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E pensò: Anch’io conosco quei posti.

— Tu non l’avrai — disse.

Per un attimo, Camminatore esitò.

Lei lo fissò nel profondo dei suoi occhi vuoti e grigi.

Una leggera spinta, pensò, e quest’apertura… un buco nel mondo, esattamente dietro di lui, e lo schiumare e il sibilare del caos totale. Sentì il gelo che ne emanava, ancora più freddo di quello del vicolo.

Si proiettò in avanti, addosso a lui, con tutta la sua forza. Lui cadde all’indietro… e l’immagine fu vivida e incisa, come in un sogno; un sogno in cui l’Uomo Grigio, Camminatore, il suo zio malato, cadeva fuori dal tempo. E l’espressione finale del suo viso… non di paura, o di stupore, ma di qualcosa che, in quel momento invalutabile, Karen percepì come… gratitudine?… come se gli avesse donato qualcosa, o gli avesse restituito qualche cosa di grandissimo valore che gli avevano rubato.

Sbatté le palpebre, e boccheggiò, cadendo dietro di lui.

Oh, quel freddo! Il caos e la pazza entropia e quel nulla casuale e morto… quello era il buco che aveva aperto per l’Uomo Grigio, e non poteva fare a meno di caderci anche lei…

Ma improvvisamente, sentì delle mani che la tiravano indietro, mani calde… e la porta si richiuse… e non ci fu nient’altro che quel vicolo, in quella particolare notte d’inverno, con quella luna cinerea, e Michael e Laura che piangevano con lei.

32

Il cardinale Palestrina salì a bordo della nave spagnola Estrella Vespertina nel pomeriggio avanzato di una giornata invernale. La nave era diretta a Genova con un carico di juta e di cotone grezzo e qualche commerciante viaggiatore. Il cielo era freddo e nuvoloso, ma lui rimase sul ponte di poppa dell’enorme nave di ferro e osservò il porto di Philadelphia che si allontanava, chiedendosi che conseguenze avrebbero potuto avere gli avvenimenti ai quali aveva assistito.

Per lui, niente di negativo. Aveva fatto il suo lavoro meglio che poteva, anche se alla fine gli eventi erano andati oltre la sua portata. Aveva provato la sua fedeltà alla Curia, e ora forse gli avrebbero permesso di tornare ai suoi studi. Ammesso che, pensò Palestrina, la guerra ci permetta certi lussi.

Ah, la guerra. Ma in quel momento le notizie non erano poi tanto brutte. La flotta persiana era stata respinta alle Baleari, e la testa di ponte turca era isolata in Sardegna. E per il momento, l’aviazione europea era in grado di fronteggiare gli attacchi.

Quindi forse la perdita dell’arma segreta di Neumann non era poi tanto tragica come sembrava. La traballante alleanza fra Roma e il Novus Ordo non era certo stata rafforzata da quell’insuccesso… ma in ogni caso si sarebbe trattato di un’alleanza temporanea, condannata già dal principio per le sue contraddizioni interne. Il cardinale dubitava fortemente che il destino dell’Europa fosse ormai segnato.

In quanto a ciò che era stato perso… Quella poteva essere al massimo una congettura.

Prima che il Nuovo Mondo scomparisse dalla vista, scesero le prime tenebre. Il commissario di bordo si avvicinò allora a Palestrina, e in un inglese affettato lo invitò ad andare sotto coperta. — Farà sempre più freddo, Sua Eminenza!

Ma Palestrina scosse il capo. — Andrò giù fra poco. Non si preoccupi. Non mi lascerò morire qui sopra. Mi rendo conto che sarebbe piuttosto inopportuno come gesto.

Il commissario di bordo sorrise nervosamente, e si allontanò.

