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…fino a Laura, fino a quella specie di resa totale. Solo, non potevi definirla una resa, perché anche lui si era arreso; si erano arresi tutti e due, insieme, nello stesso istante. Quella volta soltanto… e poi, mentre tornava, le scale…

La Seconda Domanda era: Perché proprio io? «Dovrai avere una buona giustificazione» mormorò rivolto al lontano, inclinato Centro Scientifico. E questo lo portava alla Terza Domanda: Che cosa faranno di me?, e al trauma provocato da quella domanda; lui doveva tirare avanti, in un modo o nell'altro, in quel luogo — e sentiva che sarebbe stato quasi sicuramente così — oppure doveva riuscire a tornare indietro. Doveva capirci qualcosa.

Doveva capirci qualcosa adesso. Posò la mano su tutte e tre le sbarre che controllavano la luce e la porta si dilatò. «Ti senti meglio?» chiese Philos.

Fuoricampo un gruppo di folletti urla “Goozle Goozle” all'unisono, e poi, con un rumore simile a quello provocato da un coperchio d'un bidone della spazzatura, arriva Wham Wham. Sullo schermo c'è una faccia; liscia, dalle labbra piene e lucenti, le sopracciglia sottili e arcigne, e arcigne è la parola adatta, e un collo robusto e muscoloso che spunta dal colletto aperto d'una giacca di pelle nera.

Goozle Goozle,
(Wham Wham)
Goozle Goozle,
(Wham Wham)
Goozle Goozle,
(Wham)

Ma invece del Wham che si ci aspetta (il televisore di Smitty ha un audio di autorità immensa, e quel wham ha una potenza subsonica che ti spaventa) la pensanti ciglia attorno agli occhi chiari si sollevano e interviene la voce, una voce calma e asessuata che canta un motivetto. Le parole dicono qualcosa a proposito di Teeee: io stringo teee, io bacio teee, io amo teee, eeee, eeee.

La telecamera indietreggia e il cantante viene mostrato in un movimento che si potrebbe spiegare sostenendo che, con immensa ambizione, lui sta cercando di stringere tra le natiche una piccola manopola collegata a un metronomo. Una esplosione di pigolii isterici costringe la telecamera a inquadrare la prima fila del pubblico, dove una ressa di ragazzine parlano e rabbrividiscono per l'impatto profondo con la propria femminilità. Ancora un'inquadratura del cantante che (deve essere proprio così) sta uscendo dal palcoscenico a cavallo d'un modello invisibile di bicicletta per esercizi ginnici, il cui manubrio va avanti e indietro, mentre i pedali girano e girano e la sella, la sella va su e giù.

Smith tende un braccio, afferra il telecomando, e spegne il televisore. «Gesù.»

Herb Railes si appoggia alla spalliera della grande poltrona, chiude gli occhi, alza il mento e dice: «Sensazionale».

«Cosa?»

«Ha qualche cosa per tutti.»

«Ti piace!» La voce di Smith si spezza sulla seconda parola.

«Non l'ho detto» fa Herb. Apre gli occhi e fa gli occhiacci a Smith, con scherzosa ferocia. «E non permetterti di sostenere che l'ho detto, capito?»

«Ma qualcosa hai detto.»

«Ho detto che è sensazionale e questo lo ammetto io e lo ammetti anche tu.»

«Lo ammetto.»

«E ho detto che ha qualcosa per tutti. Quando canta…»

«Squittisce.»

Herb ride. «Ehi, sono io l'esperto di pubblicità, qui dentro… Squittiscimi d'amore. Ehi, potrei utilizzare questa frase… Quando canta tutti coloro che sono spinti da una omosessualità aperta o latente, trovano in lui qualcosa da desiderare. I giovani torelli apprezzano le sue azioni e le sue passioni e sono dispostissimi a copiare la sua pettinatura e la sua giacca. E le donne, specialmente quelle più anziane, lo amano anche di più: per il suo viso da bambino e per i suoi occhi di fiore.» Alza le spalle. «Qualcosa per tutti.»

«Hai dimenticato di citare il tuo vecchio vicino ed amico Smitty» dice Smith.

«Be', chiunque ha bisogno anche di qualcosa da odiare.»

«Non stai scherzando, Herb?»

«No, non sto scherzando.»

«Mi preoccupi, ragazzo mio» dice Smith. «Quando fai così mi preoccupi.»

«Così come?»

«Quando parli sul serio.»

«È un male?»

«Gli uomini dovrebbero prendere sul serio il loro lavoro. Ma non dovrebbero prendere sul serio se stessi.»

«Perché, cosa capita a un uomo, in questo caso?»

«Diventa insoddisfatto.» Smith guarda Herb con occhi da gufo. «L'uomo che lavora in pubblicità vede, comincia a pensare seriamente ai prodotti, e fa ricerche serie, nel tempo libero. Si abbona, per esempio, al Bollettino del Consumatore. Si fa venire le idee, le prende sul serio. E ha un nuovo interesse e non riesce più a prendere sul serio il proprio lavoro.»

«Abbassa il fucile, Smitty» dice Herb, ma è impallidito un poco. «Se un uomo ha un nuovo interesse è una cosa seria.»

«E tutto il resto, al diavolo.»

«E tutto il resto, al diavolo.»

Smith accenna al televisore. «Non piace a me e non piacerà a nessuno.»

A Herb Railes viene in mente chi ha finanziato quello spettacolo di rock and roll. Un concorrente, Oh Dio, io e la mia lingua lunga. Vorrei che ci fosse Jeannette. A lei non sarebbe sfuggito.

«Ho detto che era uno show schifoso e che non mi piaceva» dice.

«Dovevi dirlo subito, Herbie, per farti capire.» Smith prende il bicchiere di Herb e va a riempirlo. Herb resta seduto e pensa come deve pensare un pubblicitario. Uno: Il cliente ha sempre ragione. Due: Datemi un pacchetto da cui escano tutti gli odori di tutti i peccati di tutti i sessi e io smuoverò il mondo. E quello, sbircia la grande cataratta spenta dell'occhio spento del televisore, quello ci andava maledettamente vicino.

«Mi sento male, molto male» disse Charlie Johns. Si accorgeva che, sebbene parlasse ledom, lo parlava come una lingua straniera — cioè, doveva pensare in quella lingua prima di parlare — e il suo idioma inglese filtrava bizzarramente, come quello di un francese che si ingarbuglia negli “it is not?”

«Capisco» disse Philos. Attraversò la stanza e si fermò accanto a uno dei sedili a fungo. Aveva indossato un indumento a strisce, bianco e arancio, simile a un paio d'ali che gli balzasse dalle spalle su una specie di sostegno; svolazzava libero, dietro di lui. Il suo corpo ben costruito era scoperto, ad eccezione delle scarpe intonate all'indumento e alla onnipresente spozzan. «Posso?»

«Oh, sicuro, sicuro, siedi… Tu non capisci.»

Philos alzò ironicamente un sopracciglio. Le sue sopracciglia erano folte e sembravano lisce, ma quando le muoveva e le muoveva spesso, si vedeva che erano leggermente appuntite, con due tetti pelosi, quasi piatti.

«Tu sei… a casa tua» disse Charlie.

Pensò, per uno spiacevole istante, che Philos stesse per prendergli la mano in un gesto di comprensione, e si agitò. Philos non fece quel gesto, ma espresse la stessa comprensione nella voce. «Anche tu ti ritroverai a casa tua, presto. Non preoccuparti.»

Charlie alzò la testa e lo guardò attentamente. Sembrava che pensasse veramente quello che aveva detto, eppure «Vuoi dire che posso tornare indietro?»