Si allontanarono dal pozzo, salendo ancor più in alto sul terreno roccioso, colpendo di tanto in tanto coi coltelli gli arbusti e i rampicanti che non riuscivano ad evitare. McLaren rabbrividì.
«Ma è impossibile…» esclamò. «Come ci riescono?»
«Sono cugini di sangue. O forse dovrei dire di linfa. Credo che sia più o meno come un collegamento radio: basta trasmettere sulla frequenza giusta. Ecco, fermiamoci qui per un attimo».
McLaren si lasciò cadere al suolo con un sospiro di sollievo. Il sangue filtrava attraverso le bende ben strette, là dove Harker gli aveva inciso il gonfiore prodotto dalla ferita. Harker tornò a guardarsi indietro, verso la valle.
Il popolo dei fiori si era sparpagliato per un ampio tratto, in un ampio schieramento curvo, le vivide teste multicolori si stagliavano con chiarezza contro il verde del pianoro. Harker immaginò che avrebbero tenuto il passo sotto stretta sorveglianza. Immaginò che avessero saputo tutto quello che gli era passato per la mente, allo stesso modo in cui l’aveva saputo Fiordaliso. Una sorta di comunismo, una mente per tutti e tutti per una mente. Si rese subito conto che, anche senza la menomazione di McLaren, non ce l’avrebbero mai fatta ad arrivare al passo. Neppure un sorcio ce l’avrebbe fatta.
Harker si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto prima che arrivasse la prossima nube di semi.
«Cosa possiamo fare, Matt? C’è qualche modo…» McLaren non stava pensando a se stesso. Stava guardando la valle allo stesso modo in cui Lucifero avrebbe occhieggiato con bramosia verso il Paradiso, e stava pensando a Viki… non a Viki soltanto, ma a Viki come simbolo di tremilaottocento nomadi umani sulla superficie di Venere.
«Non so», Harker rispose. «Il passo è da escludere, e la galleria del fiume anche… Ehi! Non ricordi quando abbiamo combattuto contro quelle bestiacce lì al fiume, e tu quasi hai provocato un crollo scagliando pezzi di roccia? Là c’era una faglia, proprio sopra il bordo del lago. Una lunga fessura causata da un terremoto. Se soltanto potessimo arrivarci da sopra e farla precipitar giù…»
Ci volle un minuto prima che McLaren capisse. Sgranò gli occhi. «Una frana che sbarrasse il lago…»
«Se il livello s’innalzasse abbastanza, i nuotatori potrebbero uscir fuori». Harker fissò gli occhi brucianti sulle teste oscillanti del popolo dei fiori, là in fondo alla valle.
«Ma, Matt, se la valle verrà allagata e quelle bestiacce prenderanno il sopravvento, che vantaggio ne trarranno i nostri?»
«Non ci sarà poi una gran frana, non credo. La roccia è solida su entrambi i lati della faglia. E, in ogni caso, il peso della gran massa di acqua trattenuta quassù spingerebbe via qualunque cosa, perfino una diga di cemento armato, nel giro d’un paio di settimane». Harker studiò con attenzione il profilo della valle. «Vedi laggiù com’è il pendio? Anche se la frana non venisse spazzata via dall’acqua, un po’ di scavi basterebbero a scaricare l’inondazione giù per il passo. Non faremmo altro che creare un nuovo fiume… anzi, una nuova cascata».
«Forse», annui McLaren. «Anzi, sì, immagino di si. Ma rimarranno pur sempre i nuotatori, i pianni. Non credo che sarebbero molto più disposti di queste maledette creature-fiori a rinunciare a questa terra». Il tono della sua voce diceva chiaramente che avrebbe preferito di gran lunga combattere contro la gente di Fiordaliso, piuttosto che con le creature della caverna.
La bocca di Harker si torse in un lento sogghigno. «Rory, i nuotatori sono creature acquatiche. Anfibie. Inoltre hanno vissuto sottoterra nella più totale oscurità, Dio sa per quanto tempo. Sai bene cosa succede a un verme per pescatori quando lo tiri fuori alla luce. Sai cosa succede a un fungo che cresce al buio». Si passò le dita, quasi con reverenza, sulla pelle. «Hai notato niente su di te, Rory? Oppure sei stato troppo occupato?»