C’erano le luci della nave e le luci distanti della terraferma, del continente, che assomigliava a un mondo separato. Come gli altri mondi di Neumann, pensò Palestrina; luci che scintillavano al di là di un golfo inimmaginabile… e il pensiero lo rattristò, riempiendolo di una malinconia non voluta. Si permise di immaginare che cosa sarebbe scaturito dal Progetto Plenum se non fosse stato diretto esclusivamente alla creazione di un’arma; quali meraviglie e terrori avrebbero potuto trovare in quell’infinità. E pensò ancora al mondo che aveva sognato, un mondo dove l’Uomo non era mai caduto in disgrazia, dove faceva caldo, dove il Giardino cresceva, dove c’era innocenza, e non persone come Neumann, nessun serpente con il suo dolce frutto velenoso, e dove non c’era la morte. Avremmo potuto trovarlo, pensò Palestrina, toccarlo, muoverci al suo interno… che Dio ci aiuti, se solo per un attimo…

Ma la Estrella Vespertina proseguiva imperterrita verse est, e nel giro di poco le luci costiere scomparvero sotto l’orizzonte. Il cardinale Palestrina chiuse gli occhi e scese sottocoperta, dove i mercanti di juta sedevano, a bere retzina e a giocare a carte sul tavolaccio di legno. Quando lui entrò, alzarono lo sguardo e lo fissarono con aria infelice, come se la sua sobrietà rovinasse la loro allegria, come se ricordasse loro vecchi peccati.

33

— Cosa faresti se ti dicessi che me ne vado? — disse Laura.

Emmett, che si era quasi addormentato, si appoggiò sul gomito e sbatté le palpebre. Alle sue spalle, la luminosità della luna filtrava attraverso un velo di canne di bambù; l’oceano sospirava e schiumava.

Le coprì le spalle con il lenzuolo per proteggerla dalla notte. — Ti ricorderei che sei appena tornata.

Laura fece appello al suo coraggio. — Intendo se me ne andassi per sempre.

Emmett la fissò a lungo, poi scrollò le spalle.

Era stato piacevole ritrovarsi, avevano fatto l’amore nel migliore dei modi e lei si era ricordata quanto gli era mancato quell’uomo. Ma quelle erano domande importanti, domande che non si era mai permessa di rivolgere; come se avessero firmato un contratto; non parleremo mai di queste cose.

Nell’oscurità, i suoi occhi erano molto grandi.

— E se ti chiedessi di venire con me? — disse ancora.

— Ti domanderei dove.

— In nessun luogo che conosci. In un luogo strano. Ma non un brutto posto. Credo che te la caveresti abbastanza bene.

— Che cosa misteriosa — disse Emmett.

— Ma dico sul serio — insistette Laura.

Emmett ci rifletté. — Sembrerebbe proprio di sì.

— È difficile spiegarlo.

— Stregoneria — disse Emmett.

— Qualcosa di simile.

— Veramente?

— Veramente.

— Dovrei fidarmi completamente di te.

— Sì; è troppo complicato da spiegare.

— Non lo so.

— Be’, ti capisco — disse Laura. — È dura.

— Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci.

Laura chiuse gli occhi. — Io parto domani.

— Dici sul serio?

— Sul serio.

— Non è facile rispondere a una domanda simile.

— Lo so.

— Tu che cosa diresti se ti chiedessi una cosa simile?

Ma lei ci aveva già pensato a lungo. — Direi di sì.

Emmett sembrò sorpreso. — Io ho da fare qua — disse.

— Lo so.

— Non è quel genere di cosa che si fa così a cuor leggero; prendere e andarsene così.

— Capisco — fece Laura.

— Ehi, tu sai benissimo com’è.

— Già. Credo di sì.

Si voltò dall’altra parte.

L’indomani, in mattinata, lui l’aiutò con le sue due grosse valigie, che contenevano tutte le cose del mondo che lei voleva tenersi, e gliele portò giù dalle scale fino alla macchina, la piccola Durant parcheggiata sulla ghiaia. Era una giornata fresca, e l’aria era piena di sale e di iodio. Emmett non parlò molto, e Laura aveva deciso di non insistere. Anche perché non sapeva che cosa dire.

Aprì il portabagagli, ed Emmett infilò dentro le sue valigie. Poi lo richiuse, facendolo sbattere.

Laura aprì la portiera e scivolò dietro il volante. Emmett le chiuse la porta. Lei abbassò il finestrino e lo guardò. — Brutta giornata per viaggiare — disse Emmett. — Sembra che pioverà.