcio nelle costole. La sfortunata creatura volò per qualche metro, poi si accasciò contro una parete. Sembrava morta.

Il cardinale Palestrina distolse lo sguardo.

È finita ormai, pensò. Non c’è più nessun Progetto Plenum, e non c’è più nessuna arma segreta. Tutto quello sforzo e tutti quei sacrifici non erano approdati a nulla. Rimaneva sempre il collaboratore, Tim, l’uomo che si stava facendo piccolo piccolo contro la parete, ma Neumann gli aveva già spiegato che non era molto potente. Il suo talento fruttava solo una magia stentata, insipida, capace solo di aprire porte strette su mondi squallidi e marginali, e l’alcoolismo e la tossicodipendenza avevano eroso anche quel poco.

E poi c’era Camminatore… ma Camminatore era stato mutilato da una goffa operazione di neurochirurgia; svuotato fino a diventare niente più che un segugio psichico, una macchina per cacciare. Così, il Progetto era terminato, e probabilmente anche la carriera di Neumann. Una commissione d’inchiesta, un prepensionamento forzato.

All’atto pratico, pensò il cardinale, che cosa poteva significare tutta la faccenda? Un potenziale vantaggio per l’Europa irrimediabilmente perduto; l’indebolimento dell’alleanza con gli americani, e anni di trinceramento e di sangue e di compromessi.

Quindi, un disastro. Era accaduta una cosa terribile.

Eppure, il cuore del cardinale Palestrina batteva forte, e lui sentiva una specie di euforia; come un senso di trionfo; era una sensazione strana, come se quel giorno, in quel posto sgradevole, il Diavolo si fosse preso una bella batosta.

Camminatore apprese da uno stregone sconvolto quanto era accaduto nella cella d’isolamento, e vi corse subito, cercando Neumann. Mentre si avvicinava, nei corridoi, lo sentì lui stesso; una breccia nelle magie fondamentali dell’IRD, chiara e palese come uno squarcio in un muro.

Quando entrò nella cella, Neumann alzò gli occhi. Già solo dal suo sguardo, Camminatore capì la portata dell’avvenimento.

Ma io li ho fatti arrivare, si disse. Io ho fatto la mia pane. Avevamo un contratto, anche se tacito, e io ho fatto la mia parte, si ripeté Camminatore con convinzione. Il pagamento è fuori discussione, pensò.

Ma l’espressione di Neumann spazzò via le sue certezze.

Per la prima volta, Camminatore dubitò che fosse troppo tardi. Forse non me lo restituiranno mai, pensò, quello che mi hanno sottratto. Quello che ho perso.

Toccò con un dito la cicatrice accanto al suo occhio. Non era conscio di quel gesto.

— Non è finita — stava dicendo Neumann. Si rivolgeva a Palestrina, e nella sua voce c’era un tono di supplica. — Possiamo ricominciare daccapo. Possiamo ripartire dagli elementi fondamentali.

Il cardinale scosse il capo. — Sta parlando di anni. Generazioni.

— Non necessariamente!

— Sfortunatamente — disse l’ecclesiastico — i nostri bisogni sono più immediati.

— Bisogni! — ora Neumann stava urlando. — Non ve ne è mai importato niente! Oh, sì, facevate finta. Necessità strategiche. Visione globale. Avete detto tutte le frasi giuste. Ma non ve ne importava nulla, non è vero? Solo le presuntuose strette di mano, le insensatezze gesuitiche, e il fottutissimo ordine morale

Ma Palestrina si limitò a voltarsi e a lasciare la cella.

Le mani di Neumann si contrassero e si tesero disperatamente. Sembrava un cane ferito, pensò Camminatore.

— Fottuto Papista — sussurrò Neumann.

Camminatore fece un passo avanti. Il suo cervello vorticava. Erano successe tante cose, e lui ci capiva ben poco. Fammi diventare intero, voleva dire; era quello il nostro accordo, me l’hai promesso. Ma sapeva dallo sguardo di Neumann che non sarebbe servito a nulla.

Allora si limitò a dire semplicemente: — Vuoi che li ritrovi?

Neumann mise a fuoco Camminatore, con uno sguardo freddo e rovente allo stesso tempo.

— Sì — disse.

— E che li uccida?

Era tutto ciò che gli poteva offrire. Era tutto. Sapeva bene quanto erano stati fragili gli incantesimi di intrappolamento, e quanto tempo ci avevano messo a concepirli… più di due decenni, dal giorno in cui aveva offerto i tre doni ai tre bambini; piccoli ma potenti incantesimi vincolanti. Tuttavia, era una ragnatela che non si poteva ricostruire… sicuramente non prima della morte di Neumann.

— Sono pericolosi — disse Neumann, facendo (immaginò Camminatore) la stessa congettura di perdita e di vendetta… la sua rabbia e il suo odio aumentavano come il ruggito di una macchina, la macchina che aveva gestito quell’edificio per tanti anni. — Sanno dove siamo, e questo potrebbe essere un problema — sospirò. — Sì, uccidili.

Camminatore diede un’occhiata a Timothy Fauve, che ora li fissava a bocca aperta dal suo angolino, schiacciato contro la parete.

— E questo qua?

— Comincia da lui.

Tim osservò l’Uomo Grigio che si avvicinava.

La sua rabbia montò istantanea. Non per questo, pensò.

Non l’ho fatto per questo.