McLaren lo fissò. Si sfregò la pelle e sussultò; se la sfregò di nuovo, notando come sulla sua pelle si formassero dei lividi bianchi che sparivano subito.
«Il sole mi ha scottato», esclamò, pieno di meraviglia. «Mio Dio, il sole mi ha scottato!»
Harker si alzò in piedi: «Andiamo a dare un’occhiata». Là sotto le teste dei fiori erano in preda a una viva agitazione. «Non gli piace questo pensiero, Rory. Forse si può fare… e loro lo sanno».
McLaren si alzò, appoggiandosi a una delle corte lance come a un bastone. «Matt, non ce lo lasceranno fare».
Harker corrugò la fronte. «Fiordaliso ha detto che c’erano altri modi oltre ai semi…» Si girò di scatto. «Non serve a niente star qui a preoccuparsi».
Ripresero l’arrampicata, molto lenta, a causa di McLaren. Harker cercò di calcolare il punto in cui si trovavano, rispetto alla caverna sottostante. Il fiume costituiva una buona traccia. Qui le rocce erano quasi prive di vegetazione, il che era una benedizione. Tornò a guardare, ma non vide niente di minaccioso che stesse arrivando dalla valle. Adesso il popolo dei fiori era ridotto a lontani punti di colore, immobili.
D’un tratto la formazione rocciosa cambiò. Antichi terremoti avevano lasciato cicatrici in forma di strati contorti, grandi lastre di granito inclinate, in precario equilibrio come danzatori, e fessure che sprofondavano nel buio.
Harker si fermò. «Ecco, ci siamo. Ascolta, Rory. Voglio che tu vada lassù, in alto, fuori dall’area pericolosa…»
«Matt, io…»
«Chiudi il becco. Uno di noi deve restar vivo per informare le navi, non appena sarà riuscito a uscir fuori dalla valle. Non c’è molta fretta, e ce la farai ad arrivare in tre… o quattro giorni. Tu…»
«Ma perché io? Tu sei molto più bravo di me, qui in montagna…»
«Tu sei sposato», l’interruppe Matt, brusco. «Basterà uno soltanto di noi a spinger giù un paio di quei grossi lastroni. Praticamente, sono lì pronti a cader giù sotto il loro stesso peso. Forse non accadrà nulla. Forse ne uscirò vivo. Ma sarebbe davvero sciocco se corressimo tutti e due il rischio, non trovi?»
«Sì. Ma, Matt…»
«Ascolta, figliolo». La voce di Harker si era fatta stranamente gentile. «So quello che sto facendo. Porta i miei saluti a Viki e…»
S’interruppe con un acuto grido di dolore. Abbassò gli occhi, incredulo, e vide il proprio corpo coperto da tante esitanti fiammelle, che guizzavano, si spegnevano, ma lasciavano le loro rosse impronte.
McLaren stava sperimentando la stessa cosa.
Si guardarono negli occhi. Un terrore impotente afferrò Harker alla gola. Di nuovo la telecinesi. Il popolo dei fiori ora li aggrediva con la loro stessa arma. Avevano visto il fuoco e ciò che faceva, e stavano copiando il processo nella loro mente, concentrando tutti insieme l’intera forza mentale della colonia sui due umani. Harker capiva perfino perché la stavano concentrando sulla pelle: avevano colto il pensiero della bruciatura solare, e l’avevano applicato alla lettera.
Il fuoco. Combustione spontanea. Una reazione semplice e facile, se si conosceva il trucco. C’era qualcosa a proposito d’un roveto che bruciava…
L’attacco si ripeté, e con più forza. Adesso il popolo dei fiori stava prendendoci mano. Faceva male. Oh, Dio, se faceva male! McLaren urlò. Il suo perizoma e le bende cominciavano a fumare.
Cosa fare? pensò Harker, frenetico, presto, dimmi cosa fare…
Il popolo dei fiori riusciva a mettersi a fuoco sugli umani attraverso la loro mente cosciente. Forse non potevano arrivare con altrettanta facilità al subconscio, ai suoi simboli, alle sue immagini troppo vaghe. Forse, se Rory non avesse più pensato secondo un pensiero cosciente, non avrebbero più potuto concentrarsi su di lui…