— Magnifico! — commentò Torwald. — Così potremo partire oggi stesso nel pomeriggio.
— Ehi, cos’è questo? — chiese stupito Kelly sollevando il pezzo che Torwald aveva appena tagliato. Al di sotto c’era la sommità di un oggetto sferico, di metallo.
Torwald lo esaminò, e senza perdere la calma ordinò al ragazzo: — Corri a bordo e di’ a tutti che vengano qui immediatamente. C’è qualcosa di strano. Dopo un paio d’ore si esaurirono tutti i tentativi escogitati per capire cosa fosse quell’oggetto. Ma nessuno aveva dato risultati apprezzabili.
— Be’, comandante, pare di metallo ma non si comporta come tale. Nessun reagente lo scalfisce e per di più il laser non lo taglia.
— Ma che razza di sostanza può essere se si lascia attraversare dal laser senza danni, mentre poi il laser taglia il cristallo che c’è dietro? — rimuginò la comandante osservando lo strato che aveva sormontato l’oggetto e che mostrava una depressione. Finn l’aveva misurata ed era risultato che si trattava di una perfetta sezione di sfera.
— Non è detto che il raggio l’abbia attraversato — ipotizzò Nancy. — Può darsi invece che l’abbia raggirato.
— Be’, se l’ha fatto una volta lo farà ancora — disse la comandante. — Tor, taglia il resto del cristallo così potremo vederlo meglio, ma bada di non sprecare più diamante del necessario.
Finn gli diede le misure, e Torwald le inserì nei comandi del coltello. Praticò tre tagli verticali che secondo i calcoli dovevano corrispondere alla lunghezza del diametro, posto che si trattasse veramente di una sfera. Poi praticò un taglio orizzontale della stessa profondità e Ham sollevò la lastra. Adesso l’oggetto sembrava un globo di mercurio, della grandezza di un pallone da football.
Dopo avere esaminato i dati forniti da due strumenti, la comandante osservò:
— Non ha carica e non emette radiazioni. Tor, vedi un po’ se riesci a estrarla.
Torwald esitò, ma poi si decise a provare. Non ebbe alcuna difficoltà, perché non doveva pesare più di cinque chili. La superficie argentea era percorsa da mobili sfumature di svariati colori. Era indubbiamente splendida, ma le emozioni che suscitò avevano ben poco a che fare con l’estetica.
La comandante prese la sfera dalle mani di Torwald e la esaminò con sospetto.
— La porto a bordo. Finite di riempire la stiva. La studieremo a fondo durante il viaggio.
Se ne andò e gli altri si rimisero al lavoro. Improvvisamente, tutti erano smaniosi di ripartire. Fin quasi al termine l’operazione era proseguita senza intralci, poi era saltato fuori quell’indecifrabile oggetto. Gli spaziali imparavano presto a diffidare delle anomalie inattese.
Tutti i membri dell’equipaggio sedevano intorno al tavolo della mensa su cui troneggiava la misteriosa sfera. La comandante si scervellava alla ricerca di una spiegazione logica che desse un senso alla struttura e all’esistenza stessa dell’oggetto misterioso.
— Sergei, quanti anni credete che possa avere quello strato di cristallo?
— Be’, la primaria del pianeta è una stella stabile gialla di tipo G, molto più antica del nostro Sole, e il diamante dev’essersi formato ai primordi della vita del pianeta... così, a occhio e croce avrà almeno un miliardo di anni. O forse anche due o tre.
— Eppure — osservò Bert dando voce a quello che tutti pensavano, — questo oggetto ha più l’apparenza di un manufatto che non di una formazione naturale. È possibile, Nancy?
— Per quanto ne so io, no. Se Sergei non sbaglia riguardo all’età risale a un’epoca enormemente anteriore a qualsiasi manufatto che sia mai stato trovato.
— Ma com’è possibile che si trovasse incastrato all’interno di un cristallo diamantifero? — chiese la comandante. — A quanto dice Sergei non avrebbe dovuto esserci nemmeno il diamante. Tu cosa ne pensi, Ham?
