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C’era però un’eccezione. I giovani, prima di essere giudicati adatti alla riproduzione, dovevano sottoporsi a un periodo di esilio durante il quale si pretendeva da loro che partecipassero a guerre e ad altre avventure violente. Proprio per questo motivo, la Space Angel cercava di mettersi in contatto con la K’Tchak, la nave dei Viver.

La K’Tchak aveva l’aspetto di un insieme di edifici uniti da tubi e sostegni, cosa che effettivamente era. Costruita nello spazio, non era stata fabbricata per atterrare. Doveva essere molto grande per poter contenere tutti i membri del clan Tchak, e via via che il clan cresceva venivano fatte altre aggiunte. Nonostante il loro brutto carattere, i Viver erano socievoli tra loro, e le loro famiglie erano numerose. Ma anche questo faceva parte della loro ossessione per la sopravvivenza.

Mentre la Space Angel si avvicinava le puntarono contro tante armi quante ne sarebbero bastate per distruggere una flotta: e questo nonostante la Space Angel non fosse particolarmente armata. I Viver riservavano quel trattamento a chiunque si avvicinasse a loro. Torwald trasmise qualche parola d’ordine e, con riluttanza, ottenne il permesso di salire sulla Tchak, da solo. Come precauzione, la comandante impose al quartiermastro una sonda di comunicazione audiovisiva in modo da essere sempre in comunicazione con la Space Angel. I Viver non ebbero obiezioni: nessuno più di loro sapeva apprezzare ogni precauzione atta alla sopravvivenza.

L’equipaggio della Space Angel si radunò in plancia per eseguire la procedura. Torwald fu ricevuto al portello da una dozzina di Viver armati fino ai denti e scortato lungo un corridoio tetro fino a un cubicolo il cui unico arredo era costituito da una scrivania. Tutto era spartano, funzionale, a bordo delle navi Viver. Dietro la scrivania sedeva un Viver il cui alto grado era indicato dalle impugnature coperte di gemme delle armi. Infatti la decorazione delle armi era il clou della loro estetica. L’ufficiale non perse tempo in preamboli.

— Per quale motivo hai chiesto di salire sulla gloriosa K’Tchak?

— La nostra è una missione estremamente pericolosa. Se avete uno o due giovani pronti per il rito propiziatorio per il passaggio d’età, questa sarebbe per loro un’ottima occasione.

— Hai fatto bene a chiederlo. La gente debole come voi non è adatta alle imprese dure e faticose. Sì, abbiamo due giovani che fanno al caso vostro. Si chiamano K’Stin e B’Shant. Entrambi vengono da ottime famiglie. La loro gloria brilla anche fra i Viver. E fra voi gente di carne, la loro bellezza e resistenza spiccheranno come diamanti nel fango.

— Son certo che sarà difficile ucciderli come è difficile sterminare i topi su una nave — replicò cortesemente Torwald. — Pensi che sarebbero disposti a venire con noi?

— Cosa importa la loro volontà? — disse con fare sprezzante 1’ ufficiale. — È venuto per loro il tempo di andare, e perciò andranno. Se non torneranno, vorrà dire che non avranno superato la prova. Torna alla tua nave, adesso. La vista dei loro degenerati ascendenti potrebbe corrompere i nostri giovani. I due vi saranno mandati fra poco.

Tutto l’equipaggio si accalcò intorno a Torwald per conoscere le sue impressioni.

— Credo proprio che i Viver stiano addestrando dei diplomatici — disse Torwald sorridendo. — Non ne avevo mai incontrato uno così educato e gentile.

— Va bene, va bene, lasciamo stare — disse con impazienza la comandante.

— Cosa dobbiamo fare? Non ho mai avuto un Viver a bordo, e non credo che gli altri abbiano mai avuto questa esperienza.

— In primo luogo vi avverto che sono molto presuntuosi. Disprezzano in sommo grado il tipo umano standard. Anzi, stanno già elaborando una mitologia secondo la quale non discendono dagli uomini, perché trovano l’idea ripugnante come i Vittoriani trovavano ripugnante l’ipotesi che l’uomo discende dalle scimmie. Inoltre reagiscono alla più larvata minaccia con estrema violenza, perciò non pestategli i piedi... cioè gli zoccoli. Michelle, non devi preoccuparti per la loro salute perché non si ammalano, e tutto quello che viene loro tagliato, ricresce. Sono in grado di metabolizzare qualsiasi cosa, per cui se vuoi puoi anche nutrirli col fertilizzante delle vasche idroponiche.

— In che lingua parlano?

— Quella con cui comunicano fra loro è segreta, però sono poliglotti. Il loro apparato vocale riproduce qualsiasi suono e possono parlare anche in ultra e iposuoni.

— Ci si può fidare di quei due? — chiese Ham.

— Sì, a meno che non pensino che cerchiamo deliberatamente di ucciderli. Sono estremamente sospettosi, quindi è meglio non affidare loro compiti rischiosi che non svolgiamo anche noi. La prova a cui sono tenuti dovrebbe in teoria essere pericolosa. Questo è l’unico periodo della propria esistenza in cui un Viver rischia la vita al comando di un non-Viver.

— Dove possiamo sistemarli? — chiese la comandante.

— Bisogna che dispongano di un alloggio privato, altrimenti la situazione potrebbe rischiare di diventare esplosiva. Per fortuna hanno gusti molto semplici, così direi di metterli nel ripostiglio delle attrezzature per la pulizia, a sinistra della stiva. Ho già trasportato tutto quello che conteneva nel magazzino.

In quel momento l’interfono generale annunciò l’arrivo dei Viver e la comandante azionò il congegno che apriva il portello per farli salire a bordo. Il primo arrivato era alto più di due metri, il secondo una ventina di centimetri in meno.

— Io sono K’Stin — si presentò il più alto — figlio di K’Tok, comandante dell’Avenger, nipote di K’Din, che trucidò migliaia di avversari nella battaglia al largo di Votan, pronipote di K’Tang il costruttore della prima grande nave di un clan, e via via su fino a K’Tchak il fondatore del clan. — Poi, indicando con l’artiglio del pollice il compagno, disse: — Questo è B’Shant, i cui antenati non sono altrettanto illustri dei miei, ma che, tuttavia, è ugualmente rispettabile. È il mio novantaduesimo cugino in settimo grado in linea diretta e attraverso quarantadue matrimoni. Sono certo che voi persone inette e depravate non potete apprezzare queste cose, però potete godere della nostra presenza protettrice.

— Siamo onorati di conoscervi — disse la comandante. — Vedo che grondate armi, il che mi va bene dal momento che è previsto che le dovrete usare. Tuttavia adesso siamo nello spazio, così vi prego di consegnarmele. Le chiuderò nell’arsenale di bordo.