— Be’, Gertie, ne abbiamo viste di cose strane in tanti anni di volo spaziale, ma questa certamente è la più strana di tutte. Un enigma nell’enigma. Sono convinto che non riusciremo a scioglierlo finché non saremo tornati sulla Terra. Qui le nostre facoltà di ricerca sono molto limitate e abbiamo già tentato tutto il possibile. Dovremo farlo esaminare dagli scienziati del laboratorio Fenomeni Extraterrestri.
Quella sera Kelly era andato nella cabina di Bert, ufficialmente per ricevere lezioni di legge spaziale, ma in realtà perché la cabina dell’anziano tecnico era un vero museo dove aveva raccolto i modellini di tutte le navi su cui aveva prestato servizio nel corso della sua lunga carriera e i souvenirs di tutti i pianeti che aveva visitato.
Bert si stava riposando sdraiato sul ponte, con l’orsetto Teddy seduto sullo stomaco che era intento a smontare un modello di nave di cui poi allineava ordinatamente i pezzi sul petto dello spaziale. Bert non sgridava mai Teddy qualunque marachella commettesse, e neppure gli altri lo facevano. Kelly aveva imparato che l’orsetto narcisiano era l’unica creatura conosciuta dello spazio che si servisse dell’amorevolezza come mezzo di auto-difesa.
— Non so come la pensi tu, Kelly, ma secondo me abbiamo fatto male a portare a bordo quella sfera. E una violazione delle leggi naturali. Mi dà un senso di disagio come quando a bordo qualcuno nomina un certo quadrupede che grugnisce e da cui si ricava il prosciutto. Non che sia superstizioso, ma insomma non lo si deve fare.
— Bert, credi che si tratti di un manufatto alieno?
— Perché fabbricare una cosa e poi seppellirla nel diamante? A me sembra una volgare ostentazione. È vero che così dura infinitamente di più, ma chi mai, in tutto l’Universo conosciuto, è così assurdamente ambizioso da volere perpetuare una propria creazione per miliardi di anni?
— E proprio quello che stavo per chiederti — disse Torwald dalla soglia. Entrò, seguito da Achmed, e prese in braccio Teddy che si affrettò a sbottonargli il colletto della giacca. — Perché non stai studiando, Kelly?
— Parlavamo di quella sfera che abbiamo trovato — spiegò Kelly, subito sulla difensiva. — Mi pareva che fosse più importante.
— Infatti, ma non è un buon motivo perché tu non studi. Sentiamo cosa ne pensi tu della sfera, Bert.
— Be’, secondo me, Torwald, è una di queste tre cose: un manufatto, un prodotto naturale o un’ entità.
— Un’entità? — ripeté Achmed sorpreso. — Spiegati. Come è possibile che quell’oggetto sia una creatura senziente?
— È possibilissimo, così com’è possibile che sia un manufatto o un prodotto naturale. Non dimenticare che la nostra conoscenza dell’ordine naturale delle cose è molto limitata. Ricordati ancora una volta che nell’Universo non esiste la parola impossibile, e che noi non dobbiamo mai giudicare secondo il nostro metro.
— Hai ragione. Però resta il fatto che quel coso è rimasto sepolto nella vena diamantifera per milioni, forse miliardi di anni.
— E con questo? Le stelle si formano e formano i pianeti da un tempo incommensurabile. I pianeti producono vita intelligente da tempi incalcolabili. C’è quindi da meravigliarsi se qualcuna di queste intelligenze ha creato un oggetto indistruttibile? O che una forma di vita possa essere immortale o quasi? Sai bene quanto abbiamo cercato di scoprire questo segreto. Io sono convinto che il motivo principale per cui l’uomo si è spinto nello spazio è la ricerca del segreto dell’immortalità.
— In verità, io credevo che lo facessimo per guadagnare soldi.
— Tu sei un uomo di vedute limitate, Torwald. Cos’è il denaro se non un misero sostituto dell’ immortalità? — Bert fece l’occhiolino a Kelly.
— E tu sei un vecchio sputasentenze! — rise Torwald. — E il tuo parere qual è, Achmed?
— Non voglio sbilanciarmi prima di disporre di dati più precisi. Però confesso che non mi sono mai sentito così a disagio da quando il cugino Aladino lasciò uscire il Genio dalla famosa lampada.